Incrinature del silenzio maschile

«Maschi» di Arnaldo Spallacci e «L’invenzione della virilità » di Sandro Bellassai. A alimentare i «men’s studies» è la volontà  (e la necessità ) di vedere come particolare quello che prima si dava per scontato come generale

«Maschi» di Arnaldo Spallacci e «L’invenzione della virilità » di Sandro Bellassai. A alimentare i «men’s studies» è la volontà  (e la necessità ) di vedere come particolare quello che prima si dava per scontato come generale

Il maschio, chi era costui. Sembra che il verbo al passato sia obbligatorio per denotare lo scarto, il passaggio tra un prima e un dopo, un’era di dominazione contrapposta alle acque torbide di una crisi (sempre lei!) che sbiadisce gli opposti e obbliga alla navigazione a vista tra i cocci dei ruoli. La rottura, come spesso succede, viene etichettata alternativamente come giusto guiderdone o triste sconfitta, ma ancora in un’ottica binaria, forse perché era la più adatta al platonismo serpeggiante dell’Occidente, e resta la più comoda nel momento d’oro dei linguaggi digitali. Oppure si scioglie nelle nebbie del postmoderno, nella paralizzante complessità paradigmatica che dà conto dello sminuzzamento, del polverizzamento, dell’atomizzazione, ed esaurisce così la ricerca di un senso che viene dato come eventualmente di là da venire, da conquistare o, nel migliore dei casi, da abdicare con rassegnazione.
È proprio la modalità mentale del controllo, dell’organizzazione a essere messa in crisi e qui si torna a bomba (con «spaventosa» citazione) sui problemi storici della mascolinità e della virilità. Problemi ad ampio spettro, che toccano nervi psicologici, sociali, intimi e pubblici, che imbibono politica e potere, speculazione e quotidiano. Ne dà un compendio, un buon compendio, Maschi di Arnaldo Spallacci, uscito per il Mulino (pp. 198., euro 12). Sociologo in forze all’Università di Bologna, Spallacci è firma nota negli studi di genere e qui, con tono divulgativo ma rigoroso tenta una panoramica leggera (a cominciare dall’azzeccata copertina che non si nega all’ironia) ma piuttosto incisiva sulle ricadute della decostruzione moderna, lenta ma incessante, del patriarcato «tradizionale».
Da qui, dallo sfaldarsi di un’integrità percepita come assoluta e soprattutto universale, hanno origine, in modo all’apparenza ossimorico, sia la parte «conflittuale» dei rapporti tra generi, sia il progressivo «stato confusionale» dell’autopercezione del maschio e l’inesorabile erosione degli opposti. Parte, Spallacci, mettendo alcuni paletti, definendo, per chi non c’era, la parabola concettuale dei gender studies che, partiti dalla sacrosanta femminocentricità militante si sono riversati, non senza intoppi, sul tentativo di incrinare una delle imputazioni più nevralgiche opposte da sempre alla virilità: il silenzio, l’indicibilità.
È proprio la volontà (o la necessità) di creare un logos sul maschio che ha alimentato dalle origini i men’s studies, il tentativo di vedere come particolare quello che si dava per scontato come generale, di rendere la condizione di maschio separata da quella di «uomo», non neutra, non razionalmente generalizzabile. Da qui si dipanano, tra excursus storici e tematici, i mille rivoli della decostruzione del maschio: la messa in discussione del patriarcato, il mutamento della paternità, la sconfessione (e l’eterno rispuntare) della violenza, la femminilizzazione, l’esposizione al giudizio del corpo maschile, la «sofferenza» del maschio, i «costi» della virilità, la fine del «dividendo maschile» e potrei continuare a oltranza perché, come si intuisce, i campi di applicazione dell’approccio sessuato possono coprire la totalità dello scibile (e del vivibile), in entrambe le metà del cielo.
Questo libro, dichiaratamente parziale ma ampio, noi l’abbiamo letto con profitto. Con occhio non accademico, sicuramente. Con occhio di lettore «letterario» e con occhio, in ultima analisi, di maschio. E ne abbiamo colto, su tutto, la pervasività delle connessioni. Se, in qualunque disciplina, il voler ridurre a unico paradigma conduce spesso a forzature, in questo caso si tratta piuttosto di vedere l’aspetto sessuato in contesti che, per il maschio medio, sono ancora dati per scontati, soprattutto nell’elaborazione del pensiero. L’auspicio, essendo l’estate tempo di auspici, è che libri come questo portino acqua al mulino di un umanesimo che comprenda la «storia» e la «antropologia» della differenza per superarle. Un umanesimo che prenda coscienza delle sue dicotomie storiche anche e soprattutto quando cozzano in «generi», e le superi senza cadere nelle mollezze della resa alla complessità, il nuovo deus ex machina che rimuove di fatto i nodi lasciando spazio alle più crude revanche dell’atavismo, di nuove riduzioni bipolari. Tutto questo non per vezzo, per mania di controllo o altre pulsioni cartesiane. Rompendo anzi la scorciatoia retorica e concettuale che sovrapponeva il maschile all’universale, soprattutto nella definizione del pensiero.
Si tenti dunque di raggiungere un universale di pensiero non sessuato che permetta il dispiegarsi di ogni incoercibile differenza, ad esempio. Si affilino le armi in un contesto che con lo scioglimento delle opposizioni ha destituito di senso il conflitto, la «lotta» come è stata intesa per secoli. I cambiamenti qualitativi indotti dalla smisuratezza quantitativa, oltre che essere ancora lungi dall’affioramento nella consapevolezza globale, hanno per ora avuto come conseguenza una sostanziale paralisi che paga anche un confronto generazionale (educatamente) impari. Forse è ora che l’umano (ri)cominci a fare, davvero, i conti con quello che è, che è ora e qui (due concetti mai così fluidi), prima di scomparire insieme alle sue tracce cementizie. Ci si renda conto che il nostro è il tempo dello smussamento, del declino delle opposizioni, il che rende le cose non più facili, ma enormemente più difficili. Viene alla mente un piccolo saggio del filosofo tedesco Byung-chul Han, che ha per titolo, calzante, La società della stanchezza (nottetempo, pp. 83, euro 6) e che, partendo dall’esperienza della depressione, lancia interessanti sassi nello stagno dell’indistinto.
Ma torniamo a noi recuperando un altro buon libro, uscito l’anno scorso per Carocci, L’invenzione della virilità, di Sandro Bellassai, anche lui orbitante su Bologna, studioso di lungo corso di cultura politica contemporanea (pp. 182, euro 17). In quello che è, a tutti gli effetti, un saggio di retorica politica, Bellassai analizza la nascita e lo sviluppo, nell’Italia dal primo Novecento ad oggi, di quello che chiama «virilismo», ovvero un progetto retorico/estetico/strategico che, in modo più o meno cosciente a seconda dei periodi, avrebbe «sessuato» la gestione del potere su più livelli da parte di un gruppo maschile minacciato nel suo perpetrarsi come dominante. Fatta salva l’avvertenza di cui sopra sui pericoli della reductio ad unum, alcuni aspetti dell’analisi convincono. L’estetica pervasiva del monolite fascista, ad esempio, è impregnata di virilità impaurita, estrema nel suo essere coatta. E azzeccate riflessioni si possono fare sul rifiuto della decadenza fisica mista a volontà di «potenza», tipica del «tardo impero» italiano degli ultimissimi (e per niente superati) anni.
Il conflitto di genere sembra dunque niente affatto sanato, semmai anche lui atomizzato, distratto dal moltiplicarsi dei fronti, in ultima analisi refrattario alla binarietà (e lascio volutamente fuori non perché non pertinente ma perché enorme, il discorso sulla moltiplicazione dei generi e sulla caleidoscopizzazione del concetto di sé). E anche la centralità degli studi retorici, intesi come ideale nodo gordiano tra riflessione sui linguaggi e teoria del potere, appare ben più marcata nei fatti rispetto all’esiguo numero di cattedre che ormai vanta negli atenei. La decrittabilità del potere sarà sempre meno raggiungibile, man mano che si continuerà a ridurre la retorica a stile o, peggio, a volgarità. Dunque si mediti, se ne colga l’occasione, specie se dotati di pene. Prima che l’autunno ci strappi al relativismo estivo per riportaci alle tiepide case e ai loro tuttora ferrei rolegame.

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