Rinaldini a Di Pietro: «Sui referendum apri oltre il tuo partito»

«Al presidente dell’Italia dei valori chiedo un atto di generosità  e di apertura. Due dei quattro quesiti referendari annunciati dall’Idv riguardano il lavoro, e in particolare l’art.18 con la richiesta dell’abolizione delle modifiche introdotte dal governo Monti che lo sterilizzano, e l’art.8 della manovra di Berlusconi che cancella di fatto il contratto nazionale, di cui si chiede l’integrale abolizione. La richiesta che avanzo a Di Pietro è che questi due quesiti vengano presentati da un arco di forze molto vasto e rappresentativo di aree sindacali, politiche, intellettuali, giuslavoristi, soggetti editoriali che su queste questioni si sono battute e si battono».

«Al presidente dell’Italia dei valori chiedo un atto di generosità  e di apertura. Due dei quattro quesiti referendari annunciati dall’Idv riguardano il lavoro, e in particolare l’art.18 con la richiesta dell’abolizione delle modifiche introdotte dal governo Monti che lo sterilizzano, e l’art.8 della manovra di Berlusconi che cancella di fatto il contratto nazionale, di cui si chiede l’integrale abolizione. La richiesta che avanzo a Di Pietro è che questi due quesiti vengano presentati da un arco di forze molto vasto e rappresentativo di aree sindacali, politiche, intellettuali, giuslavoristi, soggetti editoriali che su queste questioni si sono battute e si battono». Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area “la Cgil che vogliamo”, ha partecipato a tutti i passaggi e i confronti che si sono svolti nelle scorse settimane per rendere – la più ampia possibile – la partecipazione a una battaglia politica strategica sui temi del lavoro. Alla vigilia della deposizione dei quesiti, si appella a Di Pietro perché l’iniziativa non venga vissuta esclusivamente come un’iniziativa partitica, bensì aperta e coinvolgente dei settori e delle esperienze di movimento che si battono contro le politiche neoliberiste incarnate ieri da Berlusconi e oggi dal governo Monti.
C’è poco tempo per raggiungere un accordo, anzi pochi giorni.
Per poter raccogliere le firme necessarie a ottobre, novembre e dicembre e quindi poter svolgere i referendum tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, i quesiti devono essere depositati entro questa settimana. Voglio ricordare che i primi a lanciare la proposta di un referendum per abolire l’art.8 – il governo Monti non aveva ancora fatto cadere la mannaia sull’art.18 dello Statuto – furono alcuni giuslavoristi, economisti e intellettuali, da Gallino a Rodotà ad Alleva, con un appello pubblicato dal manifesto. Poi la mobilitazione si allargò, alla riconquista dell’integrità dell’art.18 e coinvolse sindacati come la Fiom, movimenti e associazioni, intellettuali, giornali come il manifesto. Proprio qui, dopo l’annuncio dell’Idv dei 4 referendum, Maurizio Zipponi che di quel partito è responsabile per il lavoro lanciò anche a nome di Di Pietro la proposta di un comitato promotore aperto, allargato agli altri soggetti interessati, che depositi i quesiti. Ora, è comprensibile che un partito, in vista della campagna elettorale sia spinto a svolgere un ruolo da protagonista in un contesto in cui non è chiaro con quale legge si andrà a votare e dunque quali saranno le alleanze possibili, ma io chiedo a Di Pietro di ribadire quella disponibilità.
Vuoi ricordare le ragioni dell’opposizione all’art.8, dato che i lettori del manifesto quelle in difesa dell’art.18 che prevedeva il reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa, le conoscono fin troppo bene?
L’art.8 della manovra d’agosto di Berlusconi recepisce in toto il modello Marchionne attraverso la sterilizzazione del contratto nazionale di lavoro. Ma la cosa meno conosciuta è che questo articolo, contestato dall’opposizione al governo di destra, è stata recepita dal governo Monti: con il meccanismo delle liberalizzazioni si è aperto a Italo di Montezemolo il mercato nel settore ferroviario e si è cancellata l’obbligatorietà del contratto nazionale di lavoro. Cosicché è targata Monti e non Berlusconi la prima applicazione dell’art.8, naturalmente dopo la rottura praticata da Marchionne a Pomigliano e poi estesa a tutta la Fiat. Avviare la campagna referendaria a ottobre e proseguirla fino a fine anno significa entrare nel pieno della campagna elettorale. E così ricordare ai partiti che i diritti dei lavoratori rappresentano un discrimine per la democrazia e lo saranno anche nelle urne. Chi propone un’alternativa alle destre e una discontinuità con il governo Monti deve sapere che o si impegnerà a introdurre modifiche strutturali all’art.8 e a ripristinare nella sua interezza l’art.18, oppure dovrà vedersela con i referendum.
Sei ottimista sulla possibilità che Di Pietro raccolga la tua proposta di costituire un comitato promotore aperto?
Io sto ai fatti, agli impegni e alle proposte avanzate da Zipponi anche a nome di Di Pietro. Un atto di generosità e di apertura dell’Idv, del resto, consentirebbe di condurre una battaglia politica con uno schieramento e un insieme di culture ed esperienze all’altezza dell’obiettivo che ci si pone: riportare la democrazia nei posti di lavoro. Tutti insieme possiamo farcela.

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