La fine delle autonomie

Rischia di costarci carissimo, il milione e passa di euro che il Fiorito della Regione Lazio si è – così pare – intascato. Il profumo di Mani pulite delle indagini sugli sprechi e i furti di quel che i giornalisti pigri chiamano «regionopoli» può produrre effetti inebrianti per i tagliatori di teste alla Fatto Quotidiano ma tossici per la democrazia.

Rischia di costarci carissimo, il milione e passa di euro che il Fiorito della Regione Lazio si è – così pare – intascato. Il profumo di Mani pulite delle indagini sugli sprechi e i furti di quel che i giornalisti pigri chiamano «regionopoli» può produrre effetti inebrianti per i tagliatori di teste alla Fatto Quotidiano ma tossici per la democrazia. Lo so, è un punto di vista sospetto, come se uno volesse difendere i lestofanti. Ma chiediamoci: grazie alla furia legalitaria e all’imperativo del risparmio sui «costi della politica» non si sta minando il principale pilastro dell’architettura dello Stato disegnata dalla Costituzione? Lì si definì una struttura dei poteri basata prima di tutto sui comuni e, poi, sulla cessione di poteri statali alle Regioni. Non solo si trattava di cautelarsi da un centralismo soffocante e dispotico, quale era stato il fascismo, ma di corrispondere alla natura e alla storia del paese, municipale ed estremamente plurale, quanto a culture e geografie.
Ora, i «costi della politica» esposti al pubblico disprezzo, le spese dei gruppi consiliari, le «auto blu», le settimane bianche, non costituiscono che una frazione minima di quel che gli enti locali spendono in servizi ai cittadini e in stipendi del personale. Una reale diminuzione della spesa, come ammettono i più sfacciati tra i liberisti, comporta un crudele taglio al welfare e ad altre funzioni pubbliche (le strade, i trasporti, l’edilizia scolastica, ecc.) e in licenziamenti di massa dei dipendenti pubblici. Sul primo versante siamo già molto avanti: da anni ogni tipo di governo ha depredato le risorse delle autonomie locali, riducendole quasi alla paralisi. E i dipendenti pubblici sono calati di numero, in Italia, in quantità rilevante, mentre in tutti gli altri paesi europei – Germania inclusa – sono aumentati, anche se di poco. Quindi il punto non è nemmeno questo.
Quel che si sta realizzando, grazie a tutti i Fiorito e grazie alla furibonda campagna dei media (perché di colpo la Repubblica, ad esempio, ha sparato come primo titolo gli sprechi delle Province, quando nessuna notizia recente lo giustificava?) è una autentica rivoluzione reazionaria. Si vogliono ridefinire numero e territorio di Regioni e Province, riducendone le attribuzioni, strappandole dal loro insediamento storico, e rendendole di fatto – non di diritto, perché servirebbe una riforma costituzionale – pure appendici del governo centrale, definitivamente incapaci di opporsi all’uso liberista del territorio. Le inchieste di Mani pulite spazzarono via i vecchi partiti, e i nuovi hanno chiamato «seconda repubblica» i loro ossessivi pasticci sulle leggi elettorali; oggi si attenta alle basi stesse della repubblica. Certo è scandaloso che si discuta serenamente della opportunità o meno di Monti di candidarsi, cioè di ottenere una legittimità dal voto, ma la cosa è coerente con quest’altro disegno. Che è l’esatto opposto di quel che occorrerebbe: una democrazia radicalmente «abbassata» al livello della società reale, nei comuni, dove il controllo dei cittadini sui «rappresentanti» è più diretto. L’alternativa è un Fiorito generale che continuerà a rubare alla gente per dare ai mercati finanziari.
www.democraziakmzero.org

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