Assunti della Fiom, la Fiat ricorre

Il Lingotto: se costretti a prendere i 145, cassa e mobilità  per altrettanti operai 

Il Lingotto: se costretti a prendere i 145, cassa e mobilità  per altrettanti operai  TORINO — La Fiat metterà in cassa integrazione, «se non in mobilità», 145 attuali dipendenti di Pomigliano se sarà costretta dal tribunale ad assumere altrettanti iscritti alla Fiom. Diventa nuovamente incandescente il clima tra il Lingotto e i metalmeccanici della Cgil dopo il comunicato con cui l’azienda ha reagito ufficialmente ieri alla sentenza del Tribunale di Roma. Il giudice aveva infatti condannato la società di Torino perché tra i primi 2.000 assunti alla linea della Panda nessuno ha in tasca la tessera della Fiom mentre gli altri sindacati sono ampiamente rappresentanti. Per sanare l’evidente discriminazione il tribunale ha imposto all’azienda di assumere i 145 cassintegrati della Fiom che farebbero tornare i rapporti di forza tra sindacati al livello precedente l’inizio della produzione della Panda.

La nota diffusa ieri sera dal Lingotto spiega che questo non è possibile perché «il numero dei dipendenti è ad oggi più che adeguato a far fronte alle attuali esigenze». Il mercato non chiede tutte le Panda che sarebbero necessarie per assorbire in organico
altri 145 dipendenti. Dunque la Fiat chiede alla Corte d’appello di smentire la sentenza di primo grado e, in ogni caso, di sospenderne l’esecutività in attesa del secondo grado. «La società — si legge nella nota di Torino — è fermamente convinta che l’esecuzione dell’ordinanza arrecherebbe un danno irreparabile all’attuale contesto lavorativo». Che cosa accadrebbe se la Corte d’Appello di Roma respingesse le richieste della Fiat? «Qualsiasi ulteriore assunzione — dice la Fiat — comporterebbe il contemporaneo ricorso alla cassa integrazione, se non a procedure di mobilità, per un numero di dipendenti corrispondente a quello dei nuovi assunti ».
Gli scenari sarebbero diversi. Dopo aver assunto i 145 iscritti alla Fiom, la Fiat potrebbe limare gli attuali organici di Pomigliano mettendo in cassa ordinaria altrettanti dipendenti. In teoria potrebbe mettere in cassa integrazione gli stessi 145 assunti per ordine del tribunale ma in quel caso proseguirebbe nella discriminazione che la sentenza intende sanare. Se poi l’Inps non concedesse la cassa integrazione si aprirebbe la strada della mobilità. Al momento solo ipotesi che, secondo Torino, dipendono dalle prossime scelte della Corte d’Appello. La decisione sulle richieste della Fiat potrebbe arrivare nei primi giorni di luglio mentre la fabbrica di Pomigliano cesserà di lavorare il 23 luglio e dovrebbe riprendere l’attività il 20 agosto.
Immediata la reazione della Fiom: «La Fiat non può pretendere
l’extraterritorialità in Europa — sostiene Giorgio Airaudo — perché la sentenza di Roma applica una norma antidiscriminazione dell’Ue». Al di là delle questioni di principio, secondo i metalmeccanici della Cgil «l’annuncio della Fiat è la prova delle sue difficoltà. Se Marchionne non è in grado di mantenere la promessa di assumere tutti i 5.000 cassintegrati di Pomigliano, lo dica con chiarezza. Tutti possono sbagliare — conclude
Airaudo — ma l’amministratore non si nasconda dietro il pretesto della Fiom per non ammettere le sue difficoltà». Già nei giorni scorsi, quando era stata pronunciata la sentenza, gli altri sindacati che avevano ottenuto l’assunzione dei loro iscritti, avevano protestato sostenendo che l’ingresso in fabbrica di 145 lavoratori della Fiom sarebbe stata «una discriminazione al
contrario».

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