Domani il 32esimo anniversario Una missiva ministeriale spiegava come la dinamica fosse già chiara subito dopo la tragedia.L’ex ministro Formica: «Per conoscere la verità serve un secolo»
Domani il 32esimo anniversario Una missiva ministeriale spiegava come la dinamica fosse già chiara subito dopo la tragedia.L’ex ministro Formica: «Per conoscere la verità serve un secolo»
BOLOGNA L’indirizzo delle indagini», la stessa «scelta della scala delle priorità» dovevano scaturire da una valutazione che tenesse «conto delle ripercussioni che i risultati» avrebbero prodotto sugli «interessi superiori del Paese». Provando a tradurre: prima la ragione di stato, poi la verità sugli 81 morti della strage di Ustica, di cui domani cade il 32 ? anniversario. È scritto in linguaggio sufficientemente chiaro in un documento uscito dall’archivio Craxi grazie alla tenacia di Cora Ranci, dottoranda di ricerca alla facoltà di Scienze Politiche di Bologna. Il testo è di Carlo Luzzatti, già presidente tra l’80 e l’82 della commissione d’inchiesta che escluse il cedimento strutturale del volo Itavia scomparso dagli schermi radar il 27 giugno, concludendo a favore di due ipotesi: bomba o missile. La nota (“Promemoria per il signor ministro dei trasporti…”) è sicuramente dell’81, perché, osserva Ranci, fa riferimento a due relazioni inviate al ministro Rino Formica il 31 luglio e il 5 dicembre 1980. Destinatario del documento fu con ogni probabilità il successore di Formica, Vincenzo Balzamo, anche lui esponente socialista, ministro dei Trasporti dal 28 giugno 1981, deceduto nel ‘92, dopo aver ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito delle indagini su Tangentopoli. A confermarlo è lo stesso Formica, il primo nell’80 a formulare esplicitamente l’ipotesi del missile, quindi dell’azione di guerra non convenzionale nei cieli di Ustica, successivamente convalidata da indagini giudiziarie e sentenze. «Nell’80 disposi, per evitare lungaggini, che la commissione da me istituita indirizzasse dei promemoria al ministro competente. Sulla base del primo io stesso riferei alle Camere». Del documento emerso dagli archivi del Senato, Formica spiega di non aver mai sentito parlare, ma ne offre comunque una spiegazione. «Indubbiamente il ministro deve aver chiesto alla commissione a che punto erano i lavori. E la risposta è stata: “Siamo in attesa di disposizioni per le implicazioni che possono sorgere a livello internazionale”». Una replica che non stupisce l’ex titolare dei Trasporti «Non mi sembra un documento eccezionale» ma che in qualche modo costituisce il prologo e la spiegazione dei 32 anni trascorsi senza sapere chi la sera del 27 giugno 1980 abbia premuto il grilletto. Del resto Formica lo ripete dal 2010: «Non bastano 30 anni, ci vorrà un secolo prima di capire quello che accadde a Ustica». Eppure proprio in quel promemoria si fa riferimento alla presenza di fosforo su un elemento del carrello (all’epoca il relitto non era ancora stato recuperato) trovato nell’addome di una delle vittime. Particolare da cui discende «una traiettoria dall’esterno verso l’interno», incompatibile sia con l’ipotesi del cedimento strutturale che con quella della bomba a bordo. La commissione esclude anche, attraverso il confronto con un incidente aereo del ‘79, che certi effetti possano essere stati prodotti dall’impatto del Dc 9 con la superficie del mare.
Essendo già stato escluso lo scontro accidentale con un altro aereo, non rimangono ipotesi molto diverse da quelle che possono produrre conseguenze sul piano internazionale: meglio chiedere indicazioni al ministro. Del resto, ricorda Cora Ranci, l’ipotesi del missile era già molto concreta, come aveva spiegato il tecnico americano John Macidull. E sedici anni dopo il documento della commissione Luzzatti, eccone un altro, questa volta della Nato, in cui si parla della presenza intorno al Dc 9 di Ustica di 21 aerei militari di varia nazionalità. Circostanza già intuita da Formica nell’80 sulla scorta delle indicazioni del generale Rana relative ai tracciati radar. L’ipotesi del missile ha un cuore antico. «A un certo punto tutti i partiti dell’arco costituzionale che, adducendo il cedimento strutturale, chiedeva di revocare la licenza a Itavia. Fu per questo che al Senato prospettai l’ipotesi del missile».
Ipotesi, spiega Cora Ranci, rimasta lettera morta. «Luzzatti, così preoccupato degli “interessi superiori del Paese”, non era solo il presidente di una commissione ministeriale, ma anche il più stretto collaboratore del magistrato che all’epoca indagava sulla strage, Giorgio Santacroce». E una cosa è certa, conclude Ranci, in quei primi anni, decisivi per l’accertamento della verità la magistratura fece molto poco. «Ad esempio ricorda Ranci restò per tre anni in attesa dei risultati di laboratorio, senza nemmeno pensare di sequestrare le registrazioni delle conversazioni telefoniche tra i centri radar».
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