MERCOSUR Il Venezuela entra, esce il Paraguay

Il 31 luglio di quest’anno il Venezuela entrerà  a pieno titolo nel Mercado Comàºn del Sur (Mercosur). Lo ha annunciato ieri la presidente dell’Argentina, Cristina Fernà¡ndez, durante il vertice del blocco regionale che si è svolto a Mendoza, nel suo paese. «Questa è una giornata storica che il Venezuela aspettava da 13 anni», ha detto Hugo Chà¡vez da Caracas, e ha definito la decisione «una lezione di etica e di politica vera e una disfatta sia per l’imperialismo nordamericano che per le borghesie lacchè della regione».

Il 31 luglio di quest’anno il Venezuela entrerà  a pieno titolo nel Mercado Comàºn del Sur (Mercosur). Lo ha annunciato ieri la presidente dell’Argentina, Cristina Fernà¡ndez, durante il vertice del blocco regionale che si è svolto a Mendoza, nel suo paese. «Questa è una giornata storica che il Venezuela aspettava da 13 anni», ha detto Hugo Chà¡vez da Caracas, e ha definito la decisione «una lezione di etica e di politica vera e una disfatta sia per l’imperialismo nordamericano che per le borghesie lacchè della regione». In questo modo – ha fatto notare ancora il capo di stato venezuelano – il blocco regionale «avrà una delle maggiori riserve di gas, petrolio e acqua di tutto il continente». A sbarrare il passo a Caracas, in questi anni, aveva pensato il senato del Paraguay: egemonizzato dal Partido Colorado, maggioritario anche alle ultime elezioni che avevano portato al governo il presidente Fernando Lugo. Ma dopo la destituzione dell’ex «vescovo dei poveri» provocata il 22 giugno proprio dal senato di Asunción, i paesi progressisti dell’America latina avevano protestato contro il «golpe istituzionale» e sospeso il Paraguay «fino al ripristino dell’ordine democratico». Il nuovo capo di stato, Federico Franco – l’ex-vicepresidente, appartenente alla parte più a destra dell’alleanza di governo, il Partido Liberal Radical Auténtico (Plra) – subentrato a Lugo, non era stato invitato e il Mercosur aveva preannunciato sanzioni. «Moltissimi fratelli della Repubblica del Paraguay vivono e lavorano in Argentina da anni. Non crediamo alle sanzioni economiche, perché non le pagano i governi, ma i popoli», ha detto però Cristina Fernández alla Cumbre di Mendoza, ricordando il feroce «bloqueo» imposto dagli Usa a Cuba. Al contempo, ha motivato la sospensione del Paraguay usando toni molto duri contro la destituzione di Lugo: «La legalità e la legittimità in Sudamerica – ha aggiunto – sono indissolubilmente legate alla stabilità di cui la regione ha bisogno per continuare a crescere in pace, soprattutto in un momento molto complicato a livello internazionale. Dobbiamo consolidare l’unità politica ed economica del blocco regionale mettendo al centro la crescita e l’inclusione sociale». Dopo il vertice continentale della Unión de Naciones Suramericanas (Unasur), riunito in contemporanea a Mendoza, le ha fatto eco il suo ministro degli esteri, Héctor Timerman: «Non si può sottovalutare che negli ultimi anni ci sono stati golpe e tentativi di colpi di stato contro i governi legittimi – ha affermato Timerman – esistono gruppi di potere interessati a interrompere il processo democratico». Poi ha citato il tentato colpo di stato contro il governo Chávez (2002), quello «separatista» in Bolivia contro Evo Morales (2008) e in Ecuador contro Rafael Correa (2010). E quello realizzato in Honduras contro il governo di Manuel Zelaya il 29 giugno del 2009 «Non vogliamo che si ripetano», ha detto. Quindi ha comunicato la decisione di sospendere il Paraguay e di inviare un gruppo di osservatori di alto livello ad Asunción. Intanto, davanti all’ambasciata del Paraguay, a Buenos Aires, i movimenti sociali manifestavano il loro sostegno al popolo paraguayano.

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