Alcoa, scontri a Roma. Il governo scherza col fuoco

350 operai e il doppio di agenti: cariche e feriti durante il corteo dei lavoratori sardi. Scontri e feriti in una Roma blindata dalla polizia. Fassina (Pd) cacciato dal presidio

350 operai e il doppio di agenti: cariche e feriti durante il corteo dei lavoratori sardi. Scontri e feriti in una Roma blindata dalla polizia. Fassina (Pd) cacciato dal presidio


Fumo e petardi. Rabbia e disperazione. Le botte, e poi, la delusione finale. L’ennesima giornata dell’Alcoa a Roma si conclude con una decisione politica lontana anni luce dalle necessità della fabbrica. L’impegno che il governo, dopo nove ore, garantisce è quello di un “rallentamento” dello spegnimento della fabbrica in grado di assicurare un’eventuale, rapida, ripartenza.
L’ALCOA intende spegnere 382 “celle” – finora ne sono state spente 60 – in tre mesi, fino al 31 ottobre. A quella data chiuderà e per gli operai resterà soltanto la cassa integrazione. Nel verbale di ieri “il processo di spegnimento delle celle già avviato procederà in modo più graduale di quanto originariamente programmato”. La fonderia resterà operativa per tutto il mese di novembre. Poi, l’immancabile cassa integrazione, “in deroga, “ per i lavoratori dell’indotto. Accanto al “processo di rallentamento”, la trattativa produce un altro risultato: “Alcoa è uno dei casi aziendali che seguo più da vicino – dichiara il ministro Passera. “Vi garantisco il mio impegno personale diretto a trovare una soluzione”. Quando scendono in strada a raccontare tutto questo, i sindacalisti si trovano di fronte a spintoni e fischi e alla richiesta di “tornare dentro a trattare ancora”. Qualcuno inizia a urlare: noi da qui non ce ne andiamo.
Loro, i circa 350 operai che hanno assediato per un giorno intero il ministero dello Sviluppo economico, guardati a vista da un numero doppio di poliziotti, erano partiti il giorno prima alle 15. Si sono imbarcati a Olbia sulla nave che li ha portati a Civitavecchia dove, super scortati sui loro pullman, “come i tifosi dello stadio”, sono arrivati a piazza della Repubblica. Breve corteo fino al ministero dove però l’assedio della polizia è aumentato, con i primi scontri.
La sproporzione di forze si misura in via Molise: due file di reparti schierati sul lato di via Veneto e poi, su via San Basilio, altre quattro file (due di Carabinieri da un lato e altre due della Guardia di Finanza dall’altro). Vietato uscire, difficile entrare. Addosso a quei cordoni, gli operai andranno a sbattere pesantemente intorno alle 13,30, quando la delegazione trattante è entrata da poco più di un’ora, e scatta lo scontro più duro della giornata. Una carica di alleggerimento da parte di una polizia schierata massicciamente anche se gestita con una certa oculatezza dai suoi dirigenti. I messaggi di solidarietà tra poliziotti e operai si moltiplicano, sorrisi e, a volte, strette di mano. Ma ognuno svolge il suo ruolo e i manganelli ruotano lo stesso. I feriti saranno una ventina.
DAL TAVOLO di trattativa le notizie giungono con il contagocce e sono brutte. E così, quando il responsabile lavoro del Pd, Stefano Fassina, entra nell’angusta via Molise e si fa circondare dagli immancabili microfoni di stampa e tv, subito gli si avvicinano alcuni operai. Qualcuno parla di “delusione”, qualcun altro è un po’ più animato e subito attira l’attenzione degli altri. Attimi di confusione, si forma un parapiglia, Fassina è costretto ad andarsene, accompagnato dalla polizia. Gli operai Alcoa più avveduti, capendo che monterà la polemica, accusano alcune persone “estranee alla fabbrica” di aver dato vita alla contestazione. Ma che siano stati anche gli operai è evidente a tutti: due di loro, incuranti delle polemiche, lo dicono ai nostri taccuini: “Hanno rovinato l’Italia, qui non si devono far vedere”. E se venisse Bersani? “Meglio di no”, la risposta secca. Come politici va meglio a Cesare Damiano, sempre del Pd, che passeggia indisturbato prima di infilarsi nel ministero mentre a Paolo Ferrero di Rifondazione comunista vengono scattate foto con il caschetto in testa. La giornata prosegue al ritmo ossessivo dei tamburi e dei caschi sbattuti per terra. E dei petardi. Ne vengono sparati a centinaia. Alle 17,40 arriva la notizia che il ministro Passera è arrivato, sembra una buona cosa. Si ridà credito ai potenziali acquirenti Glencore e Klesh, ma gli operai ancora non si fidano. E a sintetizzare gli animi è Frano Bardi, segretario Fiom del Sulcis, al termine dell’incontro: “Questo governo si è mostra del tutto inconcludente”.

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