Il saggio di Paolo Rabitti sui disastri ambientali nascosti (Feltrinelli) è un libro inconsueto nell’orizzonte italiano. Il suo autore, Paolo Rabitti (ingegnere ed esperto di reati contro l’ambiente) ha scritto al tempo stesso un romanzo di formazione, il reportage di un’indagine minuziosa, la denuncia di un delitto, un manifesto di legalità e di passione civile.
Il saggio di Paolo Rabitti sui disastri ambientali nascosti (Feltrinelli) è un libro inconsueto nell’orizzonte italiano. Il suo autore, Paolo Rabitti (ingegnere ed esperto di reati contro l’ambiente) ha scritto al tempo stesso un romanzo di formazione, il reportage di un’indagine minuziosa, la denuncia di un delitto, un manifesto di legalità e di passione civile. Consulente tecnico di magistrati come Felice Casson (per Marghera) e Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo (per le ecoballe Impregilo in Campania), ma anche di Marco Paolini e Francesco Niccolini per lo spettacolo teatrale Storie di plastica – Parlamento chimico, Rabitti vive a Mantova, ed è dalla sua città che parte un’indagine senza sconti sul delittuoso disseminare rifiuti tossici nelle nostre campagne, vicino alle nostre città. Una ricerca epidemiologica svela, vicino al petrolchimico di Mantova, la frequenza abnorme di un sarcoma provocato dalla diossina, e Gloria (la moglie di Rabitti, medico) vuol «capire perché tanti tumori strani vicino alla zona industriale». Rabitti si trasforma da ingegnere civile in esperto dell’ambiente, insegue inceneritori sospetti, discariche abusive, dati ambigui o truccati, elevatissime presenze di sostanze inquinanti (dal mercurio all’anidride solforosa), che si accompagnano a leucemie, linfomi, sarcomi. Al racconto della sua metamorfosi professionale (Rabitti ha un gran talento naturale nel raccontarsi, nel raccontare) si mescola una lucida analisi dei dati e delle loro implicazioni, ma anche la documentata condanna dell’indifferenza, delle rimozioni, dei silenzi imbarazzati e colpevoli, degli insabbiamenti di scomodissime verità.
E la diossina di Seveso? È ancora famosa, quarant’anni dopo, la nube di gas che nel 1976 esplose da un reattore chimico, diffondendo un’altissima concentrazione della più tossica fra le diossine. Ma dove sono finiti i 41 barili che raccolsero quei rifiuti tossici? Una pista porta verso la Germania del Nord, un’altra verso la Francia, e non sono neppure le sole. Ricostruendo «i giorni del silenzio» (i primi dopo l’incidente), Rabitti dimostra che l’oscuramento dei dati cominciò subito. Lo stabilimento di Seveso produceva solo diserbanti, o qualcosa di assai più aggressivo? Furono dispersi 200 grammi di diossina (dichiarazione al Senato) o 34 chili (indagine dell’Istituto Superiore di Sanità)? Nelle pagine di Rabitti, che a volte hanno l’andamento di un giallo, la pista che parte da Mantova e quella che parte da Seveso finiscono con l’intrecciarsi confluendo in un’orrenda trama di inquinamento
e di morte.
Diossinaè
il racconto di un cittadino
competente e indignato, che ha saputo combattere con due sole armi: la passione per il bene comune e la fede nella legalità. Le sue pagine dense e coinvolgenti si nutrono di fatti e dati (anche articoli di giornali e riviste scientifiche, dichiarazioni di po-litici, analisi mediche, mappe, verbali….), ma specialmente di una forte tensione morale. Quella di un cittadino ben deciso a difendere gli altri cittadini, e perciò anche abile a raccontare, a farsi capire dai non addetti ai lavori. Il suo racconto è volto al passato, ma ha il respiro di un manifesto per il futuro. Un manifesto a beneficio delle istituzioni (che in questa vicenda si sono spesso mostrate manchevoli), ma anche dei cittadini: se sapremo moltiplicare presenze e competenze come quella di cui dà prova questo libro generoso, il nostro ambiente sarà meno inquinato e molte vite umane si salveranno. Un messaggio importante, un monito per noi tutti. Perché indignarsi non basta: bisogna spiegare le ragioni della nostra indignazione, combattere contro chi calpesta il bene comune, coinvolgere gli altri cittadini in questa battaglia. È una lotta impari, si dice spesso. Lo sarà sempre meno, e potremo anzi uscirne vincitori, se sapremo essere combattivi, tenaci e costruttivi come lo è stato Paolo Rabitti.
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