Nel 1996 Mario Capanna, leader del Sessantotto, pubblicava da Rizzoli un saggio da titolo Il fiume della prepotenza. Critica della ragione moderna. Era costato due anni di ricerche al vecchio studente di Ludovico Geymonat. Il libro, vincitore tra l’altro del Premio Walter Tobagi, dovette essere subito ristampato. In questi giorni, a distanza di oltre un quindicennio, l’opera viene riproposta da Betelgeuse Editore di Verona (pp. 228, 10).
Nel 1996 Mario Capanna, leader del Sessantotto, pubblicava da Rizzoli un saggio da titolo Il fiume della prepotenza. Critica della ragione moderna. Era costato due anni di ricerche al vecchio studente di Ludovico Geymonat. Il libro, vincitore tra l’altro del Premio Walter Tobagi, dovette essere subito ristampato. In questi giorni, a distanza di oltre un quindicennio, l’opera viene riproposta da Betelgeuse Editore di Verona (pp. 228, 10). Se si esclude la nuova prefazione, il testo è quello del 1996. Non c’era nulla da cambiare perché la realtà ha confermato l’analisi. Capanna ha dovuto soltanto aggiungere la prepotenza finanziaria manifestatasi con la «bolla speculativa del 2008», la medesima che ha innescato la crisi economica mondiale. E ha ricordato, tra l’altro, la «dittatura globale del profitto», ultimo parto di questa parola che i greci chiamavano hybris (termine carico di sfumature: significa anche insolenza, tracotanza, violenza; nonché insulto, oltraggio). E il Vocabolario etimologico di Ottorino Pianigiani — la prima edizione è del 1907 — ricorda come «prepotente» sia composto da «prae», avanti, e da «potentem», ovvero dal participio di «posse», cioè potere. In soldoni, siamo alla presenza di un soverchiatore, di un soggetto che vuole tutto a modo suo. Capanna nota che il prepotente è necessariamente violento e ne sottolinea le caratteristiche in questo ambito: «Della violenza si dice spesso che è “cieca”. La prepotenza, invece, “vede bene”, anzi possiede quasi sempre una vista acutissima, che le permette di scegliere con cura obiettivi e modi di agire».
L’opera ha conosciuto nel 2011 una realizzazione teatrale. La sua attualità sta nel fatto che la prepotenza ormai si è tolta la maschera, si mostra senza complessi e mette in crisi le regole che le società hanno faticato a concordare. E questo va detto anche se non è inestirpabile: costruire l’equilibrio tra persone e popoli — nota Capanna — costituisce il suo superamento (in ciò sta anche il fondamento della felicità). Se nel libro si ricorda la presenza nella Bibbia, a Cartagine o a Hiroshima, tra i Conquistadores o le sue fonti greche, ognuno di noi può incontrarla al mattino uscendo di casa. La hybris, insomma, ogni giorno ritorna sulla terra e frequenta ambienti leggermente diversi che nel passato. Da parte sua Capanna sottolinea: «La prepotenza ha fatto un terribile salto di qualità avendo a disposizione l’apparato scientifico tecnologico e l’autoreferenzialità del profitto. La novità di speranza è che finalmente a contrastarla si leva la coscienza di responsabilità degli individui e dei popoli». Certo, i segni non mancano, ma è altresì vero che essa sta condizionando le regole democratiche. Non occorrono dotte spiegazioni per accorgersi che il mondo non è più governato dai politici e che essi sono diventati i portaordini degli ambienti economici e finanziari. Sussurra Capanna: «Lo spread si comporta come i carri armati di qualche decennio fa».
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