Sedici milioni di fogli, più di 15 mila buste, 2.500 fascicoli. Il lavoro per ordinare gli archivi del pontificato di Pio XII, in particolare negli anni della Seconda guerra mondiale e della Shoah, è ormai a buon punto.
Sedici milioni di fogli, più di 15 mila buste, 2.500 fascicoli. Il lavoro per ordinare gli archivi del pontificato di Pio XII, in particolare negli anni della Seconda guerra mondiale e della Shoah, è ormai a buon punto.
Lo spiega al «Corriere» monsignor Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto vaticano: «È un’operazione complessa, ci lavoriamo da sei anni. Anche se, considerate le forze a disposizione, non potrei fare ora una stima, dire se ci vorrà ancora un anno, un anno e mezzo… Dopodiché deciderà il Papa».
Il rabbino Abraham Skorka, amico di lunga data di Bergoglio — si sono incontrati venerdì — ha spiegato al «Sunday Times» di averne parlato col Pontefice e che Francesco è pronto ad autorizzarne l’apertura agli studiosi. «La questione è molto delicata e dobbiamo continuare ad analizzarla», dice Skorka.
Ciò che è più importante, si legge, è che il Papa vorrebbe si aprissero gli archivi prima che si decida sulla beatificazione di papa Pacelli. Quando alla fine del 2009 vennero riconosciute le «virtù eroiche» di Pio XII, un passo verso la beatificazione, si riaprirono le polemiche intorno ai presunti «silenzi» di Pacelli sulla Shoah. Lo Yad Vashem di Gerusalemme giudicò «deplorevole» che fosse avvenuto prima della pubblicazione di «tutti i documenti». Già allora, del resto, il Vaticano aveva spiegato che «non c’è nulla di nascosto o da nascondere»: il lavoro di archiviazione è lungo e procede per pontificati, «ci vorranno cinque o sei anni».
I tempi sembrano quindi confermati. Si tratta di catalogare un materiale immenso da tre fonti principali: nunziature, Segreteria di Stato e Congregazioni della Curia. Anche se gli studiosi vaticani non ritengono aggiungerà molto alla «sintesi» ampia pubblicata nel ’65 in dodici volumi: gli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde guerre mondiale . La linea di «trasparenza» di Benedetto XVI è più che mai quella di Francesco. Nel libro Il cielo e la terra (Mondadori), scritto come un dialogo proprio assieme al rabbino Skorka, Bergoglio gli rispondeva: «Quello che lei dice sugli archivi della Shoah mi sembra giustissimo. È giusto che si aprano gli archivi e si chiarisca tutto. Che si scopra se si sarebbe potuto fare qualcosa e fino a che punto. E se abbiamo sbagliato in qualcosa dovremo dire: “Abbiamo sbagliato in questo”. Non dobbiamo avere paura di farlo. L’obiettivo deve essere la verità. Se iniziamo a occultare la verità neghiamo la Bibbia. Bisogna conoscere la verità e aprire quegli archivi. Bisognerebbe leggere cosa c’è scritto… Capire se si trattò di un errore di visione o cosa accadde realmente. Non sono in possesso di dati concreti. Finora le argomentazioni che ho sentito a favore di Pio XII mi sono sembrate forti, ma devo ammettere che non sono stati esaminati tutti gli archivi».
Non a caso Skorka conclude: «Il Papa è coerente con tutto ciò che diceva da cardinale».
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