Parma cotta per i 5 Stelle

La vittoria del «Pizzarotti giusto» distrugge i progetti del partito degli affari. Che però ha già  un piano per condizionare il nuovo sindaco. Il cui successo dipende dalla qualità  della giunta

La vittoria del «Pizzarotti giusto» distrugge i progetti del partito degli affari. Che però ha già  un piano per condizionare il nuovo sindaco. Il cui successo dipende dalla qualità  della giunta

PARMA. È arrivata la «Primavera di Parma»? La città emiliana è in festa. Oggi un Pizzarotti sconosciuto ha sconfitto un Pizzarotti imprenditore ricco e potente. Il giovane candidato del Movimento 5 Stelle, Federico Pizzarotti è da questo pomeriggio il nuovo sindaco di Parma. E al «partito degli affari» stanno rompendo a terra, con rabbia e tristezza, come fanno solo certi ubriaconi recidivi, le bottiglie vuote di champagne che avevano stappato, in anticipo e con baldanza, pregustando una facile vittoria. I «padroni del vapore» hanno perso. Una sconfitta umiliante, senza appello. Qualche settimana fa pensavano di aver vinto in ogni caso, mandando al ballottaggio Vincenzo Bernazzoli e Elvio Ubaldi, ma hanno sbagliato i calcoli per un 2% dei voti. Quelli che hanno consentito a Federico Pizzarotti di 5 Stelle di mandare (speriamo) in pensione per sempre Elvio Ubaldi, il sindaco che in due mandati ha fatto debiti nelle casse della municipalità, con opere incompiute e controverse, per centinaia di milioni, e che forse porranno fine alla carriera (speriamo di nuovo) di burocrate e di politico del Pd di Vincenzo Bernazzoli, sconfitto sonoramente al ballottaggio. Il partito bipartisan degli affari, con tutti i suoi mezzi di comunicazione, i giornalisti addomesticati, gli «intellettualicchi» pronti a firmare appelli omnibus e a prostrarsi a baciare qualsiasi pila, i burocrati pubblici dai robusti stipendi, i grembiulini, i tangentisti, i malversatori, i ricchi malavitosi, i cooperatori senza scrupoli, oggi hanno perso. E hanno perso anche di più, se qualcuno di costoro ha votato per disperazione il candidato di 5 Stelle. Non si tratta però di una sconfitta in una città di secondo piano che non ha alcun rivolto nazionale. Dopo il «partito degli affari» di Parma, questa è una sconfitta sonora del segretario del Pd Pierluigi Bersani e di Vasco Errani, il ras del partito nell’Emilia Romagna. È l’ennesima sconfitta di un candidato ufficiale del partito (questa volta anche dopo le primarie) e la terza sconfitta consecutiva che il partito dei burocrati e dei politici di professione del Pd subisce a Parma, da decenni a questa parte, dopo le candidature fallite di Soliani, Peri e ora Bernazzoli. Queste debacle, continue e ripetute, nel corso di quasi cinque lustri, in una antica capitale dell’antifascismo, del sindacalismo rivoluzionario e del ribellismo, non hanno insegnato nulla? Forse Parma ha dimostrato che la vera antipolitica sta nei partiti che non cambiano mai, che sono distanti dalla gente e vicini ai poteri forti, che non sanno ridurre di un centesimo i loro privilegi e i loro stipendi. È populismo dare voce a chi non ha mai parola? «Dare voce». Non era forse questo, una volta, tanto tempo fa, la vocazione della sinistra? E perché costoro, quelli che avrebbe dovuto dare voce a chi non l’aveva, hanno invece parlano solo con i Pizzarotti sbagliati? Anche per questo la vittoria odierna di Federico Pizzarotti (quello giusto) travalica i confini provinciali, regionali, e forse anche nazionali per diventare qualcosa d’altro, qualcosa che deve forse ancora maturare ed evolvere. Più del tribuno Beppe Grillo, per contribuire a far vincere Federico Pizzarotti ha fatto il locale giornale della Confindustria, con i suoi appelli disperati per Vincenzo Bernazzoli del partito degli industriali e affini. Mai hanno fatto tanto per vincere, ma ora i poteri forti sconfitti probabilmente meditano di attuare il «Piano Zeta» (visto che hanno già esaurito tutte le altre lettere dell’alfabeto) e affilano i denti in attesa di scarnificare giorno per giorno il neosindaco Pizzarotti. Inizieranno prima con qualche critica per un cartello stradale arrugginito o per un aiuola senza erba o per una buca in una strada. E poi, se il nuovo sindaco non accetterà l’inciucio, passeranno alle trappole, a comprarsi i collaboratori. Il «Piano Zeta» è già scritto. Contano di tornare alle elezioni tra un anno dopo avere messo nell’angolo gli scomodi alleati del Pd sconfitti oggi senza appello. Però in questo piano ci sono un po’ di variabili imprevedibili. Ad esempio, cosa farà la magistratura? Continuerà ad indagare su chi ha rubato le merende a scuola o si occuperà delle centinaia di milioni spariti nel vuoto negli ultimi anni? Un’altra variabile saranno i collaboratori che raccoglierà attorno a sé il sindaco Pizzarotti. I nomi delle (poche) persone che si sono opposte negli ultimi 10-15 anni al «Sistema Parma» sono noti e affidabili. E poi come procederà per tagliare società, clientes, nani e ballerine, termovalorizzatori? Durante la campagna elettorale Beppe Grillo ha evocato Stalingrado, e la presa della Bastiglia, ma sarebbe stato più vicino alla realtà se avesse ricordato al suo candidato sindaco una celebre frase del film La Battaglia d’Algeri , quando il guerrigliero dell’FLN ammonisce il suo compagno dicendogli (più o meno) questo: «La guerra è dura, ma la pace sarà ancor più difficile».

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