«Vendesi scuola senza futuro»

STUDENTI Blitz contro i tagli e il caro-libri in tutta Italia, si torna in piazza il 12 ottobre
Occupata Lettere a Roma Tre. Monti: «La riforma Gelmini ha solidi cardini»

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«Vendesi scuola, in edificio d’epoca, con annessi saperi liberi, già provvista di studenti e docenti, aule, laboratori, palestre (poco) abitabili. Vista su rovine del futuro. Chiamare ore tagli. Astenersi perditempo». All’asta dei saperi che si è svolta ieri sotto la pioggia sulla scalinata del ministero dell’istruzione a Roma, i ragazzi dell’Unione degli Studenti hanno venduto simbolicamente ciò che resta della scuola pubblica. Un banditore con il megafono ha elencato le scuole che sorgono nelle aree ad alto rischio sismico. Ad esempio la scuola elementare di Cordenons, in Friuli, dove ancora prima che suonasse la prima campanella dell’anno ieri è crollato il tetto. In Italia, sostiene Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, gli edifici come questo sono 27.920 e ci sono regioni, come la Calabria, dove tutti i 3.130 plessi scolastici sono a rischio.
Piccoli frammenti di verità su una scuola dove gli ultimi investimenti strutturali sono stati fatti prima del 1974 ed esistono alcuni edifici ancora attivi costruiti prima del 1900. Sono il 4 per cento, stando all’anagrafe dell’edilizia scolastica, mentre quasi metà degli edifici (44 per cento) sono stati costruiti tra il 1961 e il 1980. Il ministero ha da tempo previsto un investimento di 680 milioni di euro per tamponare una situazione fatisciente. L’edilizia scolastica non è l’unico bene venduto all’asta dei saperi, quella reale, in atto da quando sono stati tagliati 8,5 miliardi di euro dal bilancio annuale delle scuole. Come da cinque anni, anche ieri gli studenti che sono entrati in classe «non hanno trovato insegnanti, personale ausiliario, tecnico e amministrativo non ancora nominato – ha scritto Domenico Pantaleo, segretario Flc-Cgil, in una lettera indirizzata ieri al ministro dell’Istruzione Profumo – sono gli effetti del dimensionamento scolastico e dei tagli agli organici».
È solo con l’ironia degli studenti che può essere descritta questa situazione. Ieri, non si contavano le scuole che all’entrata esponevano un cartello valido per ben altre occasioni. «Vendesi» c’era scritto all’entrata di molti istituti della Capitale e davanti a tanti altri nel paese. E lo stesso cartello rimbalza in una fotopetizione lanciata dall’Uds su twitter e facebook. Centinaia di studenti continuano a fotografarsi esponendo lo stesso cartello. Aderiscono alla campagna di lancio della manifestazione nazionale prevista il prossimo 12 ottobre.
Esagerazioni, allarmismi, dettati forse dallo spirito polemico che s’impadronisce degli studenti all’inizio di settembre? In fondo, dice il Miur, questo sarebbe l’anno della «rivoluzione digitale», un computer in oltre 100 mila classi tra medie e superiori (24 milioni di euro la spesa) e un tablet per ogni insegnante del sud (l’impegno è di 32 milioni). In risposta alla propaganda ministeriale, che rischia di derubricare i docenti del sud ad analfabeti tecnologici, nelle ultime ore è partita sulla rete una campagna dove questi ultimi mostrano il loro tablet e chiedono, non senza ironia, di usare queste, ed altre risorse, per stabilizzare i precari storici. Mai come quest’anno la sfiducia rispetto all’operato del ministero è così manifesta. Del resto, di tutte le innovazioni promesse da Profumo, l’unica messa in campo è il registro elettronico che, secondo l’associazione dei presidi del Lazio, è rimasta lettera morta.
La distanza tra il senso della realtà degli studenti, come dei docenti, e gli annunci del governo è stata ribadita da una dichiarazione fatta ieri in videoconferenza dal presidente del Consiglio Monti durante un convegno alla terza università di Roma: «Il precedente ministro Gelmini ha lasciato una riforma certamente non perfetta e compiuta, ma con dei solidi cardini. Questo settore risponde alla ristrettezza generale senza la quale il governo non sarebbe stato chiamato ad operare». Come dire che i «tagli orizzontali» del governo Berlusconi, di cui Monti rivendica l’eredità, hanno creato l’austerità che il suo governo oggi sta gestendo. Un corto-circuito logico, o vero non-sense, ammannito come normalità. Una normalità stigmatizzata dagli studenti di «Rete lettere» che l’altra notte hanno occupato la facoltà di lettere di Roma 3, impedendo nei fatti la partecipazione di Monti al convegno: «è il disegno dell’università che loro vorrebbero: esclusiva, classista, dei pochi meritevoli, di chi potrà permettersela»

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