L’ex terrorista dell’Ira e la regina

Una stretta di mano storica McGuinness ha guidato la campagna di attentati anti-inglesi

Una stretta di mano storica McGuinness ha guidato la campagna di attentati anti-inglesi

LONDRA — Quell’«arrivederci e buona fortuna» che Martin McGuinness, l’ex «padrino dei padrini» dell’Ira, rivolge in lingua irlandese e con deferenza alla regina sorridente, stringendole la mano nella «McGrath suite» del Lyric Theatre, è un atto di riconciliazione. E forse qualcosa di più. Ma non piace a tutti perché covano ancora vecchie divisioni nell’Irlanda del Nord.
Sui muri di Belfast, la città che fu devastata dalla guerra civile, sono comparse nella notte scritte minacciose. E non contro la sovrana che, essendo capo delle forze armate inglesi e britanniche, resta il nemico numero uno dei nazionalisti ancora ispirati dai sogni di indipendenza dalla corona. «Martin hai osato troppo». «Il Sinn Fein ci ha voltato le spalle». Dopo il tramonto, un centinaio di giovani ha pure tenuto in scacco la polizia tirando sassi e una ventina di molotov per testimoniare l’attivismo della dissidenza che non intende superare il passato con la pace.
L’obiettivo dei contestatori non è Elisabetta, in visita per celebrare il suo giubileo e soprattutto per guardare negli occhi e per salutare colui che fu fra i capi dell’esercito repubblicano. La persona che attira su di sé le critiche peggiori, persino di tradimento, e che fa scatenare feroci risentimenti è proprio Martin McGuinness, oggi sessantaduenne vicepremier nord irlandese, numero due del Sinn Fein, per anni il braccio politico dell’Ira.
È un uomo che in questi anni è stato ricevuto alla Casa Bianca tre volte. Ha negoziato gli accordi del 1998 e la consegna delle armi da parte dell’Ira di cui è stato leader, si è seduto sui banchi di Westminster. Ma un’altra parte della sua vita racconta che, ventenne, entrò nella «brigata di Derry», poi che fu arrestato con un carico di esplosivi in tasca e, rimesso in libertà, divenne capo militare: «il macellaio» per gli unionisti.
Impensabile solo fino a qualche tempo fa che Martin McGuinness potesse un giorno incontrare la regina. Per diverse ragioni, umane e politiche.
Il cugino di Elisabetta Lord Mountbatten, zio di Filippo di Edimburgo, morì nel 1979 in un attentato organizzato per colpire il cuore della famiglia reale. E l’ombra che fosse stato lo stesso McGuinness ad avere pianificato l’azione ha sempre accompagnato le inchieste trovando comunque smentita dallo stesso sospettato. «Ero già fuori dai ranghi», ha più volte ripetuto. Appena un anno fa, quando la regina volò a Dublino (primo monarca britannico dopo Giorgio V nel 1911) e rese omaggio ai martiri repubblicani, Martin McGuinness, invitato, rifiutò di presentarsi a Elisabetta. Non era ancora maturo questo passaggio della storia. E probabilmente più per contrasti fra gli ex militanti dell’Ira che non per volontà della signora dei Windsor.
Però, prima o poi gli steccati si superano. Coraggiosa Elisabetta.
Coraggioso l’ex capo militare dell’Ira Martin McGuinness. Avranno fatto i loro calcoli ma la stretta di mano è importante. Non è soltanto una formalità. Il «Lyric Theatre» è stato isolato da un chilometro di barriere. Elisabetta era in verde e con i guanti bianchi. I due sorrisi si sono incrociati per pochi secondi, in privato, davanti al principe Filippo, al primo ministro nordirlandese, Peter Robinson che è il leader degli unionisti, e al presidente dell’Irlanda Michael D Higgins. Un compromesso storico.
Martin McGuinness predicava le armi per cacciare «gli invasori britannici». Ieri lo ha ammesso: «Stringendo la mano alla regina Elisabetta ho simbolicamente stretto la mano a centinaia di migliaia di unionisti». L’ex capo militare dell’Ira ha accettato la sovranità dei Windsor. Ed è la ragione per cui si aprono divergenze pericolose nelle fila dei repubblicani nordirlandesi.
Fabio Cavalera

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