«Stranieri alla terra» di Filippo Tuena, pubblicato da Nutrimenti
Intrecci misteriosi fra il pittore Géricault, il vecchio Hemingway e il generale sudista ‘Stonewall’ Jackson
«Stranieri alla terra» di Filippo Tuena, pubblicato da Nutrimenti
Intrecci misteriosi fra il pittore Géricault, il vecchio Hemingway e il generale sudista ‘Stonewall’ Jackson
Il panorama della narrativa italiana degli ultimi decenni è nettamente dominato da una letteratura di grado medio. Mi riferisco a una costellazione di opere e di autori, talvolta, peraltro, di livello più che dignitoso, e nondimeno incapaci di andare oltre una certa idea monolitica e stereotipata della forma-romanzo, qual è quella imposta dal mercato editoriale. Gli esempi di narrativa alta, che ha il coraggio di sottrarsi agli standard imperanti per coltivare una propria e ben più ambiziosa poetica del racconto, sono invece rarissimi. Tra questi, spicca l’opera narrativa di Filippo Tuena, che è riuscito imporsi all’attenzione del pubblico con opere assai eterodosse e lontane dagli attuali canoni del romanzesco, come Le variazioni Reinach (2005) e Ultimo parallelo (2007).
Stranieri alla terra (pp. 352 – euro 18,50), da poco pubblicato per Nutrimenti ma già oggetto di molte entusiastiche recensioni, è forse il libro più complesso e maturo di Tuena in virtù di un’architettura letteraria che intreccia magistralmente ricostruzioni storiche e autofiction, pagine saggistiche e narrazione pura, capitoli in prosa e poemetti in versi. L’ars poetica di questo «romanzo atipico», come lo definisce la bandella, è affidata al poemetto Lo scrittore è un avventuriero innamorato, collocato al centro del volume, che è imperniato su un’idea di scrittura come «ascesa», come ardua scalata verso le cime più alte dell’invenzione letteraria, che la maggior parte dei narratori italiani contemporanei non tentano neanche di raggiungere rimanendo bloccati nella palude della medietà: «chi scrive sarà visto da lontano, / figura maiuscola e solitaria / aggrappata a una parete rocciosa, sul punto / di salirla faticosamente e al limite del rischio continuo». Ben consapevole dei propri rischi, Tuena conferisce al suo volume una struttura che aspira alla totalità e presenta alcune tipiche caratteristiche della cosiddetta «opera mondo». La prima parte è suddivisa in quattro capitoli: Ritratto dello scrittore come toro – un’istantanea della vita del vecchio Hemingway che sta ormai perdendo la memoria -, La zattera di Géricault – che è insieme una ekphrasis del quadro eponimo e una ricostruzione biografica del tormentato rapporto del pittore con il figlio illegittimo -, Le ultime parole del generale Thomas ‘Stonewall’ Jackson – rievocazione degli ultimi momenti di vita del generale sudista rimasto ucciso da fuoco amico -, La traversata notturna di Manhattan – che segue le tracce del jazzista Bix Beiderbecke, divorato dall’alcolismo, attraverso le strade di una New York cupa e minacciosa.
Nella seconda parte del volume, inaugurato dal succitato poemetto Lo scrittore è un avventuriero innamorato, l’autore sposta il focus della narrazione su se stesso, raccontando un proprio viaggio in motocicletta – che è anche e soprattutto un tragitto mentale -, che prende il via da Milano e si conclude emblematicamente a Roma, presso il cimitero del Verano, dove riposano le spoglie dei genitori. Chiude il libro il resoconto di una visita fiorentina al complesso di San Lorenzo e alla Sagrestia Nuova di Michelangelo (a cui Tuena ha già dedicato vari e importanti contributi, a cominciare dal bel volume Michelangelo. La grande ombra, ristampato da Fazi nel 2008). Va aggiunto che Tuena, alla maniera di Sebald, a cui potrebbe essere per certi aspetti avvicinato, intercala suggestivamente ai brani scritti foto e immagini inerenti ai temi di volta in volta affrontati.
Ogni capitolo di Stranieri alla terra è in qualche modo autonomo eppure, al tempo stesso, funzionale al disegno complessivo dell’opera. In un libro in cui «tutte le storie s’incontrano», ognuna contiene almeno un filo che la ricongiunge alle altre. Per limitarci al primo capitolo, il toro che ossessiona Hemingway è lo stesso che ritroviamo in uno schizzo di Géricault riprodotto e commentato nel capitolo successivo, mentre la vicenda del generale Jackson è annunciata in uno degli estremi vaneggiamenti dello scrittore americano. Inoltre, come suggerisce il titolo, ogni protagonista delle storie di Tuena testimonia di un sentimento di estraneità alla terra, di fatale inadeguatezza a un mondo che appare intrinsecamente inospitale. Ma ciò che rende il libro organico, pur nella sua frammentarietà, è il leitmotiv dell’appressamento della morte, che assilla i personaggi storici raccontati (quasi tutti colti sulla soglia del traguardo della loro esistenza) non meno che l’autore stesso nel corso del suo itinerario motociclistico. Se, come osservò Alberto Savinio, pensare significa pensare alla morte, per Filippo Tuena scrivere significa innanzitutto scrivere della morte e delle cose ultime. Lo testimonia, fra l’altro, il suo stile nitido e disadorno, che illumina direttamente l’essenza spettrale delle cose.
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