Lo storico / JIRI HOPPE (ACCADEMIA DELLE SCIENZE) È IL PRINCIPALE STUDIOSO CECO DI QUEL PERIODO
Lo storico / JIRI HOPPE (ACCADEMIA DELLE SCIENZE) È IL PRINCIPALE STUDIOSO CECO DI QUEL PERIODO
PRAGA. Jiri Hoppe è uno dei principali storici cechi del periodo della Primavera di Praga. Il suo lavoro si svolge all’interno dell’Istituto per lo studio della storia contemporanea dell’Accademia delle scienze (Ustav pro soudobe dejiny Akademie Ved CR). Tuttavia Hoppe non disdegna anche un impegno più divulgativo, come mostra il sito sulla storia del 1968 da lui curato all’interno di un progetto dell’Istituto in cui lavora.
Qual è stato secondo lei il maggior contributo della Primavera di Praga?
Come storico e come cittadino, ritengo che il maggior contributo sia stato l’abolizione della censura nei mezzi di comunicazione, avvenuta nel marzo del 1968. La liberazione dei media è stata considerata dai Cechi e dagli Slovacchi come un piccolo miracolo e fu una conquista fondamentale della Primavera di Praga. In quel periodo la stampa, le radio e la televisione si concentrarono su tre temi principali: sulla valutazione del passato, e soprattutto dei processi degli anni ’50, sul futuro, ossia sulla discussione riguardo all’organizzazione dello stato e della politica, e sul dibattito circa il modello di società. I media di allora si distinguevano per la loro alta qualità linguistica, e non sorprende, che la stampa di quell’anno veniva conservata dalle famiglie in degli archivi domestici. Lo posso testimoniare io stesso, che grazie ai miei genitori ho avuto accesso a tutta la produzione letteraria e di stampa di quell’anno. Si può dire che sono cresciuto leggendo i giornali, le riviste e i libri stampati nel 1968. E non ero affatto solo, anzi la maggior parte della mia generazione ha avuto un percorso simile. I saperi appresi per questa via hanno avuto poi un ruolo importante nel 1989 e nel periodo successivo.
Quali furono i temi principali di quel periodo?
Si trattava soprattutto di un dibattito libero e non teleguidato dall’alto. In quel periodo uscirono degli ottimi articoli sul bisogno di una maggiore democraticità, sulla riforma del socialismo e del sistema esistente, e sulla garanzia dei diritti e delle libertà personali e civili. E in quasi tutti gli articoli ritornava il dibattito sulla inadeguatezza del «ruolo guida del Partito comunista cecoslovacco nella società e nello Stato», introdotto nella Costituzione cecoslovacca nel 1960. Questo principio fu negato proprio dall’abolizione della censura e nei dibattiti di quel tempo si era in ricerca di un modello adeguato dell’esercizio del potere.
Sul piano legislativo però fu approvata soltanto una parte delle riforme proposte dal gruppo dirigente del nuovo corso. Tuttavia secondo lei si può dire che i maggiori cambiamenti siano avvenuti nella vita quotidiana, nella società e in una maggiore partecipazione politica?
In quel periodo le persone erano diventate senz’altro più interessate alle questioni politiche e soprattutto credevano di poter cambiare con le loro forze «lo stato delle cose presente». Inoltre, com’è naturale, la maggior parte delle persone avevano l’interesse ad aumentare il loro benessere sociale, e chiedevano aumenti salariali, a cui il governo rispose con un aumento del 10% degli stipendi. Per quanto riguarda la partecipazione politica, il ruolo principale spettava al Partito comunista, che aveva 1,7 milioni di iscritti su una popolazione di 14 milioni di abitanti. Tuttavia credo che un ruolo molto importante fu svolto da altre tre associazioni indipendenti con ambizioni politiche: si trattava della socialdemocrazia, del «Club degli indipendenti impegnati» e del «K 231», che raggruppava gli ex prigionieri politici.
Secondo lei la Primavera di Praga sta ricevendo un’attenzione adeguata dalla storiografia ceca attuale?
In linea di massima sì. Nell’Istituto per la Storia Contemporanea dell’Accademia delle Scienze, in cui lavoro, curiamo da ormai 19 anni una collana che si concentra sulla Cecoslovacchia, sul Partito comunista cecoslovacco e sulla società cecoslovacca di fine anni 60. E da lì vediamo che la Primavera di Praga non corrisponde affatto a una visione storiografica basata sul paradigma del totalitarismo.
Che livello di consapevolezza c’è della Primavera di Praga nelle scuole ceche di oggi?
Quando andiamo nelle scuole medie e superiori della Repubblica ceca vediamo delle situazioni molto differenti. Da una parte ci sono delle conoscenze piuttosto approfondite sul periodo e sulla società d’allora, dall’altra c’è un terribile livello di ignoranza. Ma, credo, che così avvenga in tutto il mondo.jakub hornacek
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