GENOVA 2001 La Cassazione conferma il verdetto della Corte d’Appello, ma in 4 sono assolti
Il massimo della pena è 3 anni e 2 mesi, ma nessuno andrà in carcere. Risarcimenti per le vittime da rivalutare in sede civile. Pagherà lo Stato. Che non ha ancora chiesto scusa.
GENOVA 2001 La Cassazione conferma il verdetto della Corte d’Appello, ma in 4 sono assolti
Il massimo della pena è 3 anni e 2 mesi, ma nessuno andrà in carcere. Risarcimenti per le vittime da rivalutare in sede civile. Pagherà lo Stato. Che non ha ancora chiesto scusa.
ROMA
Tre ispettori, un assistente capo di polizia, due agenti penitenziari e un medico sono stati condannati definitivamente ieri dalla Corte di Cassazione per le violenze perpetrate nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 su più di 300 manifestanti inermi, fermati per essere identificati ma sottoposti invece a violenze psichiche e fisiche di ogni genere, minacce, ingiurie e vessazioni. Ma la fattispecie di tortura nell’ordinamento penale italiano ancora non esiste e così la Corte suprema ha bocciato il ricorso della procura di Genova che chiedeva appunto la contestazione del reato di tortura per «evitare la prescrizione». Cosa che invece è puntualmente accaduta a molti dei reati ascritti ai 44 imputati, tra poliziotti, carabinieri, agenti carcerari, medici e paramedici.
Per la precisione sono 33 le prescrizioni, mentre per 4 appartenenti alle forze dell’ordine (Oronzio Doria, Franco Valerio, Aldo Tarascio e Antonello Talu) i giudici hanno confermato l’assoluzione disposta in primo grado e ritenuto inammissibile l’appello proposto a suo tempo da alcune delle parti civili. Confermate invece 7 condanne già inflitte dalla Corte d’Appello di Genova il 5 marzo 2010: 3 anni e 2 mesi all’assistente capo di polizia Luigi Pigozzi, quello che divaricò le dita della mano di un detenuto fino a strappargli la carne; un anno agli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia, mentre al medico Sonia Sciandra condannata in appello a 2 anni e 2 mesi la Cassazione ha ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia. Pene confermate a un anno per gli ispettori di polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione.
In un procedimento parallelo, la Cassazione ha anche respinto il ricorso contro la prescrizione del reato opposto da Vincenzo Canterini, ex comandante del VII Nucleo sperimentale antisommossa del primo reparto mobile di Roma, oggi in pensione, condannato in primo grado a 4 mesi per violenza privata (in appello il reato è stato prescritto ma Canterini presentò ricorso), per aver spruzzato lo spray urticante in dotazione contro tre avvocati del Legal Social Forum che prestavano assistenza ai manifestanti fermati in corso Buenos Aires durante il corteo del 20 luglio 2001.
Dopo sette ore di camera di consiglio, il verdetto della quinta sezione penale di Piazza Cavour presieduta dal Gaetanino Zecca ha anche ridotto la portata dei risarcimenti stabiliti in secondo grado in favore delle vittime delle violenze, circa 150 persone che si costituirono parti civili. A esclusione dei quattro assolti, tutti gli altri imputati sono chiamati a risarcire le vittime, ma per loro pagherà lo Stato, cioè i ministeri della Giustizia, della Difesa e dell’Interno che sono stati chiamati come responsabili civili nel processo. Sarà un giudice civile però a stabilire l’entità dei risarcimenti che in primo grado vennero quantificati in 2 milioni di euro in totale, e innalzati fino a 10 milioni dalla Corte d’Appello di Genova.
Comunque, nessuno dei sette condannati finirà in carcere perché le pene divenute ieri definitive sono coperte da indulto, anche se tutti rischiano (ma chissà se arriverà mai) una sanzione disciplinare, anche coloro per i quali il reato è prescritto.
«Stiamo ancora aspettando le scuse delle istituzioni, del presidente della repubblica, dei ministri di Interno e Giustizia», ha commentato ieri Enrica Bartesaghi, presidente del comitato Verità e Giustizia per Genova e madre di una ragazza che venne pestata alla Diaz e poi portata a Bolzaneto. «Le istituzioni devono dire che quelli accaduti sono fatti che vanno contro la Costituzione. Le parti offese sono state trattate non da vittime, ma da colpevoli».
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