La Fiom chiama e il centrosinistra a pieni ranghi risponde. Il colpo d’occhio è una affollata platea sindacale, in un sabato mattina romano, mentre ascolta il suo leader raccontare ai politici della sinistra quale potrebbe essere il cuore di un programma di governo. Landini raccoglie grandi applausi ma le sue domande hanno, seduto in prima fila, un interlocutore, il più importante, che le ha subite: Bersani. Nella sua autonomia il sindacato dei metalmeccanici chiarisce che il voto dei lavoratori non sarà più una delega in bianco, una risposta al richiamo del voto utile, ma una scelta tra programmi. A ciascuno le proprie responsabilità . La contesa su coalizioni e primarie viene dopo.
La Fiom chiama e il centrosinistra a pieni ranghi risponde. Il colpo d’occhio è una affollata platea sindacale, in un sabato mattina romano, mentre ascolta il suo leader raccontare ai politici della sinistra quale potrebbe essere il cuore di un programma di governo. Landini raccoglie grandi applausi ma le sue domande hanno, seduto in prima fila, un interlocutore, il più importante, che le ha subite: Bersani. Nella sua autonomia il sindacato dei metalmeccanici chiarisce che il voto dei lavoratori non sarà più una delega in bianco, una risposta al richiamo del voto utile, ma una scelta tra programmi. A ciascuno le proprie responsabilità . La contesa su coalizioni e primarie viene dopo.
Si capisce che trovare la via dell’unità sarà un esercizio complicato perché, come ci ricorda il professor Luciano Gallino (in testa alle citazioni dell’assemblea), ci sarà una svolta positiva solo quando il centrosinistra riuscirà a liberarsi dalla “cattura cognitiva”, dalla subalternità culturale all’ideologia di un’unica via d’uscita (montiana) dalla crisi. E non è difficile capire quale sia oggi il partito catturato da Monti nella strana maggioranza. Tanto più che l’ostaggio al momento sembra vittima della sindrome di Stoccolma. Ma l’impresa è anche semplice se la bussola sarà il lavoro, se i diritti di cittadinanza saranno i diritti dei lavoratori, se il pensiero e le opere di Marchionne e Monti saranno giudicati il contrario dell’agenda di un centrosinistra di governo. Si tratta di due facce della stessa medaglia.
La controprova arriva quando l’articolo 18 viene declinato alla maniera di Bersani, per dire che in fondo «il danno è limitato e riparabile», quando nell’ascoltarlo tra i delegati parte qualche fischio a stento trattenuto. Il confronto è duro, la sostanza aspra come le condizioni di vita di quegli operai che non vogliono più promesse, che ogni giorno si svegliano con il peso di una dignità negata.
È già abbastanza l’anomalia di un Pd al governo con il Pdl per capire la difficoltà del ruolo svolto in questo momento dalla Fiom. Ritrovarsi attorno a un tavolo per discutere «che fare e quali interessi difendere», come pure esorta Landini, non sarà una passeggiata. Specialmente se c’è chi continua a giudicare l’astensione o il voto di protesta come antipolitica anziché crisi terminale della rappresentanza. Stefano Rodotà e Marco Revelli lo spiegano al meglio..
Non solo la foto di Vasto, ma tutta la prima fila dei politici presenti, reduci ammaccati da scissioni e divisioni del passato, appare un’offerta insufficiente a rispondere alla domanda di cambiamento emersa in questi anni nella società. Pensare di rimetterli insieme non è oggi alle viste, se anche lo fosse, affrontare la sfida con la scorciatoia dell’unità elettorale non sarebbe una buona idea. Tuttavia senza una sinistra forte, popolare, plurale si resta testimoni perdenti. Come ha detto Mario Tronti, per vincere, per rimettere la centralità del lavoro nell’economia e la politica nella società c’è la sfida del governo e dietro l’avanguardia bisogna avere il grosso dell’esercito.
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