L’isola felice della musica reggae espulsa dal Friuli, rinasce in Spagna

Al Rototom di Benicassim con i figli di Marley e Peter Tosh   

Al Rototom di Benicassim con i figli di Marley e Peter Tosh   

BENICASSIM (Spagna). Sembra una storia ai limiti del paradosso o, se preferite, una storia tipicamente italiana. Sta di fatto che il Rototom Sunsplash, glorioso e consolidato festival tutto dedicato alla musica reggae, dopo 16 anni di attività, è stato costretto a sloggiare da quel di Osoppo, in Friuli, dove l’appuntamento era nato e cresciuto, per cercare altrove la sua legittima possibilità di sopravvivenza. La ragione? Qualcuno che questa realtà proprio non la digeriva, e a cui queste masse di ragazzi felici e divertiti in pieno nordest davano terribilmente fastidio, ha scatenato una aggressiva campagna di ostilità, denunce, perquisizioni e controlli a tappeto, fino a rendere la vita impossibile agli organizzatori. E quindi la fuga, in Spagna, dove il festival è stato accolto a braccia spalancate. Oggi, alla sua diciannovesima edizione il Rototom si sviluppa nella zona alle spalle delle spiagge di Benicassim, vicino a Valencia, registra tra le venti e le venticinquemila presenze al giorno, 45 ettari occupati tra spazio festival e campeggi, con una folta rappresentanza, anche ovviamente italiana, di ragazzi di ogni nazionalità (fino a cento diversi paesi d’origine).
Esattamente come avveniva a Osoppo, il campeggio è un villaggio in cui per un’intera settimana (dal 16 al 22) i ragazzi provano a vivere in modo autonomo, lo spazio festival è un mosaico di culture, con banchetti di artigianato e cibo provenienti da ogni angolo del mondo, mentre dal main stage risuonano le note dei concerti principali: vecchie glorie del reggae come Max Romeo o i Congos, i figli di Marley e Peter Tosh guidati da Marcia Griffiths, che era una delle tre storiche vocaliste di Marley, i giovani dell’ultima leva giamaicana come Etana, più gruppi spagnoli, portoricani, italiani, che declinano il reggae in mille modi diversi. L’atmosfera è allegra e rilassata, tutto lascia intravedere il senso di un incontro fondato sull’arte dello stare insieme, sullo scambio, sulla solidarietà, propiziato dalle speciali e morbide vibrazioni della musica reggae.
Comprendere i motivi dell’accanimento con cui il festival è stato costretto all’esilio è piuttosto difficile. Il festival aveva assunto un rilievo internazionale, in quanto evento unico in Europa, con uno stretto gemellaggio con la Giamaica, ricevendo riconoscimenti di ogni tipo (nel 2010 anche dall’Unesco), considerando che la manifestazione è anche luogo di discussione con vari incontri nel pomeriggio su temi della democrazia, della cultura, dell’ecologia, e gli strascichi della vicenda hanno davvero dell’incredibile. I componenti del gruppo che organizza il Rototom sono stati sottoposti a intercettazioni telefoniche per mesi, come si trattasse di una organizzazione criminale, come risulta agli atti del processo in corso, senza che sia stato trovato il benché minimo elemento sul quale ipotizzare una forma di reato. Unico spiraglio per gli inquirenti è la possibilità che tra i ragazzi circoli della marijuana, cosa assai probabile in un festival reggae, come avviene in ogni raduno musicale del mondo. In realtà, attraversando lo spazio del festival si ha tutt’altra impressione: un’aria di soffuso pacifismo, un’isola felice priva di aggressività, dove ci si può divertire, assaporare una sensazione di libertà, senza arrecare alcun danno a chicchessia. Quest’anno poi il festival ha raccolto uno slogan lanciato dalla Giamaica: si festeggiano cinquant’anni di reggae. Non è solo il rock a essere nato nel 1962. Anche in Giamaica si stava consumando una rivoluzione musicale che dai primi gruppi ska è arrivata dritta fino all’apoteosi del reggae lanciato in tutto il mondo dalla personalità di Bob Marley. In Spagna tutto ciò può essere celebrato, anche se a farlo sono degli italiani, esiliati fuori dei nostri confini.

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