UNA LUNGA ODISSEA NELL’ANIMA SERBA

Un nuovo romanzo di Peter Handke, forse l’ultimo in assoluto, come a suo tempo aveva annunciato. E come sembra adombrare anche questo La notte della Morava (Editore Garzanti, traduzione di Claudio Groff, pagine 338, 22), il cui protagonista — per certi versi, forse, un alter ego dell’autore — parla di sé (spesso, così sembra, più che altro per tenere le distanze tra quell’alter ego e il vero sé, in terza persona) sempre come ex scrittore.

Un nuovo romanzo di Peter Handke, forse l’ultimo in assoluto, come a suo tempo aveva annunciato. E come sembra adombrare anche questo La notte della Morava (Editore Garzanti, traduzione di Claudio Groff, pagine 338, 22), il cui protagonista — per certi versi, forse, un alter ego dell’autore — parla di sé (spesso, così sembra, più che altro per tenere le distanze tra quell’alter ego e il vero sé, in terza persona) sempre come ex scrittore. Ma un definitivo gran rifiuto è difficile da prendere per buono, nonostante sia risaputo che la scrittura è lavoro duro e faticosissimo, anche per chi con pienezza ne possiede il dono. E che l’ispirazione, intorno alla quale così frequentemente vengono interrogati gli autori, non è una colomba che miracolosamente scende dal cielo e si posa sulla testa di chi sta chino sulla carta in paziente attesa. Non computer né macchina da scrivere: proprio carta (e matita), almeno nel caso dello scrittore austriaco.
Ma è difficile credere che d’ora in poi Peter Handke non scriverà più anche perché, sempre ammesso che il nuovo romanzo sia, come sembra, in qualche modo più marcato degli altri, autobiografico, il protagonista più volte torna sul tema conflittuale, quasi scabroso, della difficoltà se non del rifiuto di intrecciare una relazione profonda e stabile con una donna, per paura di venire distolto dalla sua passione predominante, che è comunque la scrittura.
La narrazione parte dal cuore della Serbia (sorta di terra sacra dell’autore, difesa a oltranza anche nel suo recente passato più cruento, al punto che, per questo, l’anno scorso gli fu assegnato e subito dopo revocato un prestigioso premio letterario tedesco), da bordo della Notte della Morava, battello ormeggiato sull’omonimo fiume, dove convengono sette amici convocati dal capitano, che altri non è se non l’ex scrittore: approfitterà della notte per raccontare loro (e a noi) dei suoi viaggi, reali ma, insieme, di fantasia, attraverso il nord della Spagna, la Germania e l’Austria. E ovunque l’ha seguito una donna, che cambia volto ma è forse sempre la stessa, quella stessa, anche, che i sette amici trovano a bordo del battello, sorprendendosene molto, poiché ben sanno della misoginia dell’ex scrittore.
Come nel caso di quasi tutti i romanzi di Handke, anche stavolta è impegnativo il cammino per il lettore che deve decifrare il racconto osservando i personaggi e seguendone i movimenti come attraverso uno specchio velato dal vapore, per cui vede e non vede, indovina, immagina, ricostruisce. Ma poi, ecco, da qualche parte, una piccola superficie di specchio — simile a un tratto di cielo nuvoloso che all’improvviso si apre — si svela limpida, senza più ombre, lasciando perfettamente intendere la trama.
Ed è attraverso queste fenditure nella nebbia che, a momenti, si coglie non soltanto la traccia autobiografica del romanzo ma anche tutta una serie di «modi» appartenenti all’autore: quel suo uso, per esempio, di storpiare i nomi dei personaggi che gli sono particolarmente invisi, la sua passione per i funghi, anche i più sospetti, che raccoglie e fa seccare fino a riempirne un’intera stanza di casa, oppure, anche la sua tenerezza, l’affetto, quasi, per coloro che amano leggere, non necessariamente i libri suoi, e poi quella sua ostinazione a stare da solo, quasi una malattia che gli è stata imposta fin da piccolo quando scappava via dalla casa dei nonni e si arrampicava lungo il prato fino al margine del bosco, dove stava poi seduto da solo ad ascoltare il mormorio degli alberi.
A libro chiuso è netta l’impressione che La notte della Morava altro non sia — come, del resto, la maggioranza degli scritti di Peter Handke — se non una riflessione filosofica sul significato della vita, travestita, però, da romanzo.

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