Liberiamo le vittime del naufragio di Lampedusa

A seguito dei dram­ma­tici nau­fragi dello scorso otto­bre a Lam­pe­dusa, la cam­pa­gna Lascia­te­CIEn­trare denun­cia che ad oggi ben 17 migranti sono ancora trat­te­nuti nel Cen­tro di prima acco­glienza ed assi­stenza dell’isola in con­di­zioni di grave limi­ta­zione della loro libertà per­so­nale.

A seguito dei dram­ma­tici nau­fragi dello scorso otto­bre a Lam­pe­dusa, la cam­pa­gna Lascia­te­CIEn­trare denun­cia che ad oggi ben 17 migranti sono ancora trat­te­nuti nel Cen­tro di prima acco­glienza ed assi­stenza dell’isola in con­di­zioni di grave limi­ta­zione della loro libertà per­so­nale.

Secondo quanto dichia­rato dal mini­stro Alfano in par­la­mento, per la neces­sità di essere sen­titi dall’autorità giu­di­zia­ria inqui­rente, sem­bre­rebbe in qua­lità di per­sone infor­mate sui fatti nel pro­ce­di­mento presso il Tri­bu­nale di Agri­gento con­tro i pre­sunti sca­fi­sti, o con­tro i respon­sa­bili del reato di tratta (dun­que con la com­pe­tenza della Dda di Palermo) con le forme dell’incidente pro­ba­to­rio (una anti­ci­pa­zione della for­ma­zione della prova alla fase delle inda­gini rispetto a quella pro­pria del dibattimento).

Se è legit­timo che gli inqui­renti pro­ce­dano ad acqui­sire le loro testi­mo­nianze senza atten­dere il giorno dell’eventuale pro­cesso, per­ché i testi­moni nel frat­tempo potreb­bero non essere più repe­ri­bili o essere sot­to­po­sti a vio­lenza o minacce per dichia­rare il falso, altret­tanto non può dirsi se, per sal­va­guar­dare il buon esito delle inda­gini, costoro sono man­te­nuti in una sorta di «pri­gio­nia di fatto» nello stesso cen­tro di Lam­pe­dusa ove loro stessi hanno docu­men­tato la sot­to­po­si­zione a trat­ta­menti disu­mani e degra­danti, che ha aperto un squar­cio dram­ma­tico sull’accoglienza che si tra­sforma in deten­zione ammi­ni­stra­tiva, non solo a Lam­pe­dusa, ma anche nel resto d’Italia.

(…) Sareb­bero solo ragioni di oppor­tu­nità legate al buon esito delle inda­gini a tenerli lì, ma ciò non è con­sen­tito. Infatti, la nostra Costi­tu­zione pre­vede — all’art. 13 — che ogni forma di restri­zione della libertà per­so­nale possa essere adot­tata solo nei casi espres­sa­mente pre­vi­sti dalla legge e a seguito di un prov­ve­di­mento di un giu­dice: pre­sup­po­sti che difet­tano entrambi nel caso in discus­sione, non c’è legge e non c’è atto giu­di­ziale che con­senta que­sta operazione.

(…) Si tratta di testi­moni e vit­time di gravi reati che andreb­bero pro­tetti e tute­lati tra­mite il rila­scio di un per­messo di sog­giorno per motivi di giu­sti­zia, pre­vi­sto (art. 11, lett. c bis) DPR 394/99) pro­prio nei casi in cui la pre­senza dello stra­niero nel ter­ri­to­rio dello Stato sia indi­spen­sa­bile in rela­zione all’accertamento di gravi reati, esat­ta­mente come nel caso in esame.

E invece di uti­liz­zare gli stru­menti nor­ma­tivi esi­stenti, le isti­tu­zioni ita­liane pre­fe­ri­scono vio­lare pale­se­mente la lega­lità nei con­fronti di cate­go­rie vul­ne­ra­bili, già vit­time di trat­ta­menti inu­mani e degra­danti per­pe­trati da aguz­zini improv­vi­sati e prez­zo­lati, pie­gan­dola ad esi­genze di tutela di inda­gini a fini di giu­sti­zia sulla pelle di inerti migranti.

Chie­diamo la imme­diata ces­sa­zione del trat­te­ni­mento dei 17 pro­fu­ghi ancora rin­chiusi nel Cpsa di Con­trada Imbria­cola a Lam­pe­dusa e la imme­diata ricon­ver­sione del cen­tro alla sua ori­gi­na­ria desti­na­zione di strut­tura di «prima acco­glienza e soc­corso» dove i migranti dovreb­bero tran­si­tare per un mas­simo di 48–72 ore, come richie­sto peral­tro in un recente rap­porto di Me.Du (Medici per i diritti dell’Uomo) e come da tempo sol­le­ci­tato da tutte le più impor­tanti asso­cia­zioni ed agen­zie uma­ni­ta­rie, come Asgi, Cir, Acnur.

Su que­sta vicenda e più in gene­rale sulle moda­lità di trat­te­ni­mento dei pro­fu­ghi giunti negli ultimi mesi a Lam­pe­dusa sarà inten­si­fi­cata una cam­pa­gna di denun­cia e di mobi­li­ta­zione, ricor­rendo anche alle istanze della giu­sti­zia inter­na­zio­nale e rac­co­gliendo ulte­riori testi­mo­nianze su come l’accoglienza dei migranti sia stata spesso tra­sfor­mata in deten­zione ammi­ni­stra­tiva senza titolo.

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