La frase-shock detta a una studentessa ebrea di un liceo della Capitale. La preside apre un’istruttoria
La frase-shock detta a una studentessa ebrea di un liceo della Capitale. La preside apre un’istruttoria
UNA frase ignobile in un’aula di un liceo della Capitale, una studentessa ebrea attaccata dalla docente, i compagni che compatti prendono le difese dalla ragazza. È successo all’artistico Caravillani in piazza Risorgimento, a pochi passi da San Pietro: era sabato, ora di matematica, poco dopo la ricreazione.
LA RAGAZZA quel giorno non stava bene per un forte mal di testa: esce dalla classe, va in bagno, rientra al suo banco all’ultima fila, ma il malessere non passa. La docente la nota, e qui parte la rasoiata: «Se fossi stata ad Auschwitz, saresti stata attenta».
La giovane rimane sbigottita e scoppia a piangere, ma i compagni la difendono: «Prof, lei è razzista». La docente risponde e insiste: «Non sono antisemita, ma nella scuola italiana non c’è più la disciplina di una volta». Tre studenti, tra cui la ragazza ebrea, minacciano di disertare le lezioni di matematica tenute da quella professoressa. L’episodio accade in un sabato di ottobre: la madre della ragazza va a protestare il lunedì dalla preside, che chiede una protesta scritta alla signora e apre un’istruttoria formale. La docente cerca di spiegarsi, ma aggiunge qualcosa di ancora più grave. «Ho detto quella frase per indicare un posto organizzato »: dopo l’apertura dell’inchiesta interna rischiava 15 giorni di sospensione, ma invece si ammala.
La famiglia della giovane intanto si rivolge alla Comunità ebraica romana: a gennaio in un incontro a cui partecipano la ragazza, sua madre, la dirigente scolastica e il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, la prof dice di non essere antisemita, ma non cambia la sua posizione: «Ammetto di aver detto quella frase in classe, ma l’ho pronunciata per indicare un posto dove regnava l’ordine». È una riunione piuttosto tesa, con minacce di portare la questione in tribunale. Alla fine, anche in considerazione di un vecchio incidente di cui la prof porta ancora le conseguenze, si mette in malattia per un mese, in attesa di andare in pensione a settembre per raggiunti limiti d’età.
«Sì, la frase c’è stata — conferma Anna Maria Trapani, preside della Caravillani — ma mi pare importante che i ragazzi abbiano solidarizzato con la loro compagna e l’episodio è stato ben assorbito dalla scuola. La professoressa non voleva dire quel che le è uscito fuori dalla bocca e i ragazzi hanno interpretato senza filtri. Non voleva offendere nessuno, e infatti non è stata punita».
Ieri la classe è stata ricevuta da Pacifici al Museo ebraico, come racconta il sito della Comunità romaebraica. it. «I compagni della ragazza sono i veri eroi. La loro capacità di non rimanere indifferenti è la migliore medicina per combattere ogni intolleranza. Il loro rimanere compatti accanto alla compagna, supportati da una preside eccellente che ha vissuto con orgoglio la presa di coscienza dei ragazzi». Pacifici si spinge oltre: «La cultura di questi ragazzi che sconfigge l’indifferenza credo che meriti di essere premiata come accade ogni 27 gennaio al Quirinale. Come Comunità ebraica ci faremo promotori di segnalare questo splendido episodio di altruismo alla Presidenza della Repubblica ».
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