Per Bruno Mondadori il diario di un guardiano in Siberia
Ivan Cistjakov, l’autore del diario pubblicato ora in prima mondiale, fu poi arrestato nel ’37 e cadde al fronte «Piove. E nella mia anima è ancora più scuro…». «I giorni si assomigliano tutti, c’e da impazzire…». «Le mie giornate sono vuote come una pagina bianca…». «Monti, taiga, pensieri. Sempre a proposito del vuoto…».
Per Bruno Mondadori il diario di un guardiano in Siberia
Ivan Cistjakov, l’autore del diario pubblicato ora in prima mondiale, fu poi arrestato nel ’37 e cadde al fronte «Piove. E nella mia anima è ancora più scuro…». «I giorni si assomigliano tutti, c’e da impazzire…». «Le mie giornate sono vuote come una pagina bianca…». «Monti, taiga, pensieri. Sempre a proposito del vuoto…».
«La giornata è vuota come il vuoto di Torricelli…». Sono, questi, alcuni degli incipit di annotazioni giornaliere tratte da un diario di grande valore documentario, umano e per certi versi persino letterario. Strano poterle attribuire al guardiano di un campo di prigionia… Mi riferisco al Diario di un guardiano del Gulag di Ivan Cistjakov, proposto ora ai lettori italiani da Bruno Mondadori in una vera prima mondiale (pp. 234, euro 18). Il diario, che viene pubblicato per iniziativa della Fondazione Memorial nell’attenta traduzione di Francesca Gori, è accompagnato da due importanti saggi che aiutano il lettore a cogliere la specificità e la novità del documento proposto. Nel saggio di apertura Il Gulag, la memoria e la storia , Marcello Flores offre uno sguardo d’insieme sul fenomeno storico del Gulag sovietico e ricostruisce nei particolari le varie fasi di realizzazione di questo grandioso e sinistro progetto di sfruttamento del lavoro forzato nell’epoca staliniana, da Solovki al Belomorkanal, fino agli anni del Grande Terrore, con le varie riorganizzazioni degli apparati di controllo e repressione e i conseguenti avvicendamenti al loro comando negli anni delle grandi purghe, da Genrich Jagoda a Nikolaj Ezhov fino a Lavrentij Berija.
Nella postfazione, Irina Scerbakova, della Fondazione Memorial, cui si deve la scoperta del manoscritto e la sua ricostruzione testuale, riferisce della specificità della vita dei lager, del loro funzionamento, dei rapporti esistenti tra guardiani e detenuti, concentrandosi in primis sul BAMlag, il sistema di campi legato alla realizzazione della ferrovia Bajkal-Amur, progetto di importanza militare (dal 1933 fu sotto la direzione del famigerato Naftalij Frenkel’,1883-1960, uno dei creatori del sistema Gulag, di cui scrisse, tra gli altri Vasilij Grossman), da realizzarsi in poco meno di quattro anni e al quale si riferisce appunto l’esperienza di vita di Cistjakov. Ma chi è l’autore di questo documento di indubbia rilevanza storica e non privo di un suo cupo fascino letterario? È opportuno sottolineare subito che, mentre la letteratura memorialistica dell’arcipelago concentrazionario sovietico è ricchissima di testimonianze prodotte dalle tante vittime all’interno del lager (una buona parte, a partire dai contributi più celebri, da Aleksandr Solzhenicyn a Evgenija Ginzburg, nota anche in traduzione italiana), pochissimi sono i resoconti stilati «al di qua» del filo spinato ed anzi il diario di Cistjakov può essere considerato un unicum. Infatti, oltre alle numerose biografie relative ai massimi dirigenti del sistema repressivo staliniano, esistono documenti e studi su alcuni degli esecutori materiali di questo epocale progetto criminale (penso alla testimonianza di Lev Razgon, uno dei fondatori di Memorial, che fu al servizio del Nkvd e poi detenuto del Gulag, mentre è dello scorso anno un importante contributo pubblicato a Mosca di Nikita Petrov, Palaci , «I carnefici»), ma rimane ad oggi poco noto il ritratto umano, culturale, psicologico dei tanti guardiani, soldati di scorta, inquirenti, direttori di lager, che vissero e operarono a diretto contatto con i detenuti nell’immenso mondo concentrazionario sovietico. E dunque chi era Ivan Cistjakov? Di lui, comandante di un’unità della guardia armata (VOChR) al BAM, si sa soltanto che prima di essere coscritto viveva a Mosca, amava il teatro e lo sport, evidentemente, doveva avere anche una qualche sensibilità letteraria. Il suo stesso cognome non è di estrazione proletaria ed è lecito pensare che fosse in possesso di una discreta formazione culturale. Il diario risale agli anni di servizio come guardiano del lager nel periodo 1935-36.
Sappiamo inoltre che egli stesso fu arrestato nel 1937 e cadde al fronte nei pressi di Tula nel ’41. Non è chiaro quale fosse la sua professione prima dell’arruolamento nelle truppe del Ministero degli interni, anche se si può supporre che fosse stato espulso dal partito nei tardi anni Venti e che il suo trasferimento come guardia al BAM si configurasse come una punizione. Dal diario si ottiene uno spaccato per così dire inusuale della vita del lager. Vi troviamo descritti, talvolta con una certa pedanteria, il meccanismo operativo dei lavori forzati come progettato da Frenkel, i compiti delle «falangi» o brigate speciali, il funzionamento burocratico del sistema e la gestione della vita quotidiana dei detenuti. Ovviamente per lo storico risulta interessante confrontare i dati, sebbene parziali e cronologicamente di breve durata, con le tante testimonianze «al di là» del filo spinato, quelle di Varlam Salamov, di Aleksandr Solzhenicyn, di Evgenija Ginzburg, di Anna Larina (Bucharina), ma quello che qui è particolarmente interessante è il complesso dei sentimenti e delle reazioni, talvolta solo accennate, che permettono di tracciare un profilo psicologico del comandante di un plotone di guardie armate. Non si tratta certo delle memorie di un aguzzino, ma anzi di un uomo che mostra anche una certa ripugnanza per quello che era costretto a fare: «La notte ci porta gli allarmi, evasioni e omicidi. Oh, notte d’autunno, vieni in soccorso del prigioniero, proteggilo, tu sei la sola salvezza …». Cistjakov mostra un atteggiamento critico verso il mondo che lo circonda, verso i crudeli e stupidi regolamenti e impedimenti burocratici, e simpatia per le vittime. Si registra, per così dire, una sorta di identificazione del memorialista con i prigionieri e, allo stesso tempo, un sentimento sempre più profondo e tragico di assuefazione alle crudeli regole della vita del lager, una sorta di loro somatizzazione. Cistjakov vive nell’angoscia e nella paura, anche per l’atmosfera di sospetto e di attesa dell’arresto che lo circonda, arresto che giunse nel 1937. Fino a quel momento la scrittura sembra costituire per lui l’unica via di salvezza, il modo per evitare la pazzia e il suicidio. Un lungo frammento di quella scrittura giunge a noi quasi per miracolo, ritrovato tra le carte di una lontana parente. Da quel che risulta nel diario, Cistjakov teneva lezioni di istruzione politica alle guardie della sua unità. Per questo ricorrono nel diario i nomi e riferimenti a importanti dirigenti del partito comunista, da Klim Vorosilov a Lazar’ Kaganovic, per questo spunta il nome di Michail Kalinin in relazione alla bozza della nuova costituzione sovietica. È interessante anche notare la presenza di alcuni cenni generali sulla situazione storico-politica mondiale, persino su Hitler.
Certo il profilo ideologico del comandante Cistjakov non risulta del tutto organico al sistema. Basti pensare all’evidente tono critico nei riguardi dei rozzi giudizi degli altri cekisti a proposito del processo contro il blocco trockista-zinovievista avviato in quel periodo. Più in generale, queste annotazioni e queste pagine ci mostrano in tutta la sua crudezza il carattere meschino, contingente, casuale e incolto del funzionamento del meccanismo repressivo. La sua tragica banalità. Il diario è preceduto dalla descrizione di tre giornate dell’agosto 1934, prima dell’arruolamento … In esse Cistjakov descrive scene di caccia, che sembrano riecheggiare in alcuni frangenti le Memorie di un cacciatore di Ivan Turgenev. Anche nel diario è sempre presente la natura, l’immensa taiga siberiana che silente assiste alle umane sofferenze: «È primavera. Pozzanghere e rigagnoli. Primavera e bellezza della natura. Sentimenti».
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