Mi dichiaro reazionario

«Una roba da reazionari»: parole del presidente della Regione Puglia, Vendola, sulla vicenda dell’Ilva. Reazionario è chi vuole un paese «senza industria». Allora, mi dichiaro reazionario. Mi rattrista finire nella «pattumiera della storia», come dicevano i comunisti nei confronti di chi ostacola il progresso, cioè l’industria, cioè la classe operaia, cioè il socialismo. Ma quel che ho visto in questi giorni, su Taranto, mi ha spinto inesorabilmente verso la controrivoluzione.

«Una roba da reazionari»: parole del presidente della Regione Puglia, Vendola, sulla vicenda dell’Ilva. Reazionario è chi vuole un paese «senza industria». Allora, mi dichiaro reazionario. Mi rattrista finire nella «pattumiera della storia», come dicevano i comunisti nei confronti di chi ostacola il progresso, cioè l’industria, cioè la classe operaia, cioè il socialismo. Ma quel che ho visto in questi giorni, su Taranto, mi ha spinto inesorabilmente verso la controrivoluzione.
E’ certamente da reazionari innervosirsi quanto un giornale intitola che fermare l’Ilva è «un regalo alla Cina»: settimane fa, in un angolo di quell’immenso paese, migliaia di persone si sono ribellate, hanno invaso le strade e picchiato dirigenti del Partito comunista (già), contro la costruzione di una gigantesca cartiera di proprietà giapponese e delle chilometriche tubazioni che avrebbero riversato in mare ogni tipo di schifezza. Reazionario è di sicuro trasalire quando il ministro dell’ambiente esorta a lasciar funzionare la fabbrica una magistrata che non ha fatto che il suo dovere: tentare di impedire all’Ilva di uccidere ancora in una zona in cui i tumori al polmone – bambini inclusi – è del 30 per cento superiore alla media. E lo fa, Clini, dopo che il suo ministero, quattro anni fa, ignorò un rapporto drammatico dell’Arpa pugliese. E non c’è dubbio che è da reazionari trovare idiota il «piano per lo sviluppo» del ministro Passera, che punta sul petrolio nazionale: ne ha scritto benissimo, sul manifesto di martedì, Tonino Perna. Sfacciatamente reazionario è trovare curiosamente simile all’atteggiamento di Berlusconi quello del governo dei «tecnici» verso la magistratura: la differenza è che in un caso si trattava di Ruby Rubacuori, nel secondo – appunto – dell’industria nazionale. Nazionale, poi: è reazionario chiedersi quanto Riva sia «nazionale», visto che a quanto pare la capofila delle sue società ha sede in Lussemburgo, con un capitale di oltre 160 milioni? E come mai l’Ilva, deficitaria finché è stata pubblica, ha avuto una impennata di profitti un attimo dopo essere stata privatizzata? Sommamente reazionario, anzi qualunquista, è infine chiedersi come mai il caso sia esploso solo quando i magistrati hanno agito. Dove erano i politici, i nostri «rappresentanti»? Vendola dice che da quando lui è al governo della Regione la diossina è calata assai. Bene. Ma la domanda è: è possibile tenere i piedi in due scarpe, cioè con l’industria (di quel tipo e non solo) e con i polmoni dei cittadini? Mi sarei sentito meno reazionario se Vendola avesse pronunciato, a nome di tutta la politica presente e passata, queste parole: «Io oggi sono qui per chiedere scusa. Perché mi sento in colpa. Nei confronti dei miei colleghi. Dei miei concittadini. (…) Perché non ho mai trovato il coraggio di denunciare l’inquinamento dell’Ilva. Perché noi sappiamo qual è la verità, sappiamo cosa succede lì dentro. Ma da oggi dobbiamo trovare il coraggio di reagire, di denunciare. Per cambiare il futuro, tutti insieme».
A dirle, invece, è stato un operaio dell’Ilva, residente nel quartiere Tamburi, di fronte a una assemblea del «Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti»: un branco di reazionari.
www.democraziakmzero.org

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