La Cassazione chiude il capitolo Diaz confermando che quella notte fra il 21 e 22 luglio 2001, a Genova, a G8 ormai concluso, l’irruzione nella scuola fu deliberatamente programmata per giungere ad un bel numero di arresti di dimostranti, indipendentemente dal fatto che nessuno di loro avesse commesso delitti, ma solo per “riscattare” l’immagine del loro corpo. La mattanza che ne seguì, il sangue e la violenza, furono un di più forse all’inizio non intenzionale, ma alla fin fine necessario per giustificare l’irruzione.
La Cassazione chiude il capitolo Diaz confermando che quella notte fra il 21 e 22 luglio 2001, a Genova, a G8 ormai concluso, l’irruzione nella scuola fu deliberatamente programmata per giungere ad un bel numero di arresti di dimostranti, indipendentemente dal fatto che nessuno di loro avesse commesso delitti, ma solo per “riscattare” l’immagine del loro corpo. La mattanza che ne seguì, il sangue e la violenza, furono un di più forse all’inizio non intenzionale, ma alla fin fine necessario per giustificare l’irruzione.
Intenzionali furono sicuramente i falsi posti in essere per “coprire” le violenze perpetrate nei confronti di giovani inermi, non certo black block: le bottiglie molotov portate da fuori dalla polizia stessa, picconi e sbarre di un attiguo cantiere, una presunta aggressione all’arma bianca contro un singolo poliziotto. Tutto inventato per giustificare l’irruzione e il macello. Tutto firmato e controfirmato dai funzionari, come i verbali di arresto (non uno, ma ben 93!) basati su quelle false prove costruite dalla polizia stessa. Così la Cassazione ha deciso: in linea con quanto aveva deciso la Corte d’Appello di Genova con una sentenza che, dunque, non era affatto figlia di una teoria del complotto contro i bravi servitori dello Stato, come essi dicevano, ma era invece una ricostruzione solida, provata e inattaccabile. Lontana mille miglia dalla sentenza di primo grado, tutta attenuazioni e dubbi, pur di salvare i gradi intermedi della polizia che diressero l’operazione e addossare ogni responsabilità ad una squadretta di semplici poliziotti esaltati.
Nemmeno le generiche meritano questi funzionari che mai hanno riconosciuto le proprie responsabilità, con un comportamento processuale ben oltre i limiti della decenza; soggetti che avrebbero dovuto tenere, proprio per il loro status, comportamenti che dovrebbero essere ancor più specchiati di quelli dei semplici cittadini. Ora molti funzionari di polizia che all’epoca erano quadri intermedi ed ora ne sono ai vertici dovranno lasciare il servizio perché le condanne confermate implicano per legge la interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Compreso quel potente Gratteri in odore di assurgere al vertice della polizia stessa e che ora dovrà rimanere al palo. La legge con questa sentenza realizza ciò che i governi in 11 anni non avevano inteso fare: rimuovere, invece che promuovere, funzionari indegni, falsari e infedeli al loro stesso compito: non possono continuare ad agire come rappresentanti dello Stato.
Abbiamo un unico rimpianto: se in Italia vi fosse il reato di tortura, imprescrittibile, anche il comportamento materiale di questi poliziotti sarebbe stato duramente sancito, mentre, nonostante la bestialità, è andato prescritto.
La Cassazione, comunque, ha fatto giustizia di uno Stato che non ha mai inteso nemmeno chiedere scusa o fare un gesto di pentimento e riconciliazione nei confronti delle vittime di quella notte atroce, quando ogni diritto dei suoi cittadini fu sospeso e calpestato.
* Avvocato del Genova Legal Forum
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