Tripla occupazione con salto morale, Macao ha trovato casa

MILANO Il collettivo dei lavoratori dell’arte alla ricerca di uno spazio svela il volto segreto della città  abbandonata 

MILANO Il collettivo dei lavoratori dell’arte alla ricerca di uno spazio svela il volto segreto della città  abbandonata 

Milano è bella perché è varia (e in troppi luoghi anche avariata). E’ questo il volto della città svelato dall’odissea dei lavoratori dell’arte di Macao alla ricerca di un spazio. Ieri dopo tanto peregrinare, si sono accasati all’ex macello di via Molise. Un’area grande e di proprietà della Sogemi, una società controllata finalmente dal comune di Milano. Dunque questa volta potrebbe essere il posto giusto per recuperare un bene comune, aprire un dialogo vero con i cittadini e con Palazzo Marino, al riparo da sgomberi.
Un mese fa la Torre Galfa, un grattacielo di proprietà del patron del mattone Totò Ligresti abbandonato a due passi dal Pirellone e dalle speculazioni dell’area Repubblica-Garibaldi. Un’ottima scelta per bucare il silenzio, almeno fino allo sgombero. Poi, quindici giorni fa, Palazzo Citterio, sontuoso e bellissimo, in zona Brera, pronto ad essere recuperato ma ancora lasciato vuoto. Una scelta troppo pretenziosa. Ieri Macao è rinato e ha fatto tris, tre occupazioni in un giorno solo.
Si comincia nel primo pomeriggio con l’ingresso in un ex vivaio fatiscente in zona Fiera. Una scelta non ideale che ha lasciato perplessi anche gli stessi occupanti: una serie di serre con i vetri rotti, qualche costruzione malridotta, pochi alberi e un capannone con il tetto di amianto. E, sorpresa nella sorpresa, alcuni stranieri che in questi ruderi ci vivono e che non hanno bisogno di pubblicità. E allora perché quelli di Macao hanno scelto proprio questo indirizzo? A dire la verità si aspettavano tutt’altro. E invece sono passati troppo velocemente dalle stelle del salotto buono di Milano alle stalle dei sobborghi che si nascondono dietro un muro neppure troppo lontano dal centro. «Qui si vede uno spaccato nudo e crudo di questa città e noi lo abbiamo portato allo scoperto», spiegano in assemblea. Vero. Ma restare in quest’area è troppo problematico. Il morale non è alto. Bisogna voltare subito pagina, e allora «next», come dicono i ragazzi, in volo verso la prossima occupazione. Anzi due.
Il collettivo torna in centro in un luogo d’arte. Il mitico teatro Derby, il tempio del cabaret in via Mascagni, a due passi dal Duomo. Giusto il tempo di segnalare un altro spazio in disuso, venduto dal Comune ai privati. Ma il bello deve ancora venire.
Ci si sposta tutti all’ex macello di via Molise. 2.500 metri quadri su due piani, con salone coperto tipo chiostro. Ci sono un po’ di lavori da fare ma sono gestibili. E finalmente la proprietà dello stabile dipende da Palazzo Marino. Il morale adesso è alto. La palla passa al sindaco Pisapia e all’assessore Boeri che ieri era impegnato all’Officina creativa dell’ex Ansaldo, l’area che il comune aveva offerto a Macao ma che Macao aveva rifiutato per cercarsi da solo il suo spazio, svelare la città abbondonata e ribadire la propria indipendenza. Forse ha finalmente trovato casa.

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