Aveva scritto: “Vado in Sudafrica. Spero di non prendere l’Aids”
Aveva scritto: “Vado in Sudafrica. Spero di non prendere l’Aids”
NEW YORK — «Non posso essere licenziata per quello che scrivo da ubriaca, vero?». Justine Sacco scriveva così qualche mese fa in un Tweet adesso profetico: e invece è esattamente quello che è successo, e forse il guaio è che era pure sobria al momento del fatale errore. Lei, top manager responsabile della comunicazione di una grande media company, la InterActiveCorp (tra gli altri The Daily Beast e Match.com), è la protagonista, suo malgrado, di un caso da manuale sull’uso dei social network: milioni di commenti in Rete e l’attenzione dei giornali, dal
New York Times alla Cnn.
E’ venerdì pomeriggio, lei, occhi chiari, capelli biondi, occhiali alla moda, sta con la sorella al terminal 5 di Heathrow, l’aeroporto di Londra, in attesa di imbarcarsi per il Sudafrica. Annoiata digita sul suo smartphone un Tweet così «idiota e razzista», secondo la definizione più comune, che in molti pensano per un po’ ad un falso o ad un hacker: «Sto andando in Africa spero di non prendere l’Aids. Scherzo. Io sono bianca ».
Poi sale sull’aereo e spegne il telefonino. La attendono poco meno di 12 ore di volo: un’era geologica al tempo dei social network e infatti su Internet si scatena l’inferno. Lei, oscura protagonista sino a quel momento con meno di 500 followers, diventa la regina degli hashtag: #hasjustinelandedyet, #Iac e #Aids in pochissimo tempo scalzano #Christmas dalla vetta dei trend di giornata. I commenti sono inesorabili: «Chi
gioca col fuoco si brucia», «Sei stupida prima ancora che razzista», «Andiamo a prenderla all’arrivo», «Benvenuta, sarai una delle poche disoccupate bianche a Cape Town».
La sua società emette un comunicato: «Ci scusiamo, quello che è stato scritto è un commento oltraggioso e offensivo dei nostri valori. La nostra dipendente non può essere raggiunta in questo momento, la vicenda è seria e stiamo prendendo altrettanto seri provvedimenti». Provvedimento che è arrivato dopo qualche ora: Justine Sacco è fuori, licenziata. Addio posto di lavoro.
Persino il provider GoGo, che fornisce wi-fi in molti aeroporti del mondo, prende le distanze da lei: «Non rispecchia i nostri pensieri ». E il blog Boing Boing trova il titolo migliore: «Il Tweet sentito in tutto il mondo». Il New York Times racconta che l’account twitter viene chiuso ieri mattina, ora africana e anche la pagina Facebook scompare, poco dopo Justine riappare sotto un altro indirizzo e prova ad arginare il mare: «Sono appena atterrata, chiedo sinceramente scusa per il mio messaggio ignorante. Spero vogliate perdonarmi ». Poi ancora: «Volevo fare una battuta, mi si è ritorta contro ». E l’ironia non è il suo forte, visto che emergono altri post imbarazzanti: battute razziste su inglesi e tedeschi sempre da Heathrow e anche: «Ho sognato di fare sesso con un ragazzo autistico». Autogol clamorosi per una che dovrebbe maneggiare le parole per lavoro, come osservano in molti sulla Rete, dove parte anche un’idea: «Non insultiamola più, raccogliamo fondi per l’Aids».
Ma gli attacchi non si fermano e lei annuncia anche di ricevere minacce di morte. Tanto che Mashable, blog culto per chi si occupa di tecnologia, commenta: «E’ impossibile difenderla per quello che ha scritto, ma bisogna riflettere sull’uso dei social e sulle dinamiche inquietanti che si possono scatenare».
Justine viene fotografata smarrita al suo arrivo, inseguita in una diretta: «E’ al telefono, è con la sorella ». Lei dice che sta per rientrare subito negli Stati Uniti, non risponde alle chiamate dei giornalisti che vogliono spiegazioni. Durante il viaggio avrà modo di leggersi le migliaia di schermate che il suo nome occupa sulle pagine dei social network, uno degli ultimi messaggi la consolerà: «Tranquilla, accettiamo le tue scuse. Noi africani ti perdoniamo». Ma a lei difficilmente tornerà la «grassa risata» di cui si vantava sul suo profilo twitter.
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