Flores sul «Mulino» difende Luzzatto «Ha grande rispetto per Primo Levi»

Di solito la rivista «Il Mulino», sia per la sua cadenza bimestrale, sia per il suo carattere eminentemente culturale e per alcuni versi accademico, non entra nel merito delle polemiche giornalistiche. Ma il nuovo fascicolo, in libreria da oggi, fa un’eccezione rilevante, per quanto limitata sotto il profilo dello spazio.

Di solito la rivista «Il Mulino», sia per la sua cadenza bimestrale, sia per il suo carattere eminentemente culturale e per alcuni versi accademico, non entra nel merito delle polemiche giornalistiche. Ma il nuovo fascicolo, in libreria da oggi, fa un’eccezione rilevante, per quanto limitata sotto il profilo dello spazio.

Oltre a una serie di articoli sui problemi istituzionali (con un dossier sul ruolo del Quirinale) e sui temi europei, oltre a un ritratto di Giuseppe Dossetti scritto da Luigi Pedrazzi e a un saggio su profezia e utopia di Paolo Prodi, il periodico diretto da Michele Salvati ospita una netta presa di posizione a favore del libro Partigia di Sergio Luzzatto, edito da Mondadori, che nelle scorse settimane è stato oggetto di critiche piuttosto aspre.
Autore della recensione è Marcello Flores, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione, che dedica gran parte del suo intervento alla confutazione degli attacchi rivolti a Luzzatto per il modo in cui ha ricostruito la breve esperienza partigiana dello scrittore ebreo Primo Levi, poi deportato ad Auschwitz dopo la cattura da parte fascista, nel dicembre 1943, e autore, con Se questo è un uomo, di una delle testimonianze più alte sui campi di sterminio nazisti.
Flores nega che Luzzatto abbia voluto offuscare la figura di Levi: se il libro ricorda che la banda partigiana di cui faceva parte fucilò, per ragioni difficili da accertare, due suoi giovanissimi membri, non è per mettere in cattiva luce lo scrittore, che del resto a quell’episodio si riferì più volte nei suoi scritti, ma per fornire un esempio di quanto aggrovigliata sia stata la vicenda del movimento resistenziale. Nei brani del saggio riguardanti Primo Levi, afferma Flores, non si trova altro che «grande rispetto, stima e amore».
Quanto all’uso del termine «vulgata resistenziale» nelle pagine di Partigia, ritenuto da molti spregiativo verso gli studiosi del biennio 1943-45, esso si riferisce alla visione retorica della lotta partigiana che era in uso negli anni Settanta e ancora oggi domina molte celebrazioni ufficiali: un atteggiamento acritico di cui proprio gli storici più avvertiti hanno promosso il superamento. Del resto, ricorda Flores, Luzzatto mette sotto accusa anche una «vulgata revisionista», altrettanto criticabile, incapace di considerare «la specificità dei contesti» in ogni episodio di violenza partigiana. E se verso Giampaolo Pansa non usa più le parole severe di un tempo, non si può certo dire che ne abbia sposato le posizioni in fatto di guerra civile.
Dato che il suo articolo è stato scritto in precedenza, Flores non affronta gli ultimi sviluppi della discussione (il «Corriere» ne ha parlato il 3 giugno), innescati da un intervento in cui Alberto Cavaglion lasciava intendere che i due ragazzi fucilati dalla banda cui apparteneva Levi potevano forse aver vessato e indotto al suicidio (le date però non coincidono) un’anziana profuga ebrea. Ma l’articolo del «Mulino» coglie nel segno quando individua lo scopo primario del libro di Luzzatto nella volontà di esaminare tutte le contraddizioni di un passaggio delicatissimo della storia italiana. Tanto delicato da provocare ancora dispute infuocate.

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