RIFORMA LAVORO. «La riforma del lavoro approvata l’altro ieri dal Parlamento – afferma Salvo Barrano, archeologo e vicepresidente dell’associazione di categoria (Associazione Nazionale Archeologi), esponente dell’associazione XX maggio e tra i più attivi esponenti del «Quinto Stato», la coalizione dei lavoratori indipendenti – tradisce una concezione arcaica della società per la quale i diritti passano solo attraverso un rapporto di lavoro subordinato».
RIFORMA LAVORO. «La riforma del lavoro approvata l’altro ieri dal Parlamento – afferma Salvo Barrano, archeologo e vicepresidente dell’associazione di categoria (Associazione Nazionale Archeologi), esponente dell’associazione XX maggio e tra i più attivi esponenti del «Quinto Stato», la coalizione dei lavoratori indipendenti – tradisce una concezione arcaica della società per la quale i diritti passano solo attraverso un rapporto di lavoro subordinato».
Cosa comporterà questa riforma per le partita Iva?
Una beffa. Si prevede la trasformazione del rapporto da partita iva in lavoratori a progetto. Secondo la nuova legge, per essere assunta una «finta» partita Iva deve fare una vertenza contro i suoi datori di lavoro. Questo significa che deve esporsi personalmente e affidarsi ai giudici. Mi sarei aspettato dal governo un maggiore ricorso agli strumenti di regolazione come gli incentivi fiscali per le imprese o l’abbattimento degli oneri previdenziali per i neo-assunti a carico dei datori di lavoro. Invece obbligheranno le persone ad esporsi, mettendo a rischio il loro posto di lavoro, senza stimolare nuove assunzioni. È come passare dalla padella alla brace.
Ma questo non era il governo che difendeva i diritti delle partite Iva?
Appunto, e per questo la nostra delusione è doppia. Il governo non sembra avere compreso le trasformazioni della società e del lavoro. Restando al contrasto delle «false» partite Iva, da questo provvedimento, già sbagliato e inefficace, vengono esclusi tutti i lavoratori autonomi iscritti agli ordini, settore nel quale questo fenomeno è diffusissimo. Senza contare, e vengo alla decisione più dolorosa, l’aumento dei contributi previdenziali dal 27,72 per cento al 33 entro il 2018. Una misura punitiva che non comporta alcun miglioramento delle condizioni degli autonomi, né sul fronte dei diritti, né su quello contrattuale. Tant’è vero che l’aliquota aggiuntiva destinata alle prestazioni sociali è rimasta inchiodata a un misero 0,72 per cento, mentre i contributi crescono del 6 per cento.
Il responsabile lavoro del Pd, Stefano Fassina, e il relatore del Ddl Fornero alla Camera, Cesare Damiano, hanno assicurato che, «al primo provvedimento utile» chiederanno al governo di modificare queste norme…
Entrambi hanno dichiarato una posizione netta. Il loro impegno è esplicito e chiaro. Aspettiamo al varco sia il Pd che lo stesso Fassina.
A quale provvedimento si riferiscono?
Immagino sia il decreto sviluppo. Mi aspetto che il Pd chieda e ottenga il congelamento dell’aumento dei contributi.
Gli autonomi restano esclusi da ogni forma di ammortizzatori sociali. Si può rimediare a questa anomalia assoluta?
Noi chiediamo una reale estensione delle tutele a tutti i lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Inps. Su questo non ci piove, ma questa è una materia più complessa la cui riformulazione conviene davvero affidare ad un governo meno legato alle posizioni ultra-liberiste come quello attuale.
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