LEVI O GRASS, UN RIFIUTO NON SI NEGA A NESSUNO

“Se questo è un uomo” per due volte non fu accettato dall’Einaudi. Bompiani mandò al macero 5000 copie del “Tamburo di latta” già  stampate. Esce un saggio che è una controstoria dell’editoria. Perché racconta i tanti libri celebri che furono respinti 

“Se questo è un uomo” per due volte non fu accettato dall’Einaudi. Bompiani mandò al macero 5000 copie del “Tamburo di latta” già  stampate. Esce un saggio che è una controstoria dell’editoria. Perché racconta i tanti libri celebri che furono respinti 

“Ho letto con ritardo Lolita e Il Gattopardo”, scherzava Ennio Flaiano su l´almanacco del pesce d´oro del 1960, evocando in facili versi due casi letterari esplosi sul finire degli anni Cinquanta e che ancora durano, ma anche due libri accolti con una certa diffidenza e rifiutati dagli editori.
Lolita fu respinto da Bompiani e da Garzanti che aveva già avuto i suoi guai con i tribunali per via dei Ragazzi di vita di Pasolini e fu pubblicato invece da Mondadori (editore piuttosto prudente per tradizione) con un forte successo di vendite. Del Gattopardo uscito nel dicembre del ´58 da Feltrinelli nella collana diretta da Giorgio Bassani su indicazione di Elena Croce, si sa tutto: Vittorini lo aveva consigliato a Mondadori, ma Mondadori non aveva tenuto conto del parere del suo illustre consulente. Sempre Vittorini aveva invece escluso che un romanzo simile potesse figurare nei Gettoni, la collana di autori nuovi da lui diretta per Einaudi. Perché Einaudi non lo pubblicasse in un´altra collana non si sa: si sa invece che la lettera di rifiuto giunse al principe di Salina poco prima che morisse: non avrebbe mai saputo a quale successo era destinato il suo romanzo.
Gian Carlo Ferretti pubblica ora presso Bruno Mondadori un libro singolare intitolato Siamo spiacenti che è, come dice il sottotitolo, la “Controstoria dell´editoria italiana attraverso i rifiuti dal 1925 a oggi”. Informatissimo e titolare di molti altri lavori sulla nostra produzione libraria, specie di carattere letterario, Ferretti ha frugato a lungo negli archivi degli editori e nelle memorie degli scrittori e molto materiale ha raccolto di prima mano da vari testimoni e protagonisti, con una premessa: rifiutare i libri è una prerogativa degli editori e spesso, anche se non sempre, fa bene anche agli autori. Questo per dire che molti rifiuti risalgono semplicemente a quella che si chiama politica editoriale e infatti un libro rifiutato da un editore trova la propria strada presso un altro (è il caso di Pasolini di cui Mondadori rifiutò la raccolta di versi L´usignolo della Chiesa cattolica, bocciata poi anche da Bompiani, nonostante il parere favorevole di Vittorio Sereni e di fatto non accolse più tardi il Pasolini narratore lasciando che andasse da Garzanti).
Ci sono però casi in cui non si tratta tanto di politica editoriale ma di miopia, come testimonia la vicenda di Se questo è un uomo di Primo Levi respinto da Einaudi per ben due volte: nel ´47 il giudizio positivo di Natalia Ginzburg non è condiviso da Pavese, nel ´52 Pavese è morto ma il rifiuto si ripete. Einaudi pubblicherà il capolavoro di Levi solo nel ´58, con il successo che sappiamo. Nel frattempo la casa editrice De Silva diretta da Franco Antonicelli lo aveva pubblicato in duemilacinquecento copie.
Sempre in quegli anni Einaudi (ma anche Vallecchi) rifiuta Casa d´altri di Silvio D´Arzo, che viene giudicato gracile. Sulla scheda di lettura Pavese annota: “Non m´interessa affatto. A morte”. D´Arzo, scomparso a soli trentadue anni, diverrà poi un autore di culto. Per restare in casa Einaudi vi sono alcuni rifiuti riconducibili a Italo Calvino, alla sua proverbiale prudenza, ma anche al suo gusto e ad un certo disinteresse per la narrativa italiana di quegli anni. Memoriale di Paolo Volponi, per esempio, rimane per mesi nei cassetti di Calvino, senza che l´autore riceva un minimo cenno di assenso o di dissenso. Alla fine Volponi (sostenuto da Pasolini) dà il romanzo a Garzanti che lo pubblica nel ´62. Tuttavia il rapporto con Garzanti si raffredda perché Volponi, scrittore di alto valore letterario, non sfonda sul piano delle vendite. In segreto Volponi darà anni dopo a Giulio Bollati, divenuto direttore della Einaudi, il suo nuovo romanzo, Corporale. Un tomo di oltre cinquecento pagine che Bollati fa arrivare nelle librerie senza annunci per mettere Garzanti di fronte al fatto compiuto.
Tornando a Calvino c´è ancora da registrare la sua opposizione a Testori che aveva proposto I racconti della Ghisolfa nel ´57. Testori si farà poi strada con Feltrinelli con grande rammarico di Roberto Cerati: un direttore commerciale molto speciale che oggi è presidente della casa editrice torinese. Ancora nel ´63 Calvino non capisce la novità della Scoperta dell´alfabeto di Luigi Malerba, una raccolta di racconti che giudica “grezzi e con poca sostanza, mi pare neorealismo paesano stile 1946 ma senza lirismo”.
L´esordio di Malerba, forse proprio perché molto originale, fu respinto da diversi editori prima di trovare in Ennio Flaiano un lettore entusiasta che lo portò da Bompiani dove fu pubblicato nel ´63. Insomma, come dice Ferretti più volte, c´è una Provvidenza laica che presiede anche al mondo del libro e aggiusta i pasticci combinati da editori e consulenti. Così se Alberto Mondadori dice di no a Gadda nel ´48 per Il pasticciaccio, ci sarà Garzanti a subentrare sia pure diversi anni dopo, ma qui bisogna aggiungere che è anche a Gadda che va riportata la responsabilità di un difficile rapporto con l´editore, avviato fin dal ´43. Sull´appunto di Gadda è lo stesso Alberto Mondadori a scrivere: troppi soldi. Tra l´altro Gadda gli chiede di liberarlo da un impegno con Vallecchi per la cifra di 210.000 lire.
Ferretti ripercorre la sua controstoria editore per editore: anche dai rifiuti si capisce il taglio culturale e il farsi di una vicenda complessa con i suoi alti e bassi, nel senso che un progetto editoriale attraversa momenti diversissimi e certi giudizi sono spesso dettati dalla contingenza. Per non voler essere spregiudicato, Einaudi, per esempio, boccia nel ´63 il libro inchiesta di Fofi sull´Immigrazione meridionale a Torino provocando il licenziamento di Raniero Panzieri e di Renato Solmi che lo avevano appoggiato. E per voler essere spregiudicato e vicino agli studenti in lotta, siamo nel ´68, non pubblica il saggio di Giovanni Getto sul Barocco in prosa e in poesia portato in casa editrice da Guido Davico Bonino e per il quale era stato firmato un contratto: Getto, tra i più prestigiosi titolari di cattedra, è naturalmente oggetto di contestazione. Vicenda drammatica, come qualcuno ricorderà, perché Getto, già in profonda crisi personale, arrivò persino a tentare il suicidio. ll saggio fu subito accolto dalla Rizzoli e vinse nel ´69 il Premio Viareggio.
Qualche anno dopo fu sempre Rizzoli a pubblicare L´autobiografia di Giuliano di Sansevero di Andrea Giovene, di cui Ferretti non parla, anche se l´immenso volume deve essere stato respinto da più di un editore se è vero che l´autore dichiara di aver deciso di stamparlo in proprio dopo “un accenno di tentativi avanzati senza crederci”. Il volume di Giovene fu inviato un po´ a tutti quelli che contavano nel mondo letterario, ma senza nessun esito. Uno studioso finlandese lo lesse e lo fece pubblicare tradotto a Stoccolma. Il caso nacque così e Rizzoli lo stampò a sua volta in cinque volumi. Nonostante il successo, anche di critica, il libro scomparve fino ad una recente ristampa presso Elliot.
Nel 1961 Valentino Bompiani si ritrova tra le mani un libro già stampato senza che lui ne sapesse nulla: è Il tamburo di latta di Günter Grass. Bompiani lo legge e lo manda al macero (cinquemila copie) nonostante fosse già stato annunciato dal Notiziario della Casa. I diritti vengono ceduti a Feltrinelli, la casa editrice più giovane e vivace in quegli anni, che lo pubblica l´anno dopo con un successo strepitoso. Sembra che a Bompiani avessero dato fastidio alcuni passi “scandalosi” e altri addirittura blasfemi nei confronti della Chiesa. (Ottimi elementi, si sa, per un incremento delle vendite).
Anche molti dei bestseller del nostro passato prossimo hanno conosciuto il rifiuto editoriale. Lo stesso Ferretti, divenuto direttore editoriale degli Editori Riuniti, bocciò un libro di Andrea Camilleri, che era già stato accettato dal suo predecessore, Giuliano Manacorda. Persino La donna della domenica fu all´inizio respinto da Mondadori e da Rizzoli, ma solo per ragioni economiche (i due autori chiedevano un anticipo troppo alto). Poi Mondadori lo pubblicò con l´esito che conosciamo. Susanna Tamaro incassò ventisei rifiuti in dieci anni per le sue due prime opere, rimaste per altro inedite, nonostante l´appoggio di letterati influenti come Claudio Magris.
Oggi gli esordienti si sono moltiplicati a dismisura: l´editoria appiattita sui consumi coltiva, in mancanza di meglio, scrittori piccoli piccoli, nella speranza che uno su mille divenga un caso. Ma l´essere pubblicati o anche solo l´essere respinti, non ha più il valore, pur sempre relativo, di un tempo. Alla fine i grandi rifiutati del secolo scorso restano quelli di sempre: Tomasi di Lampedusa e Morselli soprattutto. Di Tomasi abbiamo detto. Guido Morselli, che pure aveva degli estimatori di grande livello, non riuscì a vincere la sua lunghissima battaglia e si suicidò. Poi divenne un caso grazie ad Adelphi.
Il record dei rifiuti spetta, comunque, a Giuseppe Cerone, malinconico caso di uno scrittore-fantasma che si specializza nell´essere, appunto uno scrittore rifiutato e di questo narra, un po´ come, ma in misura assai diversa, capita ad Antonio Moresco. Cerone tentò anche di entrare nel Guinness dei primati, ma anche lì fu respinto perché l´americano Bill Gordon aveva ricevuto più rifiuti di lui.

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