«In un sistema caratterizzato dalla obbligatorietà  dell'azione penale i reati - tutti i reati - vanno perseguiti in qualunque contesto siano commessi. È un principio fondamentale dello Stato di diritto per garantire legalità  e coesione sociale. Indubbiamente alla Maddalena, il 27 giugno e il 3 luglio, sono stati commessi dei reati, alcuni dei quali gravi. A fronte di ciò nessuno può invocare l'impunità ».

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No Tav, reati azione penale e garanzie

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«In un sistema caratterizzato dalla obbligatorietà  dell’azione penale i reati – tutti i reati – vanno perseguiti in qualunque contesto siano commessi. È un principio fondamentale dello Stato di diritto per garantire legalità  e coesione sociale. Indubbiamente alla Maddalena, il 27 giugno e il 3 luglio, sono stati commessi dei reati, alcuni dei quali gravi. A fronte di ciò nessuno può invocare l’impunità ».

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«In un sistema caratterizzato dalla obbligatorietà  dell’azione penale i reati – tutti i reati – vanno perseguiti in qualunque contesto siano commessi. È un principio fondamentale dello Stato di diritto per garantire legalità  e coesione sociale. Indubbiamente alla Maddalena, il 27 giugno e il 3 luglio, sono stati commessi dei reati, alcuni dei quali gravi. A fronte di ciò nessuno può invocare l’impunità ».

Così inizia la mia analisi di alcuni provvedimenti giudiziari nei confronti di manifestanti No Tav nel libro, scritto con Marco Revelli, «Non solo un treno… La democrazia alla prova della Val Susa». Come abbia fatto Ettore Boffano (nell´articolo di ieri «Caselli e Pepino, strade diverse al bivio della Tav», la Repubblica, pagine di Torino) a leggervi che, secondo me, «tirare sassi, biglie d´acciaio e acidi contro le forze dell´ordine o assaltare un cantiere pubblico non dovrebbe più essere perseguito» mi è davvero difficile capire.
Ho scritto tutt´altro. E cioè che il – doveroso – esercizio dell´azione penale deve sempre accompagnarsi, anche (e soprattutto) nei contesti di grande tensione, a un rigoroso rispetto delle garanzie ed evitare confusioni tra responsabilità individuali e comportamenti collettivi. Ovviamente lo ribadisco: credo che «afferrare per un braccio un operatore di polizia allo scopo di ostacolarne l´avanzata», «ostruire il passaggio delle forze dell´ordine con una paratia mobile», usare la propria stampella per opporsi agli agenti intenti a «rimuovere un cancello» siano cose del tutto diverse dal lanciare sassi o biglie e ritengo che considerarle equivalenti ai fini della emissione di misure cautelari non sia una scelta appropriata. Così come credo che sia una forzatura accusatoria contestare ai manifestanti a titolo di lesioni persino le «irritazioni congiuntivali o delle mucose» sofferte da alcuni agenti a seguito del lancio, da parte della polizia, di gas lacrimogeni, o l´affermazione che «il carcere è il minimo presidio idoneo a fronteggiare le esigenze cautelari» (sic!). Potrei continuare, ma l´esemplificazione è sufficiente a chiarire il senso e il segno del mio intervento, che può essere condiviso oppure no ma che meriterebbe di essere discusso per quel che è. Aggiungo che questa presa di posizione – a differenza di quanto ritiene Boffano – non ha nulla di repentino o di imprevedibile ma corrisponde a un costume a cui mi sono attenuto sin dal mio ingresso in magistratura, nel lontano 1970, allorché contribuii alla redazione di un documento (anche allora assai contestato) di critica alle modalità di gestione del processo per la strage di piazza Fontana… Ritenevo allora, e ritengo oggi, che la credibilità della giurisdizione poggi sul rispetto delle garanzie di tutti. Per fortuna non sono da solo. Qualche anno fa la Corte Suprema di Israele, nel dichiarare illegittima la costruzione del muro di Gerusalemme scrisse parole esemplari: «Il nostro compito è difficile. Noi siamo membri della società israeliana, che non infrequentemente è colpita da un terrorismo impietoso. Siamo coscienti che nel breve periodo questa decisione non renderà più facile la lotta dello Stato contro coloro che gli si levano contro. Ma noi siamo giudici. Quando affrontiamo un giudizio noi siamo soggetti (soltanto) al diritto». Ovviamente vi fu chi dipinse la Corte come complice del terrorismo…
Un´ultima nota. Non penso che criticare un provvedimento significhi attaccare i magistrati che ad esso hanno concorso. È una personalizzazione che fa parte della barbarie in cui viviamo, ma, appunto, si tratta di una barbarie e, anche per questo, non mi appartiene.

Risponde Ettoire Boffano:

Mi ero risparmiato, nel commentare il saggio di Livio Pepino, di citare la sua nota nel quale commenta le scritte apparse sui muri di Torino e di molte città italiane nelle quali il procuratore Gian Carlo Caselli è definito ora come «mafioso», ora come «assassino», ora come degno di atti di giustizia popolare. Pepino così commenta: «Il fatto provoca l´indignazione e la presa di distanza di tutte le organizzazioni politiche, a cominciare dal Movimento No Tav… Doverosamente, ché quelle minacce – anche a prescindere dalla loro infondatezza (su cui ovviamente va tenuta alta la guardia) – sono il segno di un imbarbarimento del costume, dell´etica e del rispetto dell´altro che minano la convivenza civile (com´è ben noto al Movimento No-Tav per averlo ripetutamente sperimentato ai danni di propri esponenti)».
Il tono complessivo di tutte queste frasi la dice lunga sul pensiero dell´ex segretario di Magistratura democratica, ma due passaggi meritano di essere sottolineati: l´ineffabile inciso sulla «fondatezza» delle minacce e il tentativo di Pepino di costruire un oscuro e sconosciuto «terzo soggetto», diverso sia dal destinatario di quelle minacce sia dal Movimento No Tav, e autore materiale di quelle scritte. In realtà, le contestazioni violente avvenute a Torino, Milano e Genova durante dibattiti che avevano Caselli come ospite, hanno spiegato molto bene a quale area vadano attribuite tali scritte: quella di quell´antagonismo che oggi è una parte riconosciuta ma violenta delle manifestazioni No Tav, che Pepino conosce molto bene e che è stata oggetto delle ordinanze della Procura di Torino che oggi egli critica nel modo che ho oggettivamente descritto. E verso le quali, anche lui farebbe bene a tenere alta la guardia.

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