Il poeta eretico

Presentato a Venezia il film sulla vita di Pietro Ingrao. Fuori concorso il documentario «Non mi avete convinto» di Filippo Vendemmiati dedicato alla vicenda privata e politica di una delle figure simbolo della sinistra italiana

Presentato a Venezia il film sulla vita di Pietro Ingrao. Fuori concorso il documentario «Non mi avete convinto» di Filippo Vendemmiati dedicato alla vicenda privata e politica di una delle figure simbolo della sinistra italiana


«OGGI LA POLITICA SI OCCUPA MOLTO DEL NOSTRO CONSUMARE, MA NON DEL NOSTRO GIRONZOLARE, DEL NOSTRO FANTASTICARE… Per questo mi piace la poesia, la sua capacita? di alludere. Di non chiudere mai le parole in un senso solo. In questo modo la poesia sa dire cose che la politica non puo?». Pietro Ingrao sopra Venezia.
Coi suoi 97 anni da ragazzo che ancora e? ascoltato dai ragazzi. Quelli del Social forum, delle battaglie per i beni comuni, della «pace che si prepara con la pace». Pietro Ingrao che non si riconosce come «un utopista visionario affezionato all’idea comunista» ma come «un eretico» che ha sempre «praticato il dubbio» e che per questo «se l’e? passata male» in un Pci dove i dubbi non erano ammessi. Lui che le armi della poesia le ha sapute usare per «la bella politica», nonostante le sconfitte, ieri sera ha emozionato e commosso la Mostra. Si?, perche? il suo dire e il suo stare, ancora oggi fari per il nostro presente, sono arrivati al Lido, alle Giornate degli autori, con Non mi avete convinto, appassionato ritratto di Pietro Ingrao, firmato da Filippo Vedemmiati, lo stesso di E? stato morto un ragazzo, sull’omicidio Aldrovandi.
LE RIPRESE NELLA CASA DI LENOLA
Ripreso nella sua casa di Lenola, dove l’11 settembre sara? presentato il film insieme ad Ettore Scola, Ingrao si racconta idealmente ad un ragazzo degli anni Ottanta. E la memoria personale si intreccia alla storia, quella del secolo breve che ha percorso tutto, «svalcandolo» anche. Quel «900 – dice – in cui le guerre si sprecavano».
Ecco i ricordi d’infanzia, tanti. Legati a quel suo piccolo paese della Ciociaria, dove, «tra cieli ineffabili che parlano tanto al mio cuore, ho appreso a leggere ed amare». Dove appena bambino, una notte, disse a suo padre di volere la luna come ricompensa per essere andato a far pipi?. Da dove appena ragazzo di fronte alla guerra di Spagna, ha fatto «la sua scelta» interrogandosi su «cosa c’e? da cambiare». Ma prima di tutto e? il cinema a rapire l’interesse di Pietro che sceglie il Centro sperimentale per studiare regia. Ed e? un piacere ascoltarlo parlare dei suo autori preferiti. Chaplin su tutti. Quei «tre minuti di Luci della citta? in cui la fioraia cieca lo riconosce sono i piu? belli della storia del cinema», dice. Come anche, il momento in cui in Ladri di biciclette dopo il furto «il ragazzino stringe la mano del padre. Ecco quell’immagine li? andrebbe messa nel museo delle cose belle, se ci fosse». Il cinema, prosegue Ingrao, «e? uno strumento di lingua che e? entrato talmente dentro alle relazioni umane che ci prende in modo obbligato». Ma anche Ingrao e? entrato nel cinema. E? emozionante, infatti, rivedere quel momento de Il dramma della gelosia di Scola, in cui l’ «operaio» Mastroianni passando davanti ad un comizio del Pci esclama: «Bravo Pietro!», per poi domandare al compagno: «Una sofferenza d’amore puo? in qualche modo essere collegata alla lotta di classe?».
Corrono le immagini di repertorio. La guerra, la Resistenza. Ed e? proprio in quei giorni l’incontro tra Pietro e Laura, compagna di una vita. Insieme si ritrovarono a Massenzio per un’azione. «Io da ragazzaccio – ricorda – ho tentato di darle un bacio e mi beccai uno schiaffone. Poi, pero?,ci innamorammo». Corrono i ricordi. Il primo comizio a Milano, dopo la guerra. «Sapevo fare i comizi – racconta – dosare le parole e chiedere il silenzio. Un comizio e? un grande fatto emotivo». Poi la direzione de l’Unita? di Roma, coi filmati di «propaganda» che tuonano: «Ecco i cronisti del giornale comunista mentre raccolgono la voce del popolo nelle campagne e nelle citta?». Erano gli anni, appunto, in cui i dubbi non erano ammessi. Di fronte ai fatti di Ungheria, racconta ancora Ingrao, «dissi a Togliatti che non capivo. E lui mi rispose: oggi ho bevuto un bicchiere di vino in piu?. A dire cioe? che era d’accordo con l’intervento sovietico». Via cosi? fino all’11esimo congresso del Pci, nel ’66 «in cui ci fu la proposta di escludermi dalla direzione». Intanto la storia d’Italia continua ad intrecciarsi con la vita di Ingrao politico: le stragi di piazza della Loggia, piazza Fontana, il rapimento di Moro. Il suo arrivo alla presidenza della Camera, poi nel 93 l’uscita dal Pds con le celebri «lacrime». E quella voglia comunque di «cambiare il mondo e vincere gli sfruttatori» che ancora oggi lo porta a dire: «C’e? bisogno con forza di unire la sinistra». Ma allo stesso tempo di guardare la luna attraverso la finestra della sua casa.

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