QUELL’EX COMUNISTA NEGAVA L’OLOCAUSTO

Morto a 98 anni il filosofo francese Roger Garaudy   

Morto a 98 anni il filosofo francese Roger Garaudy    PARIGI.  Dal comunismo al negazionismo, passando per il cristianesimo e l’islam, è questo il tortuoso percorso del filosofo francese Roger Garaudy, morto mercoledì all’età di novantotto anni (ne avrebbe compiuti 99 il mese prossimo), nella sua casa di Chennevières, alle porte di Parigi. Da tempo era stato messo al bando dal mondo intellettuale francese, di cui pure era stato una personalità di spicco fino agli anni Settanta, prima di quella conversione all’islam, da cui poi approdò all’antisemitismo e al negazionismo. «Sono giunto all’Islam con la Bibbia sotto un braccio e Il Capitale di Marx sotto l’altro», aveva dichiarato nel 1989 a Repubblica.

Solo che poi quei testi furono del tutto dimenticati quando nel 1996 scrisse Les Mythes fondateurs de la politique israélienne,
un libro in cui rimise in discussione la realtà della Shoah e delle camere a gas. Quell’opera, scrivono Michaël Prazan e Adrien Minard nel loro volume
Roger Garaudy Itinérarie d’une négation (Calmann-Levy, 2007), fu «l’atto iniziale della penetrazione delle idee negazioniste tra i nemici più determinati dello stato d’Israele».
Nato a Marsiglia nel luglio 1913 da una famiglia atea, Garaudy si era convertito al protestantesimo all’età di quattordici anni, aderendo in seguito al Partito Comunista Francese, motivo per cui negli anni della guerra fu arrestato e imprigionato per diversi mesi. Nel dopoguerra entrò a far parte del Comitato centrale del partito, nelle cui file
venne eletto diverse volte deputato e senatore, fino al 1962 quando lascerà ogni mandato per dedicarsi esclusivamente alla filosofia. In quegli anni, in cui era considerato il filosofo ufficiale dei comunisti francesi, Garaudy difenderà il dialogo tra cristiani e marxisti, denunciando ogni forma di rigido ateismo, come mostrano i volumi
De l’anathème au dialoguee Marxistes et chrétiens face à face.
Contemporaneamente, il filosofo iniziò ad emanciparsi dallo stalinismo, dimostrandosi sempre più critico nei confronti dell’ortodossia comunista. I saggi
Peuton être comuniste aujourd’hui e Pour un modèle français du socialisme suscitarono molte discussioni, segnando la progressiva rottura con il partito, da cui infatti verrà espulso nel 1970.
Da quel momento inizia l’avvicinamento di Garaudy all’islam, a cui si convertirà qualche anno dopo, pubblicando diversi saggi sull’argomento e creando una fondazione a Cordoba per celebrare l’età dell’oro dell’islam. Sempre più critico nei confronti d’Israele, il suo discorso si radicalizzerà definitivamente durante gli anni Novanta con la pubblicazione di Les Mythes fondateurs de la politique israelienne,
libro che susciterà enorme scandalo e molte polemiche, durante le quali il filosofo venne difeso dall’Abbé Pierre, di cui era amico fin dai tempi della guerra. Il libro venne vietato e l’autore fu condannato a nove mesi di carcere con la condizionale e a 150.000 franchi di multa per «contestazione dei crimini contro l’umanità». Come tutti i negazionisti, Garaudy ha sempre negato di essere un negazionista e si è sempre considerato vittima di un linciaggio politico-culturale. Ripudiato dal mondo politico e intellettuale francese, il filosofo negli ultimi anni della sua vita ha molto viaggiato nei paesi musulmani dove è stato sempre accolto come una personalità di rilievo e dove ha potuto diffondere liberamente le sue tesi contro «l’occidente criminale» e «la superiorità dell’islam », tesi sviluppate ancora una volta nel suo ultimo libro,
Le terrorisme occidental, pubblicato nel 2004. Non c’è nessuno oggi in Francia che rivendichi la sua controversa eredità.

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