Repressione basca

È stato arrestato ieri, a Roma, Lander Fernandez, già  militante dell’organizzazione giovanile indipendentista Segi, messa al bando in Spagna. A casa lo attende un processo

È stato arrestato ieri, a Roma, Lander Fernandez, già  militante dell’organizzazione giovanile indipendentista Segi, messa al bando in Spagna. A casa lo attende un processo .  «La prima volta mi hanno aspettato in due all’uscita da scuola. Mi hanno bloccato da dietro obbligandomi a entrare in una macchina, guidata da una terza persona. Ho pensato a un arresto ma mi sono reso conto subito che non era una cosa ufficiale». Così iniziava, qualche giorno fa, il racconto al manifesto dal trentadueenne basco Lander Fernandez, che da ragazzo e stato militante dell’organizzazione giovanile Segi. La scena descritta si svolgeva a Bilbao il 19 maggio del 2009. Con modalità simili, ieri a Roma, Lander e stato ricacciato nell’incubo. Alle 8,30, davanti all’occupazione di Action a Garbatella dov’era ospitato, venti poliziotti armati e mascherati lo hanno bloccato e portato in questura. Cercavano armi che non hanno trovato, perche Lander viveva legalmente in Italia. «Ma ora – dice l’avvocata Maria Luisa Daddabbio – rischia l’estradizione in Spagna a seguito di un mandato di arresto europeo, non sappiamo ancora con quali imputazioni perché non abbiamo avuto accesso al fascicolo. Sappiamo che è stato portato a Regina Coeli».

ROMAIn quel maggio del 2009, invece, Lander era stato portato alla periferia di Bilbao: «Mi portarono in periferia – ha raccontato – per cercare di farmi collaborare. Urlavano che avrei scontato dieci anni di carcere. Io rispondevo che non ce n’era motivo, che se c’erano accuse a mio carico dovevano trasmetterle a un giudice…». In qualche modo, alla fine, il ragazzo riuscì a farsi riportare a scuola. I tre, però, minacciarono di rifarsi vivi. Il che, puntualmente, avvenne. «Ogni giorno – ha ricordato Fernandez – venivano più numerosi. Ma io non ero solo. Se loro arrivavano in sei, i compagni erano in dieci, mi accompagnavano a scuola e a casa. Il clima si faceva sempre più teso». Dopo una settimana, «A 20 metri da scuola, dov’ero arrivato insieme a due amici, riecco i sequestratori. Di nuovo mi erano addosso. Mi scaraventarono a terra, mi picchiarono e ripresero a minacciarmi. Feci in tempo a urlare prima che mi ficcassero un fazzoletto in bocca». La gente del quartiere intervenne, i quattro se ne andarono minacciando i testimoni: «Voi non avete visto niente, capito?». Chi erano i tre aggressori? «Antiterrorismo, polizia basca, non so – ha risposto Lander – Negli anni ’80 imperversavano i paramilitari del Gal, i Grupos antiterroristas de Liberación creati dal governo spagnolo per combattere i militanti di Eta e la sinistra indipendentista basca. Oggi non ci sono più, ma si verificano ancora casi di rapimento e detenzione illegale».
Il caso più noto degli ultimi anni è quello di John Anza, scomparso il 18 aprile del 2009 e trovato morto nell’ospedale di Tolosa, in Francia, 11 mesi e 11 giorni dopo. Dal 1978 a oggi, più di 10.000 attivisti baschi hanno denunciato di aver subito torture nelle caserme della polizia. Gli abusi vengono commessi durante il fermo che, in base alle leggi speciali spagnole, per 5 giorni impedisce all’accusato ogni contatto con la difesa (il cosiddetto regime di incomunicación). Le denunce di torture vengono sistematicamente archiviate dal tribunale, la Audiencia Nacional di Madrid, mentre le dichiarazioni estorte con la forza vengono usate come prova nei processi. Nel settembre 2009, anche Amnesty international chiese di porre fine «al regime di incomunicación». Nel settembre 2010, lo stato spagnolo è stato condannato dal Tribunale per i diritti umani di Strasburgo, e dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni unite, per non aver dato corso alle denunce di tortura.
In quel maggio del 2009, anche Lander decise di sporgere denuncia. Dopo essersi recato in tribunale insieme ai testimoni, il giorno dopo raccontò la sua esperienza in una conferenza stampa. «Le conseguenze – ricorda adesso – non si fecero attendere. Il 14 giugno, mentre tornavo da una vacanza in Venezuela fui arrestato con l’accusa di aver partecipato sette anni prima ad alcuni scontri di piazza a Bilbao, seguiti alla messa fuorilegge di Segi». L’organizzazione giovanile basca Segi nasce nel 2002 e quasi subito viene messa al bando con l’accusa di sostenere lo stesso obiettivo degli indipendentisti armati dell’Eta, e i suoi membri perseguiti. Dopo 15 giorni di carcere, nel 2009 Lander viene rilasciato previo pagamento di una cauzione di 40.000 euro. Una detenzione che si somma ai quattro anni già scontati in Francia quando Lander era poco più che un ragazzo. In seguito, il giovane basco si trasferisce in Italia, dove risiede con propri documenti e continua il suo impegno a fianco dei movimenti per l’alternativa. Adesso, però, i suoi problemi potrebbero ricominciare. Il processo per quei fatti è stato fissato per il 21 giugno presso la Audiencia Nacional. «La legge spagnola non prevede procedimenti in contumacia – ha spiegato l’avvocato Marco Lucentini, difensore del basco – l’accusato deve andare in aula e così dovrà fare il mio assistito». La situazione aveva preoccupato, e con ragione, gli attivisti italiani, che ieri hanno subito organizzato un sit-in per chiedere «l’interruzione di questo processo ingiusto e la fine della tortura». Tantopiù che il movimento indipendentista «si è impegnato con gli stati spagnolo e francese per portare avanti un percorso di risoluzione del conflitto». Ha raccontato Lander Fernandez: «Nella situazione di crisi generale, dopo 10 anni di messa al bando del movimento, abbiamo dovuto prendere atto di un cambiamento di fase. Le forze della sinistra indipendentista basca si sono riunificate intorno a una piattaforma comune per ricostruire un’alternativa dal basso. Io mi sento al fianco dei minatori delle Asturie». Un percorso di dialogo appoggiato, nell’ottobre 2011, «anche da alcune personalità internazionali come Kofi Annan e Gerry Adams, che hanno promosso una Dichiarazione internazionale di pace». Anche l’Eta «ha dichiarato la cessazione definitiva dell’attività armata e si è resa disponibile al dialogo. Nonostante questo, lo stato spagnolo ha proseguito con la sua politica repressiva nei confronti del movimento. Dal 2008 al 2011, ci sono stati 800 arresti e centinaia di compagni come noi di Segi, hanno denunciato torture da parte della polizia». Ora – dicono gli attivisti – tocca allo stato spagnolo «dimostrare se intende davvero risolvere il conflitto, rinunciando a tutte le forme di repressione utilizzate contro il movimento indipendentista». A partire dai processi politici.
Per sostenere Lander, gli attivisti hanno istituito un blog: uncasobascoaroma.noblogs.org

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