«Un reato già  richiesto dalla Costituzione»

Tortura. Si apre in commissione Giustizia del Senato la discussione sul crimine mancante nel nostro ordinamento giudiziario. Quello che servirebbe per evitare la prescrizione sulle violenze di Genova
DIRITTI UMANI Parla Felice Casson (Pd), relatore del ddl

Tortura. Si apre in commissione Giustizia del Senato la discussione sul crimine mancante nel nostro ordinamento giudiziario. Quello che servirebbe per evitare la prescrizione sulle violenze di Genova
DIRITTI UMANI Parla Felice Casson (Pd), relatore del ddl
Sia pure fuori tempo massimo per dare giustizia alle vittime delle violenze perpetuate dalle forze dell’ordine a Genova, un barlume di speranza si accende però al Senato. Dove la commissione Giustizia, in sede referente, ha finalmente aperto la discussione generale su un disegno di legge che introduce il reato di tortura anche nel nostro ordinamento giudiziario. Non è la prima volta, ma stavolta forse il passo è possibile. Un passo avanti verso l’Europa. La delega a preparare il testo base ce l’ha il democratico Felice Casson, magistrato di lungo corso, accanito sostenitore della necessità di creare una commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del G8 2001, «perché sono convinto che al di là degli accertamenti giudiziari ci siano state responsabilità politiche che vanno messe in chiaro e in evidenza». Commissione che nessuno vuole, si sa, eppure «nella passata legislatura l’aveva chiesta perfino Francesco Cossiga, segno che quello che abbiamo visto è più che sufficiente per pretendere un accertamento». È uomo delle istituzioni, Casson, con la bussola fissa verso la «presunzione d’innocenza, un principio di civiltà», e gli «obblighi giuridici». Però, riguardo alla nomina dell’ex capo di polizia De Gennaro a sottosegretario ai Servizi segreti, risponde: «Esiste un problema di sensibilità e opportunità politica: se ci sono zone grigie, governo e parlamento ne dovrebbero responsabilmente tenere conto».
Senatore Casson, la convenzione Onu sulla tortura risale al 1984 e l’Italia l’ha ratificata nel 1988. Da allora è rimasta lettera morta, perché?
Perché c’è uno scontro molto forte tra culture di destra e di sinistra – non partiti, ma culture sì -, che è venuto fuori in maniera evidente anche in commissione, sulla necessità di tutelare dai comportamenti violenti persone sottoposte a limitazione della libertà personale. Perché c’è un malinteso senso di protezione delle forze dell’ordine, dimenticando che lo spirito fondamentale della Costituzione sta nella tutela della persona e della sua dignità, in qualunque caso e situazione. Va ricordato che nella Carta del 1948 è scritto all’articolo 13, terzo comma: «È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà». È l’unica sanzione penale che bisognava precisare, sancita costituzionalmente. Ed è rimasta inadempiuta fino ad ora.
Su cosa si basa il testo unico da lei messo a punto elaborando i 7 ddl presentati al Senato?
Si rifà all’impostazione della convenzione Onu. I punti più delicati riguardano l’impianto della fattispecie di reato. Se configurarlo come delitto contro la libertà personale e morale, oppure come delitto contro la vita e l’incolumità personale. Noi abbiamo preferito inserirlo come articolo 613 bis, cioè come delitto contro la libertà personale e morale perché ha un’accezione anche simbolica più ampia: è la persona nella sua interezza, con tutte le sue libertà, da tutelare, e non solo l’incolumità individuale. Il secondo punto controverso riguarda l’opportunità di considerarlo come «reato proprio del pubblico ufficiale», oppure come «reato comune», che può compiere chiunque, con l’aggravante nel caso si tratti di pubblico ufficiale. Contemperando le varie esigenze culturali e politiche abbiamo optato per il reato comune prevedendo per il pubblico ufficiale un’aggravante che si chiama «efficacia indipendente» e che eleva la pena base fissata tra i 3 e i 10 anni a 4-12 anni. Un dato molto importante è che viene contemplata la punizione per l’istigatore del reato e per chi non ottempera all’obbligo giuridico di impedire la tortura. Poi ci sono ovviamente le aggravanti in caso di lesioni gravissime o morte, e sono modulate sul modello del sequestro di persona. Anche se io sono contrario all’ergastolo, comunque è previsto anche questo tipo di pena per chi provoca volontariamente la morte della persona sottoposta a tortura.
E sulla prescrizione?
Ecco, sulla prescrizione io ho posto il problema ma è un punto che è rimasto interrogativo. Ovviamente con queste pene più lunghe, i tempi di prescrizione si allungano.
Chi e perché si oppone in Commissione all’introduzione della fattispecie di reato?
Ci sono stati una serie di interventi che contestavano la necessità e l’impostazione del delitto di tortura, per esempio del senatore Giovanardi («si rischierebbe di sanzionare anche alcuni interrogatori pressanti svolti dalle forze dell’ordine», dal resoconto della seduta, ndr), di Benedetti Valentini («Perplessità nella parte in cui si configura quale reato teleologicamente qualificato», ndr) o dell’ex prefetto Serra («l’ipotesi di sanzionare colui che cagiona sofferenze psichiche rischierebbe di venire in rilievo anche nel caso di alcuni pressanti interrogatori delle forze dell’ordine», ndr). C’è un problema delicato di raccordo tra le varie posizioni politiche ma credo che bisogna andare avanti nella discussione e nell’approvazione. A fine mese si potrebbe arrivare al voto sul testo in commissione, poi andrà in Aula. Cercheremo di farlo calendarizzare in tempi brevi perché lo riteniamo una priorità.
All’introduzione del reato di tortura è più restio il mondo della giustizia o quello politico?
Non credo che la magistratura abbia problemi in questo senso anche perché l’introduzione del reato semplificherebbe determinate situazioni processuali. Credo invece che all’interno delle forze di polizia, ma non da parte di tutti, solo in una certa parte culturale, ci sia la sensazione che l’introduzione del delitto possa essere punitivo, o comunque una sconfessione delle attività passate delle forze di polizia. Penso invece che vada tutelata al massimo la serietà e la professionalità delle forze dell’ordine, che non hanno certo bisogno di ricorrere a questi strumenti medievali.

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