"Roll on John", e per la prima volta Dylan si rivolge direttamente al suo vecchio amico Lennon, citando nel pezzo Come together e A day in the life, un accorato e struggente saluto a fine di un disco che con diabolica maestria si muove tra intime disperazioni e visioni apocalittiche.

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Fra Titanic e Roma antica dal vecchio Bob Dylan allarme per il mondo

“Tempest” in uscita l’11 settembre

“Roll on John”, e per la prima volta Dylan si rivolge direttamente al suo vecchio amico Lennon, citando nel pezzo Come together e A day in the life, un accorato e struggente saluto a fine di un disco che con diabolica maestria si muove tra intime disperazioni e visioni apocalittiche.

“Tempest” in uscita l’11 settembre

“Roll on John”, e per la prima volta Dylan si rivolge direttamente al suo vecchio amico Lennon, citando nel pezzo Come together e A day in the life, un accorato e struggente saluto a fine di un disco che con diabolica maestria si muove tra intime disperazioni e visioni apocalittiche.

Il maestro si muove, a cinquant´anni esatti dal suo debutto discografico, con passi da gigante, la voce che gorgoglia con rugginosa raucedine tutti i suoi sofferti 71 anni, ancora disposto a spargere versi di fuoco, con gli esegeti già pronti a interpretare il titolo del nuovo album Tempest (in uscita l´11 settembre) come un riferimento shakespeariano, e quindi in accordo con la leggenda, un probabile ultimo disco, un addio alle scene, un saluto. «Ma il titolo è Tempest, non The tempest. Non è lo stesso titolo» avverte Dylan, e con questo ha messo a posto tutti, lasciando aperte tutte le altre interpretazioni, perché comunque vada di tempesta si tratta, meno magica e incantata di quella di Shakespeare ma egualmente ambigua e metaforica, e comunque una tempesta, sottolineata da una copertina con una scultura neoclassica (per la precisione presa dal complesso monumentale di Pallade Atena collocato davanti al parlamento austriaco).
E Tempest è anche il titolo di un altrettanto monumentale pezzo che domina l´album coi suoi quattordici minuti, in forma di ballata, senza ritornello, come un vero e proprio racconto da cantastorie, dedicato all´affondamento del Titanic con immagini di meschinità ed eroismo, scene elegiache e altre truculente, un riferimento al Di Caprio del film di Cameron, e a un osservatore che sa tanto dell´Ismaele di Moby Dick, ovvero l´unico che sopravvive per raccontare il disastro, e quindi proverbiale metafora del narratore, e di conseguenza del cantastorie, del songwriter di tutti quelli che per mestiere o vocazione raccontano quello che vedono e pensano. Per fare una battuta, si potrebbe pensare che per una volta sia stato Dylan a ispirarsi a De Gregori, che l´idea del Titanic l´aveva spesa molti anni fa, e del resto già prima di De Gregori il disastro aveva riempito intere pagine di melodie popolari, ma di sicuro si intravede un uguale richiamo al disastro verso cui la società si avvia, in modo cieco e irresponsabile.
E che di quello si parli lo conferma un pezzo come Early roman kings, praticamente la base esatta di Hoochie coochie man di Muddy Waters, (così come altrove riecheggia I walk the line di Johnny Cash) con aggiunta di fisarmonica in stile cajun, che dipinge i potenti di oggi come dissoluti e decadenti distruttori, ma anche la voglia di sporcarsi le mani, tra treni in corsa che sanno di vecchio western swing, sentieri difficili, territori sinistri e impervi, un Dylan battagliero e musicalmente vario, che mischia suoni zydeco e blues, swing e ballad, ma sempre fortemente ancorato alle radici della musica americana, che è in fondo una delle sue idee fisse più tenaci e fertili. Il disco inizia col singolo che lo ha preceduto, una divertente Duquesne whistle che invita tutti a viaggiare veloci su un treno antico, che fischia su praterie e fiumi popolati di voraci alligatori, imprimendo un senso di cammino “on the road” che Dylan, ostinatamente fuorilegge, intellettualmente errabondo, preserva accuratamente come fosse l´unico modo possibile, allora come oggi, per guardare l´America e il mondo, un paesaggio in movimento in cui poter invecchiare rimanendo vivo, senza rifugi, scappatoie e cedimenti. Il maestro si muove e il suo treno corre ancora veloce.

 

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