C come cerveja

Alfabeto brasileiro

Cerveja, da non confondere con cerveza, termine equivalente della lingua spagnola.
Cerveja è parola più musicale, più morbida, esce fluida dalla bocca, così come fluida entra in quelle stesse bocche la liquida sostanza. La birra scorre per le gole brasiliane come un inarrestabile fiume. Hanno nomi fascinosi: Brahma, Sol, Bohemia, Original… e cambiano per gradazione e prezzo, sempre piuttosto basso.

Alfabeto brasileiro

Cerveja, da non confondere con cerveza, termine equivalente della lingua spagnola.
Cerveja è parola più musicale, più morbida, esce fluida dalla bocca, così come fluida entra in quelle stesse bocche la liquida sostanza. La birra scorre per le gole brasiliane come un inarrestabile fiume. Hanno nomi fascinosi: Brahma, Sol, Bohemia, Original… e cambiano per gradazione e prezzo, sempre piuttosto basso.
Birra perlopiù bionda, leggera, sempre ghiacciata (bem geladinha, direbbero loro; e nel bicchiere si deve vedere il colarinho, di schiuma, che qui amano a differenza di noi). Solitamente, le bottiglie grandi vengono rivestite da una glacette, che tiene la temperatura bassa fino a che il cameriere, implacabile, non avrà svuotato la bottiglia nel vostro copo (o taça, il bicchiere, appunto), e con un cenno vi avrà chiesto un permesso fittizio di portarvi un’altra bottiglia. Il presupposto è che finché si è seduti, si beva. Svuotata una bottiglia, ne arriva un’altra.
La birra scorre, ma i brasiliani la mandano giù in modo lieve, gentile. Nulla a che vedere con le birrerie tedesche austriache belghe anglosassoni italiane. Qui è tutto in casa: una lezione per la nostra ridicola importazione di modelli e mode e modi “di fuori”: i brasiliani, a dire il vero, sembrano vittime della sindrome uguale ma contraria. Se non vogliamo parlare di nazionalismo, si può parlare di un patriottismo esasperato.
E la birra si beve tanto nei ristoranti eleganti, quanto nei caffè che cominciano sui marciapiedi e si protendono all’interno; copertura di legno alle pareti (boiserie dei poveri), arricchita da collezioni di bottiglie, brevetti, fotografie, banconote, lattine, e quant’altro possa venirvi in mente: ma il luogo deputato alla degustazione è forse soprattutto il locale nazionale-popolare, con tavolini orribilmente di plastica colorata, marchiati con i logo delle birre, con almeno due televisori schermo gigante accesi, di solito uno sulla novela di turno, l’altro sullo sport, in un’atmosfera di allegria e familiarità, dove ti portano un foglietto sul quale tu stesso, avventore, segni le tue consumazioni che salderai uscendo. Non si vedono bêbedos, ossia ubriachi; non ci sono volti arrossati pronti all’alterco; non v’è volgarità; anche nel bere, questo mi pare di cogliere, affiora la gentileza: che – come recita un motto ormai commerciale, ma in origine, pare, inventato da un artista di strada – «gera gentileza»: «La gentilezza genera gentilezza». Nel loro vuotare i bicchieri (anche qui la differenza: di rado si vede il boccale, quel volgarissimo arnese col manico che è nemico tanto della bellezza, quanto della gentilezza), i brasiliani restano gentili, e tolleranti. E nessuno si adonta, né chiama la polizia se una coppia di namorados, in mezzo al cortile trasformato in pubblico locale, incomincia a sciogliersi in un crescendo di effusioni che giunge quasi all’anticamera dell’accoppiamento.
E la birra, nel suo infinito, poetico fluire tra le garrafas e le gargantas, tra le bottiglie di Bohemia e le gole dei cariocas o dei paulistas, sembra adattarsi al clima umano di questa straordinaria terra che è il Brasile.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password