LAVORO Internazionale, ma calata dall’alto
LAVORO Internazionale, ma calata dall’alto
COPENHAGEN. IndustriALL è il nome della nuova Federazione sindacale internazionale votata a Copenhagen il 20 giugno da oltre 800 delegati/e, risultato della fusione tra Federazioni internazionali dei sindacati metalmeccanici, chimici e tessili: 50 milioni di lavoratori, un totale di 140 paesi, metalmeccanici grande maggioranza. Ma è un «gigante» nato da un processo non partecipato, discusso e deciso solo dagli organismi dirigenti internazionali, con molta attenzione alle «cariche» . Si aggiunga il fatto, derivante dalla rigida legge svizzera (abituata solo alle fusioni di imprese!) che al Congresso non sono state consentite modifiche dello Statuto, preventivamente approvato dal Registro cantonale di Ginevra, sede legale delle Federazioni metalmeccanica e chimica.
Dubbie premesse, dunque. E d’obbligo la domanda: sarà capace IndustriAll di respingere gli attacchi delle multinazionali ai diritti del lavoro e alle libertà sindacali, di far cambiare rotta alle politiche «austeritarie» delle istituzioni internazionali, europee e dei governi nazionali, come da enunciati? E’ realistica la motivazione della fusione data dal presidente della IgMetall, e della Federazione internazionale dei metalmeccanici FISM, Bertold Huber, come risposta al cambiamento della struttura produttiva, e la compresenza nelle imprese e nelle reti di fornitori, di settori di lavoro diversi (chimici, tessili, metalmeccanici); molto meno il fatto che una struttura così grande abbia un unico organismo decisionale, l’ Esecutivo di 60 componenti, ridotti a 40 nel prossimo congresso.
Questo vuol dire infatti tagliar fuori paesi e sindacati, il cui numero invece aumenta. Inoltre la sua composizione interna ha un rapporto squilibrato tra sindacati del nord e del sud, tra paesi ricchi e paesi poveri. Sintomatica la contestazione della delegazione dell’America Latina (oltre 80 delegati/e) che è uscita rumorosamente, accompagnata dagli applausi della sala, al momento della votazione del Comitato Esecutivo. Oggetto della contestazione, il rifiuto, opposto già da mesi dalla dirigenza, di ampliare il numero dei componenti dell’America Latina (6 sul totale di 60, definiti sulla base dell’ammontare delle quote, non del numero effettivo degli iscritti !) La contestazione ha obbligato la presidenza a rinviare la votazione e cercare un compromesso, da realizzare nella riunione del prossimo Comitato Esecutivo. Il numero eccessivamente ridotto di seggi nell’Esecutivo, ha creato scontento in diverse delegazioni, tra cui quella italiana, dato che alla Regione di cui l’Italia fa parte, con Grecia e Turchia, sono stati imposti solo due seggi, e manca la rappresentanza metalmeccanica. Nella lista dei problemi da risolvere nell’immediato futuro c’è infine anche la scarsa presenza di donne. Molte/i delegate/i si sono quindi infuriati per la conferma, insostenibile e anacronistica, del predominio del nord ricco, maschio, bianco.
Il dibattito ha squadernato i temi della attualità del lavoro, dell’attacco ai suoi diritti, delle resistenze: dal delegato della Fiat di Pomigliano, che ha denunciato le discriminazioni contro gli iscritti Fiom e il comportamento illegale della Fiat, al presidente della Uaw, sindacato americano dell’auto, che ha raccontato la difficile campagna per far entrare il sindacato nelle imprese multinazionali tedesche e giapponesi nel suo paese. Molto efficaci le delegate colombiana e indonesiana, sulla lotta per i diritti delle donne e per la loro partecipazione a tutti i livelli decisionali.
0 comments