Luzzatto e il segreto di Levi, polemica a Mantova

MANTOVA — Alla vigilia dell’8 settembre al Festivaletteratura di Mantova si parla di scrittori e partigiani. A cominciare da Beppe Fenoglio, al centro di una serie di incontri che celebrano i cinquant’anni della morte.

MANTOVA — Alla vigilia dell’8 settembre al Festivaletteratura di Mantova si parla di scrittori e partigiani. A cominciare da Beppe Fenoglio, al centro di una serie di incontri che celebrano i cinquant’anni della morte.

Se oggi e domani quattro autori si concentreranno sulla sua scrittura scegliendo ciascuno un’opera e una parola per definirla (questa sera Eraldo Affinati parla di energia, Marcello Fois di sobrietà; domani Paolo Giordano di natura, Davide Longo di gesto), ieri Piero Negri Scaglione ha messo a fuoco la redazione de Il partigiano Johnny come momento chiave per comprendere la personalità dello scrittore.
Ma ieri si è tornati a parlare anche dell’esperienza nella Resistenza di un altro scrittore piemontese, Primo Levi, al centro di Partigia (Mondadori), il libro dello storico Sergio Luzzatto che prima dell’estate ha suscitato un acceso dibattito sulle pagine culturali, riproponendo le contrapposizioni tra destra e sinistra. Contrapposizioni a cui lo stesso Luzzatto aderisce quando dice che la sua sconfitta è stata vedere che «Partigia è stato accolto dai fascisti come un libro pieno di meriti e dagli antifascisti come un libro pieno di peccati. Il che è un paradosso perché io sono più vicino ai secondi». Luzzatto ha paragonato il nuovo libro a quello (molto critico) su Padre Pio: «Partigia è scritto con buone intenzioni, come l’altro. Perché allora da una parte, dalle stesse persone, ci sono stati elogi e qui anatemi?».
Ieri si è tornati sul tema con Marco Belpoliti, studioso di Primo Levi, che da subito ha dichiarato di essere critico con l’opera di Luzzatto. Partigia ruota intorno al cosiddetto «segreto brutto» (essere stati «costretti dalla nostra coscienza a eseguire una condanna») cui Primo Levi fa riferimento nel racconto Oro del Sistema periodico. Che sarebbe, secondo Luzzatto, l’esecuzione, nell’autunno del ’43, di due giovani partigiani da parte di alcuni compagni, tra cui lo stesso Levi. «Un libro che la struttura narrativa, da romanzo, rende ambivalente, se non ambiguo, dal punto di vista della ricerca storica» dice Belpoliti. Il critico si addentra in una puntuale analisi filologica, attraverso le opere di Levi, per sostenere che non ci sono le basi per inserire, come fa Luzzatto, un brano di Se questo è un uomo o la poesia Partigia, o una lettera scoperta dall’autore, nel recinto del «segreto brutto». Non ci sono elementi, secondo Belpoliti, per dire se Levi partecipò o no all’esecuzione. «Perché allora coinvolgerlo? — si è chiesto il critico — perché Levi è un mito. Ma questo è un libro a metà, che si ferma sulla soglia».
Luzzatto non segue Belpoliti sul terreno filologico («Tra poco c’è Grossman e voglio lasciare al pubblico la possibilità di andare a sentirlo») ma spiega che Partigia voleva raccontare tutta (o quasi) Resistenza. «Che sia stato ridotto solo al “segreto brutto” è deludente, ma forse è giusto perché questo è il cuore di tenebra del libro. La verità è che prima di me nessuno si è sprecato ad andare a cercare negli archivi, nessuno ha riletto l’opera di Levi alla luce di quella frase del Sistema periodico».
La verità, secondo Luzzatto, è che una figura come quella di Levi non guadagna dall’essere mitizzata. «Il segreto brutto è la spia della zona grigia dentro la Resistenza — dice lo storico —. Levi, che non ha mai smesso di approfondire il tema della deportazione, non ha mai voluto dire di più sulla Resistenza, perché farlo, soprattutto negli anni in cui i fascisti mettevano le bombe, erano incistati nel cuore dello stato, era troppo scabroso».
Partigia inizia con l’immagine dell’autore bambino a cui la madre legge le Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. «Vorrei regalarlo ai miei figli — conclude Luzzatto — ma solo quando saremo pronti a guardare questa storia fino in fondo e tutta la verità verrà fuori».

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