L’ultimo delitto degli anni di piombo Ruffilli, indagato un altro brigatista

La sua voce sarebbe incisa nell’audio di una riunione del commando

La sua voce sarebbe incisa nell’audio di una riunione del commando

ROMA — L’ultimo delitto degli anni di piombo fu consumato in un sabato pomeriggio di venticinque anni fa, nel chiuso di un appartamento del centro di Forlì. Il 16 aprile 1988 un «nucleo armato» delle Brigate rosse uccise Roberto Ruffilli, il senatore democristiano consigliere del neo-presidente del Consiglio Ciriaco de Mita. «Era uno dei migliori quadri politici della Dc, uomo chiave del “rinnovamento”, vero e proprio cervello politico del progetto demitiano, teso a aprire una nuova fase costituente», scrissero gli assassini nel volantino di rivendicazione. Di lì a qualche mese i carabinieri dell’antiterrorismo eredi del generale Dalla Chiesa arrestarono il manipolo di brigatisti ancora in attività, che si trascinavano al ritmo di un omicidio all’anno. Fu la fine delle Br «formato prima Repubblica», riesumate nella seconda dagli epigoni che tra il 1999 e il 2003 uccisero Massimo D’Antona, Marco Biagi e il sovrintendente di polizia Emanuele Petri.
Un quarto di secolo dopo, mancano ancora all’appello alcuni militanti che parteciparono all’organizzazione ed esecuzione del delitto Ruffilli. E gli investigatori hanno ripreso a lavorare su un nastro dove sono incise le voci dei presenti a una «assemblea dei delegati» delle Br in cui si discuteva di quella «azione», valutandone effetti e conseguenze. Le registrazioni sono contenute in quattro audiocassette sequestrate a Tiziana Cherubini, una delle persone arrestate nei blitz dell’88 e poi condannata per l’omicidio. Alla riunione presero parte quattro «rappresentanti di cellula» e due componenti del «comitato esecutivo»: oltre alla stessa Cherubini («presumibilmente», scrissero i giudici nella sentenza), c’erano i due capi brigatisti Fabio Ravalli, Maria Cappello e Antonio De Luca: tutti condannati all’ergastolo. Degli altri due, mai identificati, c’era uno che parlava con inflessione sarda e un altro «con spiccato accento romanesco». Ora, con le nuove tecniche di comparazione fonica sconosciute all’epoca dei fatti, i carabinieri dell’antiterrorismo ritengono di aver individuato il romano che intervenne a quell’incontro, inquisito dalla Procura di Bologna per consentire la riapertura delle indagini a suo carico.
Si tratta di un ex brigatista cresciuto e arruolato nella capitale, a suo tempo catturato e condannato per associazione sovversiva e banda armata, che ha scontato la pena e oggi è libero. I tentativi di verificare la sua responsabilità anche nell’omicidio Ruffilli continuano, alla ricerca di ulteriori riscontri, in un’inchiesta che non s’è fermata nonostante i nove ergastoli inflitti dalla corte d’assise per un delitto che voleva colpire il progetto di riforma istituzionale immaginato dalla Dc di De Mita, da realizzare insieme agli alleati di governo e non solo. Ruffilli, 51 anni, professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche all’università di Bologna, senatore dal 1983, era fra coloro che con maggiore convinzione lavorava alla modifica dell’organizzazione dello Stato e delle sue regole.
I brigatisti suonarono alla porta della casa di Forlì dov’era appena rientrato da Roma e viveva solo, travestiti da postini. Dissero che dovevano consegnare un pacco. Quando il senatore aprì lo spinsero dentro e lo ammazzarono con tre colpi calibro 7,65 alla nuca. La zia trovò il cadavere inginocchiato davanti al divano. Un’esecuzione in piena regola. La mitraglietta Skorpion che uccise Ruffilli fu ritrovata due mesi dopo nel covo milanese di via Dogali, durante il blitz che portò in carcere un gruppo di terroristi e dal quale saltarono fuori anche le audiocassette con le voci dei terroristi non ancora identificati. Quell’arma aveva già sparato. Dieci anni prima, nel gennaio 1978, falciò due militanti missini davanti alla sezione romana di via Acca Larentia, attentato firmato dai Nuclei armati per il contropotere territoriale; poi la Skorpion passò nella disponibilità delle Br, che la utilizzarono per eliminare l’economista Ezio Tarantelli nel 1985 e l’ex sindaco di Firenze Lando Conti, nel 1986. Altri due omicidi di cui non si conoscono con certezza gli esecutori materiali. La strage di via Acca Larentia è rimasta senza colpevoli, e di recente la Procura di Roma ha riaperto le indagini per provare a identificare i responsabili. Pure in questo caso attraverso perizie foniche impraticabili all’epoca, giacché la rivendicazione dell’agguato venne incisa su un nastro. Voci riemerse dagli anni di piombo da riascoltare e comparare con le nuove tecniche, per tentare di svelare qualche mistero rimasto insoluto.
Giovanni Bianconi

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