Nei giorni delle polemiche sui festeggimenti del centenario Erich Priebke, in Germania la ricerca dei criminali di guerra continua. E l’ultimo cacciatore di teste, Efraim Zuroff, tappezza le città di manifesti con tanto di tariffario: sino a 25 mila euro per chi aiuta a stanare i mostri dell’Olocausto
Nei giorni delle polemiche sui festeggimenti del centenario Erich Priebke, in Germania la ricerca dei criminali di guerra continua. E l’ultimo cacciatore di teste, Efraim Zuroff, tappezza le città di manifesti con tanto di tariffario: sino a 25 mila euro per chi aiuta a stanare i mostri dell’Olocausto
Sullo sfondo del manifesto c’è Auschwitz. Ovviamente. Quel doppio fascio di binari, la torretta d’ingresso, la neve tutt’attorno. L’iconografia stessa dell’orrore, fatta propria dal Centro Wiesenthal per lanciare “Operation Last Chance II”. Ovvero, la caccia agli ultimi criminali nazisti: “Alcuni sono ancora vivi, e a piede libero. Aiutateci a portarli davanti a un tribunale”. Il tutto, prevenendo anche i dubbi che qualcuno potrebbe serbare: “E’ tardi, ma non troppo tardi”, promettono infatti i poster che stanno per essere affitti in tutta la Germania su disposizione dell’ultimo cacciatore di teste, Efraim Zuroff.
Sui manifesti, c’è anche il tariffario: sino a 25 mila euro per chi fornisca un contributo determinante per stanare i criminali di guerra corresponsabili dell’Olocausto. Per capirci: 5.000 euro per una incriminazione o una condanna, ma anche 100 euro per ogni giorno d’arresto, per i primi 150 giorni d’incarcerazione e sino a un massimo di 15 mila euro: una sorta di diaria della delazione, per chi sappia meritarsela.
I manifesti saranno affissi in tutta la Germania, ma soprattutto a Berlino, Amburgo e Colonia. Il Centro Wiesenthal sa bene di dover rispondere a un’unica, enorme domanda: che senso ha, tutto questo? La risposta ufficiale è articolata in cinque punti, questi: il trascorrere del tempo non riduce il grado di colpevolezza degli assassini; l’età avanzata non comporta l’immunità; è giusto compiere ogni sforzo per assicurare alla giustizia gli autori di crimini, per il rispetto dovuto alle famiglie delle vittime; la caccia ai criminali nazisti impedisce l’oblio sui delitti legati all’Olocausto e rappresenta un monito contro gli attuali rigurgiti razzisti e antisemiti; infine, questi processi aiutano a combattere il negazionismo”.
In effetti, a leggere le cronache non c’è di che stare allegri: le polemiche sui festeggiamenti per i cento anni di Erich Priebke, le continue provocazioni del teorico massimo delle “Auschwitzlüge” David Irving – “Le camere a gas sono state costruire nel dopoguerra” – che vorrebbe tenere una conferenza a Berlino in settembre, il murale di Hitler tra Superman e Batman disegnato dagli studenti di un’università thailandese per festeggiare i neolaureati, la recentissima scoperta della nuova formazione neonazista Werwolf-Kommando (Commando Lupo Mannaro) radicata tra Germania, Svizzera e Paesi Bassi.
Sì, insomma: parrebbe che a far restare vivi i fantasmi dell’Olocausto siano in molti. “Operation Last Chance” è in realtà la seconda parte dell’operazione già avviata due anni fa e che aveva indirettamente portato alla condanna di Ivan Demjanjuk, il boia di Sobibor: “In tutti questi decenni” spiega Efraim Zuroff, erede di Simon Wiesenthal, “non era mai accaduto che un uomo venisse condannato solo per aver prestato servizio in un campo di sterminio, e questo ci spinge a credere che altri individui possano essere processati per lo stesso reato, o per essere stati arruolati negli Einsatzgruppen, i commando-killer”.
Scorrendo la lista dei dieci criminali nazisti più ricercati pubblicata ad aprile nell’ultimo report annuale del Centro Wiesenthal, le contraddizioni di “Operation Last Chance” appaiono evidenti: il ricercato numero uno, Alois Brunner, avrebbe ad oggi centouno anni e gli stessi “cacciatori” dubitano che sia ancora in vita. Gli altri vanno dai 90 ai 99 anni: di alcuni si sono perse le tracce da decenni; altri sono ancora vivi e se non sono in carcere lo devono – a seconda dei casi ?€” alla benevolenza dei giudici o al conflitto giuridico tra stati. “Most wanted” sulla carta, insomma. Con tanto di identità reale e fedina penale pulita. Secondo Zuroff, in Germania vivrebbero non meno di sessanta criminali di guerra rimasti impuniti. Saranno loro, magari, a specchiarsi nei manifesti di Auschwitz. Passandoci davanti chini su un bastone da passeggio con gli stessi occhi freddi e senza memoria di Erich Priebke.
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