Gaza di nuovo al buio

Territori Occupati. Israele chiude a tempo indeterminato il valico di Kerem Shalom impedendo al carburante di raggiungere la centrale elettrica della Striscia. Prosegue il blocco egiziano che prende di mira anche le delegazioni internazionali dirette a Gaza. 34 italiani fermi al Cairo
Territori Occupati. Israele chiude a tempo indeterminato il valico di Kerem Shalom impedendo al carburante di raggiungere la centrale elettrica della Striscia. Prosegue il blocco egiziano che prende di mira anche le delegazioni internazionali dirette a Gaza. 34 italiani fermi al Cairo

I civili pale­sti­nesi sono sem­pre le prime vit­time del rie­splo­dere della ten­sione lungo le linee di demar­ca­zione tra la Stri­scia di Gaza e Israele. Lo sanno bene i geni­tori che, alla vigi­lia di Natale, nel campo pro­fu­ghi di al Maghazi, hanno visto morire la loro bimba di 4 anni in un bom­bar­da­mento aereo seguito all’uccisione di un mano­vale del mini­stero della difesa israe­liano da parte di un cec­chino. Lo sanno bene tutti gli abi­tanti di Gaza costretti, ancora una volta a fare, a meno dell’elettricità per gran parte del giorno e della notte. Le tur­bine dell’unica cen­trale elet­trica della Stri­scia si sono fer­mate ieri mat­tina a causa della man­canza di gaso­lio, 12 giorni dopo aver ripreso a funzionare.

L’emergenza scat­tata prima di Natale per il mal­tempo e l’allagamento di molte aree a nord di Gaza (5mila eva­cuati), aveva spinto il Qatar a donare 10 milioni di dol­lari per l’acquisto in Israele del gaso­lio per Gaza, in sosti­tu­zione di quello egi­ziano spa­rito dai distri­bu­tori pale­sti­nesi a causa delle misure restrit­tive decise dal Cairo. Il car­bu­rante per­ciò era final­mente tor­nato a Gaza, per­met­tendo di riav­viare la cen­trale elet­trica e di alle­viare i disagi per 1 milione e 700mila civili. Dopo l’uccisione del mano­vale, il governo Neta­nyahu ha ordi­nato di tenere chiuso il valico di Kerem Sha­lom, attra­verso il quale entrano a Gaza merci, generi di prima neces­sità, ben­zina e gaso­lio pro­ve­nienti da Israele. Poi il mini­stro della difesa Moshe Yaa­lon ha annun­ciato che il valico resterà chiuso fino a nuovo ordine. Per i respon­sa­bili della cen­trale elet­trica di Gaza non è rima­sto altro da fare che fer­mare di nuovo le tur­bine: dalle 12 ore quo­ti­diane di ener­gia elet­trica dispo­ni­bile, si pas­serà a circa la metà. In pra­tica Gaza potrà con­tare solo dalle limi­tate for­ni­ture di elet­tri­cità che arri­vano da Israele ed Egitto. Il blocco della cen­trale peral­tro ripro­pone l’emergenza ambien­tale poi­chè rende inter­mit­tente il fun­zio­na­mento degli impianti per il trat­ta­mento delle acque reflue. Nelle set­ti­mane pas­sate, le acque nere si sono river­sate nelle strade di Gaza, ren­dendo inso­ste­ni­bile la situa­zione igienico-sanitaria e accre­scendo il rischio di dif­fu­sione di malat­tie infettive.

Non meno grave per Gaza è il blocco pra­ti­cato dalle nuove auto­rità egi­ziane figlie del colpo di stato mili­tare dello scorso 3 luglio che ha depo­sto il pre­si­dente isla­mi­sta Moham­med Morsi e messo fine al governo dei Fra­telli Musul­mani. Con la distru­zione dei tun­nel tra Gaza e il Sinai, la fine dei traf­fici sot­ter­ra­nei e la chiu­sura, quasi per­ma­nente, del valico di Rafah, il Cairo sta facendo pagare alla popo­la­zione pale­sti­nese l’alleanza stretta man­te­nuta da Morsi con il movi­mento isla­mico Hamas che con­trolla la Stri­scia. Non solo. L’Egitto blocca anche l’ingresso a Gaza, attra­verso Rafah, dei con­vo­gli uma­ni­tari e delle dele­ga­zioni inter­na­zio­nali. Ieri sera erano ancora fermi al Cairo i 34 ita­liani, gui­dati dal gior­na­li­sta Mau­ri­zio Muso­lino, della dele­ga­zione “Per non dimenticare…il diritto al ritorno”, attesi a Gaza in occa­sione del quinto anni­ver­sa­rio dell’offensiva israe­liana “Piombo fuso”. «Nei mesi scorsi abbiamo pre­pa­rano tutti i docu­menti che (gli egi­ziani) ci ave­vano chie­sto e dal Cairo è anche giunto il via libera all’ingresso a Gaza attra­verso Rafah. Tut­ta­via una volta giunti in Egitto le cose sono cam­biate e ora ci ten­gono bloc­cati ad atten­dere l’ok defi­ni­tivo», ci rife­riva ieri sera Mau­ri­zio Musolino.

Domani è pre­vi­sta la scar­ce­ra­zione di 26 dete­nuti poli­tici pale­sti­nesi da parte di Israele. E’ il terzo gruppo che Neta­nyahu si è impe­gnato a rimet­tere in libertà nel qua­dro delle intese rag­giunte a luglio per la ripresa del nego­ziato diretto israelo-palestinese. Alla scar­ce­ra­zione seguirà l’annuncio della costru­zione di altre 1400 case per i coloni israe­liani nei Ter­ri­tori occu­pati. Era acca­duto lo stesso durante la libe­ra­zione dei primi due sca­glioni di pri­gio­nieri pale­sti­nesi. A nulla sono ser­viti i (timidi) ammo­ni­menti lan­ciati dagli Usa e dall’Ue al pre­mier israe­liano, un aperto soste­ni­tore del movi­mento delle colo­nie. Il 4 gen­naio tor­nerà a Geru­sa­lemme il segre­ta­rio di stato John Kerry, alla sua enne­sima mis­sione nella regione, inten­zio­nato, secondo le indi­scre­zioni che girano da set­ti­mane, a per­sua­dere israe­liani e pale­sti­nesi a fir­mare al più pre­sto un accordo-quadro. Lo scet­ti­ci­smo pre­vale e in casa pale­sti­nese cre­sce l’insoddisfazione per l’atteggiamento del capo della diplo­ma­zia sta­tu­ni­tense che nelle ultime set­ti­mane sem­bra aver abbrac­ciato con ancora più deci­sione le posi­zioni israe­liane, spe­cie nelle que­stioni di sicurezza.

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