Lo stratagemma delle due auto

DICIOTTO giorni di caccia all’uomo finiscono come erano cominciati. Con le immagini in bianco e nero di telecamere a circuito chiuso. Quelle che avevamo mandato a memoria, mostravano il lupo schiacciare il pulsante dell’inferno al riparo di un chiosco. Quelle che, ieri, gli hanno dato un nome, mostrano due macchine in movimento. Una Fiat Punto e una Hyundai.

DICIOTTO giorni di caccia all’uomo finiscono come erano cominciati. Con le immagini in bianco e nero di telecamere a circuito chiuso. Quelle che avevamo mandato a memoria, mostravano il lupo schiacciare il pulsante dell’inferno al riparo di un chiosco. Quelle che, ieri, gli hanno dato un nome, mostrano due macchine in movimento. Una Fiat Punto e una Hyundai.

SONO le auto su cui ha viaggiato questo benzinaio di 68 anni da Cupertino (Lecce), che di nome fa Giovanni Vantaggiato. La notte del 18 maggio per trasportare il suo carico di morte, le tre bombole di gas armate con un congegno a distanza. La mattina del 19, per tornare sul marciapiede della strage e finire il suo lavoro di morte.
È andata insomma come gli investigatori avevano immaginato. Ci sarebbero voluti del tempo e la pazienza di sfinirsi in un lavoro di verifica certosino (14 mila gli accertamenti conclusi fino a ieri) per arrivare al dettaglio che avrebbe tradito il lupo. E quel dettaglio, appunto, è arrivato ancora una volta da telecamere fisse di sorveglianza. Questa volta quelle in servizio per il controllo della viabilità cittadina in un quadrante urbano adiacente alla scuola Morvillo-Falcone. La notte del 18 maggio – in un orario compatibile con le due testimonianze che ricorderanno un uomo vestito con abiti scuri e un cappello armeggiare con un bidoncino di plastica trasparente intorno alla scuola – le telecamere catturano l´immagine di una Fiat Punto che si dirige verso la zona della scuola. Della macchina sono riconoscibili il numero di targa e una caratteristica della carrozzeria che la rende inconfondibile. Poco dopo, una terza telecamera di un esercizio commerciale in una via adiacente alla scuola, mostra quella stessa Fiat parcheggiata. Non si legge la targa, ma la macchina, grazie al dettaglio della carrozzeria, è la stessa. La Punto, intorno alle 3 del mattino, è di nuovo catturata dalle telecamere della viabilità. Marcia in senso inverso, per ritornare dalla direzione da cui proveniva.
È un dato, di per sé non decisivo. Ma che diventa cruciale con altre immagini. Quelle di un´altra macchina. Una Hyundai. Ripresa ancora una volta dalle telecamere della viabilità cittadina intorno alle 7 del mattino, proviene dalla stessa direttrice percorsa la notte prima dalla Fiat Punto. E dopo le 8 (la strage è delle 7.42), percorre la strada in senso inverso. Alla verifica degli investigatori appare immediatamente chiaro che non è una macchina qualunque. Perché la Hyundai e la Fiat sono legate da un dettaglio decisivo. La prima è intestata a Giovanni Vantaggiato, 68 anni all´anagrafe, di mestiere distributore di carburanti anche per uso agricolo in quel di Copertino, provincia di Lecce. La Fiat è intestata o comunque in uso alla moglie, una donna di 65 anni.
Non c´è evidentemente spiegazione logica alternativa alla presenza di quelle due macchine, e per giunta in quegli orari decisamente particolari del 18 e del 19 maggio, che non la considerazione che siano legate a quanto accade sul marciapiede che guarda la scuola. Non c´è ipotesi che possa giustificare un motivo plausibile per cui una coppia di anziani coniugi dovrebbe con il loro “parco auto” domestico aggirarsi nel cuore della notte del venerdì e all´alba del sabato, in una città – Brindisi – lontana dalla campagna del leccese in cui vivono. E per giunta, in un quartiere di scuole e tribunali. La sola spiegazione – concludono gli investigatori – è che Giovanni Vantaggiato sia il lupo che cercano. E che quel cambio di auto sia servito come tentativo di non lasciare traccia evidente della sua presenza sulla scena del crimine.
Afferrato dunque il filo decisivo, come in ogni matassa da sbrogliare, il resto viene da sé. E con una sequenza di evidenze che appaiono subito cruciali. A cominciare dalle celle telefoniche che nei giorni prima della strage collocano il cellulare dell´uomo nella zona della scuola. Per non dire delle sue fattezze. Che per età, altezza (1 metro e 60), modo di camminare, lineamenti, paiono subito collimare con ragionevole certezza con le immagini mostrate dalle riprese della telecamera del chiosco al momento della strage. Anche il suo mestiere dice qualcosa: distributore di carburanti. Una circostanza che spiega il perché della scelta rudimentale delle bombole di gas quale ordigno. Infine, l´ultimo dettaglio. Quando, ieri, polizia e carabinieri bussano alla sua porta, prova goffamente a nascondere il paio di occhiali che aveva sul volto la mattina della strage. Anche quelli fissati dalle immagini della telecamera del chiosco.
Il resto è cronaca della notte. Di un interrogatorio cominciato dopo le 23, con le prime confuse ammissioni che – riferiscono fonti investigative qualificate – sembrerebbe essere il preludio di una confessione. Giovanni Vantaggiato non avrebbe voluto colpire la scuola, ma il non lontano tribunale, per via di una vecchio processo vissuto come un affronto. Almeno così dice. Un primo abbozzo di movente. Vero o falso che sia, lo diranno le prossime ore.

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