Intercettazioni sbagliate La Cassazione non assolve gli agenti

MILANO — È illogico dichiarare il non luogo a procedere nei confronti di 5 poliziotti e un perito fonico nel presupposto che «una allucinazione acustica collettiva» abbia potuto coinvolgere 6 persone su un’intercettazione che dura mezz’ora: la Cassazione annulla la sentenza con la quale il Tribunale di Lecco il 14 luglio 2011 ha sposato la tesi del «miraggio» acustico e quindi prosciolto un vicequestore, 4 agenti della Dia di Messina e un perito della Procura generale di Reggio Calabria che nel 2005 e 2006, nel trascrivere conversazioni captate al bar Grillo di Messina il 23 luglio 2001 e nello studio di un commercialista, attestarono dettagliati contenuti (su traffici di armi, procedure fallimentari «aggiustate» e persino l’omicidio del docente universitario Matteo Bottari) che determinarono l’arresto di costruttori, di un sottosegretario al Tesoro e anche di un presidente di sezione del Tribunale civile di Messina, Giuseppe Savoca.

MILANO — È illogico dichiarare il non luogo a procedere nei confronti di 5 poliziotti e un perito fonico nel presupposto che «una allucinazione acustica collettiva» abbia potuto coinvolgere 6 persone su un’intercettazione che dura mezz’ora: la Cassazione annulla la sentenza con la quale il Tribunale di Lecco il 14 luglio 2011 ha sposato la tesi del «miraggio» acustico e quindi prosciolto un vicequestore, 4 agenti della Dia di Messina e un perito della Procura generale di Reggio Calabria che nel 2005 e 2006, nel trascrivere conversazioni captate al bar Grillo di Messina il 23 luglio 2001 e nello studio di un commercialista, attestarono dettagliati contenuti (su traffici di armi, procedure fallimentari «aggiustate» e persino l’omicidio del docente universitario Matteo Bottari) che determinarono l’arresto di costruttori, di un sottosegretario al Tesoro e anche di un presidente di sezione del Tribunale civile di Messina, Giuseppe Savoca. L’asserito contenuto delle intercettazioni si era però poi rivelato talmente fantasioso da imporre, nel prosieguo della maxi-inchiesta «Gioco d’azzardo», subito l’archiviazione di quasi tutti gli indagati, compreso il magistrato reintegrato in servizio e risarcito con 250.000 euro per due mesi di ingiusta detenzione ai domiciliari.
Savoca, rimarcando l’abissale differenza tra ciò che (non) si sente e ciò che risulta trascritto, denunciò agenti e perito per falso ideologico e calunnia. Ma nel 2011 il giudice lecchese Gianmarco De Vincenzi ritenne di non ordinare il processo perché, in assenza di dati per pensare a «un complotto» tra pm-poliziotti-periti, «l’assoluta inintelligibilità e complessiva aleatorietà del materiale acustico» non significa a suo avviso che «rumori, fonemi e brandelli estrapolabili dalla registrazione possono essere classificati come radicalmente non udibili», ma solo che sono «aperti a percezioni di carattere comprensibilmente soggettivo» nel quadro di «una relatività interpretativa».
Ora però la sesta sezione della Cassazione (presidente Agrò, relatore Aprile) giudica «inaccettabile la coincidenza di una “allucinazione acustica collettiva” riguardante ben 6 persone», e «illogico» che il gup sorvoli sul fatto che di un «materiale sonoro intrascrivibile» gli indagati abbiano «al contrario stilato una lunga e articolata trascrizione zeppa di nomi, cognomi, luoghi e riferimenti a reati gravissimi», persino «attribuendo ciascuna frase a singoli dialoganti». L’udienza preliminare dovrà essere rifatta.

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