Le famiglie delle vittime: ci mobiliteremo
Le famiglie delle vittime: ci mobiliteremo
ROMA — C’è una discreta agitazione nella casa di Boccea. La data del 29 luglio si sta avvicinando e stavolta, rispetto a dieci anni fa, quando Erich Priebke festeggiò i suoi 90 anni all’aperto in un agriturismo di Tor Lupara, Paolo Giachini, il suo avvocato, vuol mantenere il massimo riserbo. Non si riesce ancora a sapere se sarà una cosa in grande o una cena per pochi intimi. Bocche cucite nel giro ristretto dei conoscenti: lo scrittore Roberto Mancini, il filosofo evoliano Nicola Cospito ed è muto anche Giovanni, fioraio della Balduina, assiduo frequentatore dell’appartamento alle spalle di piazza Irnerio. Negli ultimi giorni l’avvocato Giachini, per evitare fughe di notizie e conseguenti sit-in di centri sociali, famiglie dei martiri e giovani della comunità ebraica, ha deciso perfino di sospendere le visite nell’abitazione dov’è recluso ai domiciliari (pur con frequenti permessi) l’ex capitano delle SS, condannato all’ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.
Erich Priebke, dunque, lunedì prossimo compirà 100 anni e uno dei suoi amici di vecchia data, Mario Merlino, 69 anni, meglio conosciuto come «il Professore Nero» per il suo burrascoso passato neofascista (Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo eppoi i processi per Piazza Fontana, da cui però uscì senza macchia) rivela che «il Capitano, forse perché sente prossima la fine, negli ultimi tempi s’è avvicinato molto al cristianesimo. Legge i testi sacri, si raccoglie in meditazione, anche se ormai è quasi sordo e ha perso quasi del tutto la memoria».
Peccato che Priebke abbia perduto la memoria: dovrebbe invece ricordare, fino all’ultimo, l’orrore perpetrato su quei 335 innocenti, studenti, lavoratori, partigiani, ebrei, fucilati al buio delle antiche cave di pozzolana. «Gliela faremo tornare noi la memoria — promette Angelo Sermoneta, 65 anni, leader dei Ragazzi del ’48, la storica associazione di via Reginella dei duri e puri della comunità ebraica romana —. Quel giorno, forse, qualcosa combineremo. I nostri giovani, soprattutto, sono sempre i più pronti a mobilitarsi. Ma Priebke purtroppo non si è pentito e non si pentirà mai e anzi da sempre qui in Italia viene trattato coi guanti bianchi. Passeggia con la scorta, va al parco, pranza al ristorante. Vive una vecchiaia serena, lui che invece la negò a tanti». «L’augurio che gli faccio — aggiunge amaro l’avvocato Sebastiano Di Lascio, rappresentante dell’Anfim, l’associazione delle Famiglie dei Martiri — è che almeno al centesimo compleanno si renda conto di tutto il male commesso e trovi il coraggio di chiedere perdono». Priebke, però, non sembra affatto disposto a lasciare un testamento di scuse. Il disco rotto, a sentire Merlino, è sempre quello: «Agì da soldato, eseguì un ordine, fece il suo dovere. Così come fecero gli altri nazisti ultranovantenni condannati qui in Italia ma mai estradati dalla Germania, nonostante l’enorme senso di colpa che grava sui tedeschi. Il Capitano, perciò, è rimasto l’ultimo prigioniero della II Guerra Mondiale e con questo spirito sarà festeggiato. Ma io non credo di partecipare, nessuno mi ha ancora telefonato».
Dieci anni fa furono fatte le cose in grande. Merlino c’era: «Giachini e la sua associazione Uomo e Libertà affittarono un agriturismo sulla Nomentana, c’erano più di 100 persone, vennero pure da Svizzera, Francia, Germania. Il più famoso degli invitati era l’avvocato Carlo Taormina, che arrivò con la scorta. Priebke era seduto a un tavolo insieme a uno dei figli e ad alcuni nipoti. Non fece discorsi né saluti. Cena a buffet: pasta fredda, prosciutti, mozzarelle. Sotto a un gazebo furono ammonticchiati i regali. E in cielo a mezzanotte comparve una scritta realizzata con le luminarie: auguri per i tuoi 90 anni». Ma come si può festeggiare?
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