Blitz del collettivo “Comitato Politico 1921”: nove strade intitolate ai partigiani per l’anniversario del Pci. E la città plaude. Il sindaco: “Il sentimento di uguaglianza è nel nostro dna”
Blitz del collettivo “Comitato Politico 1921”: nove strade intitolate ai partigiani per l’anniversario del Pci. E la città plaude. Il sindaco: “Il sentimento di uguaglianza è nel nostro dna”
LIVORNO. QUI CE n’è per tutti i gusti: quello ortodosso, quello massimalista, quello libertario, quello riformista e quello governista. Addirittura quello renziano, che adesso va per la maggiore dopo la sbornia bersaniana di un anno fa. Ognuno si sceglie il suo, ma poi alla fine l’elemento base sta in una parola che se la pronunci — in questa città — i voti non te li fa perdere ma semmai te li fa guadagnare: comunismo. E così l’iniziativa di un gruppo di ragazzi del “Comitato Politico 1921” (categoria: ortodossia pura) di rinominare nove vie intitolandole ai partigiani comunisti livornesi in occasione dell’anniversario del Partito Comunista d’Italia, tre giorni fa, è considerato un fatto normalissimo. «Che poi tra le altre cose sei di quei nomi sono già delle vie in altre zone», tiene a ribadire il sindaco Alessandro Cosimi, Pci-Pds-Ds-Pd e ora folgorato sulla via del collega fiorentino.
Le targhe alternative sono sempre lì, nel reticolo di strade che portano dal teatro Goldoni al teatro San Marco: via Ilio Barontini, piazza Oberdan Chiesa, piazza Otello Frangioni, via Primetta Cipolli, via Alcide Nocchi, piazza Aramis Guelfi, eccetera. Domani il tradizionale corteo in memoria di quel 1921 partirà dal Goldoni (dove si scisse il Psi) per arrivare al San Marco (dove nacque “il Partito”, dizione che resiste ancora), anche se anno dopo anno le presenze sono sempre meno e da esserci in migliaia adesso si parla di centinaia. È lo spirito dei tempi, che vale pure per la rossa Livorno: il secondo partito dopo il Pds-Ds-Pd non è più Rifondazione, adesso, ma il M5S, che alle scorse politiche prese il 27 per cento. «I vuoti in politica si colmano sempre, se la sinistra scompare arriva Grillo», non se ne scandalizza uno degli autori dell’affissione selvaggia, che parla sotto un ritratto di Stalin e accanto a una scritta in cirillico. «Il mio nome? Non importa, siamo un collettivo. Chi votiamo noi? Lasciamo libertà di scelta, ma di sicuro non crediamo sia possibile cambiare il sistema da dentro. A noi piace solo il Pci di una volta». Che però si presentava alle elezioni, «ma i tempi sonocambiati, la politica che serve alla gente adesso la fai dal basso, senza mischiarti nelle istituzioni».
Chi invece la politica la fa “dal-l’alto”, cioè il Pd, ha pure le sue grane. Non trovava un sostituto di Cosimi, giunto alla fine del secondo mandato, per le elezioni diprimavera. Parecchi rifiuti, uno dietro l’altro, alla fine si è immolato il consigliere regionale Marco Ruggeri. La questione non sembra essere se vincerà, ma con quale scarto. Il problema è, banalmente, che il porto è in crisi profonda e di soldi non ne girano più da un pezzo. Più che un onore, un onere. «Non direi che questa città è un’oasi della sinistra — commenta il sindaco uscente — ma è semplicemente un posto dove il sentimento di uguaglianza è forte, è nella storia, nel dna delle persone. Qui in percentuale abbiamo più case popolari che in ogni posto di Italia, tutte dignitose, pensate per i lavoratori».
La storia che sia ortodossi che riformisti raccontano è quella delle “Leggi Livornine”, quando il granduca di Toscana volendo popolare Livorno garantì libertà di culto e circolazione; arrivarono in migliaia, molti commerciarti ma pure molti disgraziati di allora. Un melting pot riuscito.
Succede allora che in città parlare di comunismo è parlare di sé e voler far parlare di sé. Come quando la scorsa estate il mausoleo di Ciano, imponente sacrario fascista sulle colline che sembra vigilare su Livorno, venne rivestito con una gigantesca bandiera. Cubana, però. Era un’altra ricorrenza, pure allora: il 26 luglio, la revoluciòn. O come le stime che i tatuatori fanno: dopo i soggetti tipo farfalline e delfini, al secondo posto stelle rosse, Che Guevara e stemma del Livorno calcio. Perché anche lì, tutto si lega: la curva Nord, la squadra, i cori contro Berlusconi e “Bella ciao”, immancabili. O come la scritta cubitale sulla Fortezza Nuova (centro città, anzi vetrina della città insieme al lungomare) vergata negli anni ’70: recita un perentorio “Msi fuorilegge”, e puntualmente viene riverniciata. Da chi poi? Non importa, nessuno lo sa, ma è uguale alle targhe per i partigiani: è una cosa normalissima.
Alla fin fine però l’orgoglio del proprio essere (o voler sembrare) comunisti non supera quello dell’essere livornesi. L’intitolazione del Palasport dello scorso aprile lo ha dimostrato in modo definitivo, forse. La votazione online sul sito delTirreno si concluse con una finale a due: Antonio Gramsci contro Amedeo Modigliani. Discussione infiammata, addirittura accuse di brogli da parte dei gramsciani, alla fine il responso: vinse lo scultore livornese. Fosse stato pure comunista, sai che bellezza?
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