LA MOSTRA EGIZIANA Da Pixelated revolution a La fine del tempo
Dai video dell’esercito siriano ai 30mila libri trafugati da Israele nel 1948 a Gerusalemme. Le nuove mappe contemporanee esposte all’Hotel Viennoise
LA MOSTRA EGIZIANA Da Pixelated revolution a La fine del tempo
Dai video dell’esercito siriano ai 30mila libri trafugati da Israele nel 1948 a Gerusalemme. Le nuove mappe contemporanee esposte all’Hotel Viennoise
In «Pixelated revolution», Rabih Mrouè documenta la morte dei ribelli siriani. L’artista libanese ha raccolto immagini postate su Youtube di uomini che hanno filmato con il cellulare la loro morte. Si vedono le sfide tra soldati armati e una telecamera. Obiettivo dell’esercito siriano è il video prima dell’uomo. L’installazione ha la forma di una lezione, Mrouè spiega come semplici immagini dai cellulari, raccolte da gente comune nelle rivolte siriane, possano essere usate senza manipolazioni, sullo stile del gruppo danese «Dogme 95», fondato da Lars von Trier e Thomas Vintenberg. Questa è una delle installazioni di artisti del Medio oriente alla Documenta, che si tiene ogni cinque anni a Kassel in Germania. Quest’anno la grandissima esposizione, nata dal restauro del Fridericianum, antico museo della città sul fiume Fulda, andato completamente distrutto dopo i bombardamenti nella seconda guerra mondiale, si è fatta in tre, raggiungendo anche il Cairo, Alessandria e Kabul.
In «ex libris», la fotografa palestinese Emily Jacir si occupa di saccheggi, distruzione e restituzione di libri. Ha iniziato le sue ricerche nella biblioteca Murhard di Kassel sui volumi andati distrutti nei bombardamenti del 1941. La biblioteca nazionale ebraica di Gerusalemme ovest ha raccolto quasi trenta mila libri, trafugati dalle forze armate israeliane durante la guerra del 1948. Molti di questi libri, che Jacir ha fotografato con il suo cellulare, sono sopravvissuti a più di un attacco ma non sono mai stati restituiti ai palestinesi.
Ambizioso è il tentativo dell’artista libanese, Walid Raad, in «Scratching on things I could disavow: a history of art in the Arab world». Un muro in macerie raccoglie foto e pezzi di giornale della storia del Medio oriente talmente minuscoli da essere difficilmente decifrabili. L’artista individua cronache di guerra che causano drammi profondi. Nella mappa dell’artista del movimento «Atlas», la sua esperienza giovanile nella guerra civile libanese gli permette di correre sulla linea che divide prove concrete e manipolazione/ricezione dei dati. Sorte ben più tragica ha colto Ahmed Bassiouny, video artista egiziano, morto negli scontri del gennaio 2011 in piazza Tahrir. Le ultime immagini del giovane sono proiettate su un piccolo computer portatile del Fridericianum. In contrasto con la gioia di quattro amici che passeggiano per il centro del Cairo con l’entusiasmo dei giorni della «rivoluzione».
Nelle grandi sale dedicate ad artisti arabi, il libanese, Akram Zaatari, cofondatore della Fondazione araba dell’immagine, lavora sulla circolazione delle immagini di conflitti e violenze in Medio oriente. In «Time capsule», Zaatari descrive la conservazione delle opere d’arte. Con una critica sull’uso degli archivi fotografici, l’artista riprende il tentativo del museo nazionale di Beirut di sigillare tutte le sue opere durante la guerra civile libanese. Ma di maggior interesse è un suo video in 16 millimetri «La fine del tempo» che rappresenta due amanti con tre attori. Gli uomini, nel video in bianco e nero, definiscono con efficacia l’inetavibilità di un rifiuto.
La Documenta del Cairo è ospitata dall’hotel Viennoise nel centro della città. Come a Kassel, si parla di reazione all’assedio. L’evento è nato da un’idea di 25 giovani artisti egiziani di curare un’esposizione indipendente. Il collettivo ha deciso di non avere un tema comune e di autofinanziare l’evento. La Documenta è uno dei rari momenti culturali senza finanziamenti pubblici in Egitto. Nonostante la resistenza creativa dei movimenti di graffitari, teatranti e musicisti in piazza Tahrir nel 2011, il sistema di finanziamenti di progetti culturali, ancora legati a doppio filo ai controlli del ministero della cultura, non è mutato in Egitto. In «Senza veli», Ibrahim Saad proietta dei documentari su statue nascoste: dai soldati iracheni che coprono il busto di Saddam Hussein ai tifosi di calcio egiziani che hanno coperto la statua dello scrittore Mohammed Naguib dopo la vittoria dell’Egitto contro l’Algeria.
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