Ancora un rinvio per il caporale Stà¶rk

CEFALONIA Era nel plotone d’esecuzione
Il tribunale militare di Roma ha rimandato al 5 ottobre una decisione sul rinvio a giudizio dell’89enne Alfred Stà¶rk, ex militare tedesco che già  nel 2005 ammise di aver partecipato a uno dei plotoni di esecuzione che uccisero nel 1943 a Cefalonia ufficiali italiani prigionieri. Su quell’isola dello Ionio la divisione Acqui rifiutò di cedere le armi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

CEFALONIA Era nel plotone d’esecuzione
Il tribunale militare di Roma ha rimandato al 5 ottobre una decisione sul rinvio a giudizio dell’89enne Alfred Stà¶rk, ex militare tedesco che già  nel 2005 ammise di aver partecipato a uno dei plotoni di esecuzione che uccisero nel 1943 a Cefalonia ufficiali italiani prigionieri. Su quell’isola dello Ionio la divisione Acqui rifiutò di cedere le armi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Combatté, con una resistenza mal coordinata, dal 15 al 22 settembre. Secondo le stime più recenti e accurate dello storico Hermann Frank Meyer (il suo libro Blutiges Edelweiß, del 2008, attende ancora, inspiegabilmente, un editore italiano), in quei giorni morirono circa 2500 italiani, alcuni sotto i bombardamenti dell’aviazione tedesca o in combattimento, ma per la maggior parte massacrati selvaggiamente subito dopo la resa dei loro reparti, o fucilati da plotoni d’esecuzione nei giorni seguenti.
La richiesta di processare Störk «per concorso in omicidio continuato», con aggravanti che lo rendono imprescrittibile, era stata avanzata dal procuratore militare Marco De Paolis il 20 marzo scorso. All’udienza preliminare di ieri, lo stesso procuratore ha chiesto un rinvio per presentare ulteriore documentazione e attendere l’esito delle audizioni di ex commilitoni di Störk, richieste per rogatoria.
Alfred Störk era stato sentito come testimone nel 2005, nel corso delle indagini condotte da Ulrich Maaß, reponsabile dell’ufficio sui crimini nazionalsocialisti presso la procura di Dortmund. I due funzionari di polizia che lo interrogarono, gli spiegarono che non era tenuto a rispondere su questioni che avrebbero potuto comportare per lui rischi di imputazione. Störk ammise spontaneamente di aver partecipato a una fucilazione: «Eravamo in 12 nel plotone. È venuto un ufficiale. Pure un prete è venuto. Ci hanno detto che c’erano da fucilare un certo numero di italiani. Mi è diventato buio davanti agli occhi, a sentirlo. Pensavo che non ce l’avrei fatta. Li hanno fatti mettere a 6 metri da noi. Tre di noi dovevano sparare allo stesso uomo. Uno alla testa, due al petto. Quando abbiamo finito, erano morti 73 ufficiali superiori italiani, nessun soldato, solo ufficiali, fino al grado di colonnello».
I funzionari che raccolsero la deposizione avranno certo detto all’ex caporale Störk, al penultimo gradino della geararchia, appena «sopra» i soldati semplici, che non ci sarebbero stati seguiti penali. I tribunali tedeschi hanno sempre considerato la subordinazione gerarchica come un’attenuate, sufficiente a far scattare la prescizione. Tanto è vero che il procuratore Maaß, dopo sei anni di indagini su Cefalonia, chiese un solo rinvio a giudizio, per un ufficiale, il sottotenente Otmar Mühlhauser. Prosciolto a Monaco, Mühlhauser morì nel 2009, prima che potesse concludersi un secondo procedimento a Roma.
Störk ha rifiutato di farsi interrogare una seconda volta su richiesta della procura romana. Resta da vedere se la deposizione del 2005, in assenza di un avvocato, possa bastare per un giudizio, se non confermata da altre prove.

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