LE ILLUSIONI PERDUTE DELLA SINISTRA

    «I O VOTO per il PRI» mi ha detto il tassista. Mi sono chiesto se buttarmi dalla macchina in corsa senza pagarlo, con il rischio di rompermi il collo, per cominciare a educarlo su cosa sarebbe una città  governata da quelli del Pri o sfoderare le mie migliori prove contro il ritorno dei compagni di Ali Babà . I suoi argomenti avevano una deprimente solidità . Ma dopo un tragitto di 38 minuti, grazie al traffico infernale di Città  del Messico, sono riuscito a ottenere un pareggio. Non è ancora nato il
tassista che mi batta in testardaggine o nel gusto di discutere. Ho usato tutte le storie che conosco sullo stato priista, sul suo modo di fare, sul suo stile, sulle sue mani lunghe che arrivano in tutti i cassetti e in tutti gli affari torbidi contro la Nazione.

    «I O VOTO per il PRI» mi ha detto il tassista. Mi sono chiesto se buttarmi dalla macchina in corsa senza pagarlo, con il rischio di rompermi il collo, per cominciare a educarlo su cosa sarebbe una città  governata da quelli del Pri o sfoderare le mie migliori prove contro il ritorno dei compagni di Ali Babà . I suoi argomenti avevano una deprimente solidità . Ma dopo un tragitto di 38 minuti, grazie al traffico infernale di Città  del Messico, sono riuscito a ottenere un pareggio. Non è ancora nato il
tassista che mi batta in testardaggine o nel gusto di discutere. Ho usato tutte le storie che conosco sullo stato priista, sul suo modo di fare, sul suo stile, sulle sue mani lunghe che arrivano in tutti i cassetti e in tutti gli affari torbidi contro la Nazione.
Anni fa cercai di raccontare come la nostra generazione, la generazione del ’68 e i suoi eredi (la ribellione operaia, la resistenza dei cittadini, il movimento popolare, la riorganizzazione sociale di fronte al terremoto), fece un patto con il diavolo. Non fu un cattivo patto. Per tirar fuori il Pri da Los Pinos [la residenza ufficiale del presidente del Messico] mettemmo nell’armadio Ho Chi Minh, la rivoluzione socialista, Flores Magón, Durruti e i Consigli Operai, il programma di transizione e il plusvalore. Non era un cattivo patto per una nazione stremata da 40 anni di aggressioni contro i cittadini da parte del potere: saccheggi, doppia morale, repressioni e abusi, uccisioni di contadini ed errori economici che distruggevano in una settimana un terzo della classe media, e fabbricavano milionari e poveri alla stessa velocità.
Tuttavia, non leggemmo mai le clausole scritte in piccolo di quel contratto. Non avevamo molta esperienza nel fare patti con il diavolo e non ci venne in mente di leggere quello che in fondo al documento era scritto nascostamente con un carattere minuscolo: si manderà via il Pri, ma verrà il Pan, e poi: nel cacciare i ladri dal Palazzo, molti di voi diventeranno come loro.
Adesso ci si propone di rifare quel patto e il diavolo dice: Purché il Pri non torni al potere nel Distretto Federale di Città del Messico, qualsiasi candidato è buono. Pensare alla competizione elettorale senza tener conto delle grida nazionali di non ne possiamo più, mai più sangue, no alla gestione neoliberista dell’economia, no alla repressione delle attività nella rete, no alla repressione contro maestri ed elettricisti, no ai torbidi maneggi che denazionalizzano Pemex, no alla criminalizzazione della protesta sociale, no ai mille modi della corruzione che sono il cancro nazionale che colpisce il Messico, è un tradimento del passato e del senso della sinistra.
Rigirare la frittata significa dare un contenuto allo scontro elettorale, riempire la campagna elettorale di informazioni, di educazione, non mettere semplicemente dei volti sui manifesti affissi nelle strade. Com’è possibile che nelle migliaia di spettacolari manifesti, nei cartelli elettorali del Prd, non ci sia una sola allusione alla necessità che finisca la guerra calderonista? Solo faccine sorridenti con la cravatta gialla.
La giustificatissima delusione rispetto ai partiti elettorali della sinistra moderata ha fatto presa su molti, molti più di quanto non si pensi, non solo tra giovani radicali, ma anche nell’alto e ampio strato della classe media colta che alla fine degli anni ’80 fu una parte fondamentale della periferia del Prd e gli diede la vittoria nelle due elezioni dei brogli. Ma il voto nullo, la scheda bianca, l’astensione, è una rivolta? No, è piuttosto un gesto morale, e con tutto il rispetto che ho per i gesti morali, si diluirà in termini significativi nell’abituale e crescente astensione.
La scheda bianca non castiga il PRI e quel fantoccio di Peña Nieto, bensì lo favorisce. La scheda bianca è stata espressa nell’ambiente della sinistra, in settori critici del sistema, pensanti. Non avrebbe avuto più senso il voto critico? Qualcosa come: Non voto per nessun candidato di sinistra che non faccia sua la proposta di una legge di amnistia per le centinaia di contadini ecologisti in prigione. Non voto per nessun candidato di sinistra che non firmi un progetto per fermare la guerra. Non voto per nessun candidato di sinistra che non riconosca l’urgenza di democratizzare l’istruzione e non promuova un’educazione gratuita, laica e popolare.
Che contributo dare? Un’idea chiara che la città deve virare verso sinistra aggiungendo nuove proposte ai progressi ottenuti nel Distretto Federale, soprattutto nella politica sociale e nei diritti delle minoranze che devono essere mantenuti (trasporto economico, sostegno alle madri nubili, matrimoni gay e adozione, borse di studio per studenti delle scuole medie superiori, sostegni economici alla terza età, mense popolari, nuove scuole per l’accesso all’università).
Ci sono solo un paio di modi in cui questa città, che nella base maggioritaria è chiaramente di sinistra, pronta a protestare, liberale, progressista e fantastica si perda, ed è che la sinistra non faccia la sinistra.
(traduzione di Luis E. Moriones)

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