L’OMBRA DI NARCISO UCCIDE LA PASSIONE

Che gli aspetti, le caratteristiche dell’amore siano quattro (o saranno una quarantina?) fatto sta che un argomento come questo non può che affascinare. Ed è con grande sottigliezza e coraggio che Maria Bettetini ha affrontato questo capitolo, a un tempo affascinante e pericoloso (Quattro modi dell’amore, Laterza, p.140, 14). Solo una studiosa della serietà  e insieme dell’acutezza della Bettetini poteva avere il coraggio di compiere un viaggio a partire dall’antica Grecia (che le è particolarmente vicina) fino a giungere ai nostri giorni, analizzando i diversi autori che ne hanno trattato e soprattutto i diversi «personaggi» della lunga catena amorosa.

Che gli aspetti, le caratteristiche dell’amore siano quattro (o saranno una quarantina?) fatto sta che un argomento come questo non può che affascinare. Ed è con grande sottigliezza e coraggio che Maria Bettetini ha affrontato questo capitolo, a un tempo affascinante e pericoloso (Quattro modi dell’amore, Laterza, p.140, 14). Solo una studiosa della serietà  e insieme dell’acutezza della Bettetini poteva avere il coraggio di compiere un viaggio a partire dall’antica Grecia (che le è particolarmente vicina) fino a giungere ai nostri giorni, analizzando i diversi autori che ne hanno trattato e soprattutto i diversi «personaggi» della lunga catena amorosa.
Se poi le «categorie amorose» siano davvero soltanto quattro nessuno potrà affermarlo o negarlo, giacché questo vocabolo vuoi nella sua versione maschile (amor, ljubav, love, eccetera) che in quella femminile (Liebe) (chissà perché questo diverso genere a seconda dei linguaggi?) non toglie che nessuna altra parola, anzi diciamo meglio nessun «sentimento», ha dato luogo ad altrettanta esaltazione, dispute, depravazioni. E non c’è dubbio che i «quattro modi», messi in luce dall’autrice ci dicono quante diverse sfumature presenti un termine che si adatta sia al dolce affetto materno sia a quello spesso invidioso fraterno, sia a quello orgoglioso del patriota, sia a quello morboso del nevrotico.
Che poi l’amore non possa essere analizzato senza indagarne gli aspetti materiali e sessuali appare un luogo comune ed è un lato positivo dell’analisi della Bettetini. Che, giustamente, ha proceduto senza servirsi degli ormai spesso tortuosi meandri di una psicoanalisi superata, né in quelli di morbosità sin troppo manovrate; con l’immancabile codazzo di omosessualità vuoi esaltate che vilipese.
Quello comunque che costituisce il maggiore pregio del saggio non è solo nell’aver fatto rinverdire i classici personaggi amorosi dell’antichità come dei nostri tempi — da Ulisse a Enea, da Adamo a Eva, da Ifigenia a Patroclo, da Menelao a Oreste — quanto di aver dato uno sguardo d’insieme ad alcune delle più note «sintesi amorose» della letteratura da Ovidio al Petrarca, da Omero a Proust, da Freud a Jung, da Saffo a Virginia Woolf.
Ma, giunti a questo punto, si potrebbe chiedersi se sia davvero lecito parlare di «quattro modi dell’amore», quando, anche nel più elementare degli stessi, le varanti sono infinite: si pensi soltanto entro i limiti della famiglia quale diversità amorosa esista tra l’amore materno e quello paterno, tra la amicizia quotidiana dei fratelli e le gelosie tra maschi e femmine d’una stessa covata. E, fuori dai limiti dell’amore familiare, si pensi alla camaraderie tra campioni sportivi, alla ambigua fratellanza degli atleti o dei professionisti; per giungere finalmente a quell’«amore per la divinità» di cui si è discusso come se fosse di dominio comune, mentre quasi sempre copre un lato patologico, la sua impostazione psicologica legata a dottrine e a culti ormai scaduti; ma spesso patologicamente recuperati.
Ma, accanto agli amori gioiosi e gaudiosi, e a quelli appassionati, ed esaltati, esiste tutta una serie di amori che vanno oltre il segno e che invadono l’ambito della patologia e si trasformano in delirio, martirio, crudeltà. Sono quelli che l’autrice definisce gli «amori estremi» e i «falsi amori».
Ne abbiamo, e ne abbiamo sempre avuti, esempi anche clamorosi: dalla spietata gelosia che trasforma la passione in segregazione e in carcere; dalla tenenza masochistica per la quale l’amore si accompagna alla sofferenza del partner; fino ai diversi gradi d’una passionalità che diventa minaccia.
Del resto anche l’amore per la divinità, quando si trasforma in autoflagellazioni o in altre forme di autotorture, dal digiuno alle sevizie autoimposte, non può certo essere considerato come appartenente a una vicenda amorosa, ma piuttosto come una delle tante derivazioni psicopatologiche della fede e del culto sacro.
Ma, da ultimo, tentiamo ancora un approccio all’«amore per noi stessi».
Non certo a imitazione del Narciso greco, ma piuttosto di quello del «Narcissum» freudiano. Certamente l’impulso all’autoerotismo ben noto; ma piuttosto che da un punto di vista sessuale, vorrei riferirmi a un amore platonico che ammira se stessi non solo con compiacenza ma con vera «passione».
Ebbene, ritengo che il numero degli individui per i quali il «se stesso» è al di sopra di quello d’ogni altra persona sia davvero preoccupante; l’importanza, la compiacenza rivolta alla propria persona, alle proprie qualità; persino ai propri difetti, è tale da obnubilare molto spesso una oculata visione del prossimo.
Un po’ più di «amore per il prossimo» credo che sarebbe il vero «trionfo dell’amore».

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