HOLLYWOOD Suicida a 68 anni il regista britannico, fratello di Ridley
HOLLYWOOD Suicida a 68 anni il regista britannico, fratello di Ridley
NEW YORK. «Senza esitazione». È così che i testimoni oculari hanno descritto la sequenza in cui, dopo essere sceso dalla sua Toyota Prius nera, Tony Scott ha scavalcato la rete divisoria e si è buttato (con un volo di circa sessanta metri) nella Los Angeles Harbor dal Vincent Thomas Bridge, il ponte che separa il distretto di San Pedro dalla Terminal Island, nei sobborghi industrial/portuali a sud di Los Angeles. Completamente privo di esitazione sembrava anche il cinema di questo sessantottenne regista inglese, stranamente del genere d’azione hollywoodiano, al punto di diventarne uno dei grandi protagonisti degli ultimi trent’anni. Il suicidio è avvenuto domenica poco dopo mezzogiorno. Secondo quando riportato dal Los Angeles Times, Scott ha lasciato nell’auto informazioni che servivano a identificarlo e, nel suo ufficio, una nota che spiegherebbe la ragioni del gesto. Il suo portavoce, Simon Halls, ha confermato la morte del regista, e chiesto privacy a nome della famiglia. Il tabloid newyorkese Daily News e la rete tv Abc hanno suggerito che la decisione di Scott sarebbe stata motivata dalla recente diagnosi di un cancro incurabile al cervello.
Al momento della morte, Scott era al lavoro su un sequel di uno dei suoi film più celebri, Top Gun (in cui sarebbe tornato Tom Cruise) e, in qualità di produttore, su Out of the Furnace (con Christian Bale, per la regia di Scott Cooper). Il suo nome figurava anche fra i produttori dell’atteso debutto hollywoodiano del regista coreano Park Chan Wok, Stoker e di di Promethues, il semi-prequel di Alien diretto da Ridley.
Rispetto a quello del fratello (maggiore) baronetto, il cinema di Tony Scott è sempre stato considerato più «crasso», commerciale. Di sicuro, i suoi film non hanno mai avuto le pretese intellettuali/artistiche di Blade Runner o Prometheus…Ma, scavando un po’, è facile scoprire che era proprio la mancanza di boria del suo lavoro, unita alla passione e alla visione di un cinema, fisico, muscolare, apertamente «industriale», di alto livello, che facevano di Tony Scott un autore apprezzatissimo dagli studios, ma anche dai colleghi registi americani. Solo due anni fa, il suo Unstoppable – Fuori controllo (treno d’avanguardia in corsa senza conducente), aveva dimostrato la durabilità della sua idea di cinema materico, di grande stilizzazione visiva, «maschile», persino un po’ blue collar (i suoi eroi sono sempre ancorati alla dimensione del lavoro -che siano agenti Cia, meccanici o guardie del corpo) e rilanciato una delle partnership più importanti della sua carriera, quella con Denzel Washington, che Scott ha diretto in ben cinque pellicole.
Dopo alcuni anni dedicati allo studio della pittura, l’ingresso nella casa di produzione tv di Ridley e una marea di patinatissimi spot pubblicitari, il suo primo film Miriam si sveglia a mezzanotte (una storia di vampiri con Catherine Deneuve e David Bowie) avrebbe lasciato prevedere una carriera più «all’europea». Ma, con il lavoro successivo, Top Gun (1986), il primo risultato della collaborazione con i produttori simbolo dell’azione hollywoodiana anni ottanta, Don Simpson e Jerry Bruckheimer, Scott non ha lasciato più dubbi suoi suoi interessi. «Inizialmente volevo fare Apocalypse Now su una portaerei. Poi ho capito: si trattava di rock’n’roll, jet argentati, cieli blu e ragazzi attraenti», aveva detto Scott in un’intervista rivelando che erano state alcune immagini di Bruce Weber a suggerirgli l’idea del look del film. Giorni di tuono, L’ultimo boy scout, Beverly Hills Cop II, Allarme rosso sono solo alcuni dei suoi successi di quegli anni.
La trama e le cosiddette «motivazioni dei personaggi» lo preoccupavano meno dell’impatto visivo e viscerale dei suoi film. Guardandola oggi, la sua esuberanza visiva e la capacità di sintesi (appresa alla scuola della pubblicità) sembrano anticipare il cinema quasi astratto di autori di blockbuster come Michael Bay. Ma Scott è sempre rimasto molto più attaccato alla terra del regista di Transformers. Tra i suoi lavori più strani (e uno dei pochi veri disastri di botteghino) il melodramma/thriller Vendetta, con Kevin Costner e Madeleine Stowe. Tra quelli più belli Una vita al massimo, che molti dei fan di Tony Scott (una razza diversissima dai cultisti di Ridley) considerano ancor oggi il miglior film di Quentin Tarantino (che lo aveva scritto pre-Pulp Fiction).
Attivo anche per il piccolo schermo, Tony Scott era tra i produttori per la Cbs delle serie The Good Wife e Numb3rs. Oltre al cinema amava le auto veloci, le Harley, i quadri di Robert Rauschenberg e Guido Reni e i sigari Monte Cristo. Si è sposato tre volte, l’ultima con la modella e attrice Donna Wilson.
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